Vetusta Nursia

“Erano le 7 e 40 del 30 ottobre 2016 quando la mia vita è totalmente cambiata”. Comincia così il racconto di una donna che abita a Norcia, epicentro quella mattina di un terremoto di magnitudo 6 punto 5.

Arianna Verucci, così si chiama, racconta come insieme alla famiglia corse immediatamente in strada ancora in pigiama, avendo capito subito la gravità del fatto. Le case in quella che sarebbe di lì a poco diventata “zona rossa” e dove lei abitava si erano come sgretolate; la quotidianità di tutti come congelata, ferma, immobile, circondata solo dalla polvere e dalla disperazione.

Ma la sua tragica avventura era appena iniziata. Arianna è la titolare della Cioccolateria Vetusta Nursia, un’azienda nata nel 1977 per volere di suo padre, un uomo cocciuto e lungimirante che voleva produrre altro che non fossero prosciutti. Il capannone dove si trovava la sede dell’azienda era crollato, i pannelli si erano staccati e la merce era precipitata all’interno, il solaio si era spaccato, il tetto aveva ceduto e le travi portanti non erano rientrate nella loro via. Tutto distrutto. Arianna aveva perso tutto. Ma lei, donna caparbia, non si è fatta prendere dallo scoramento, non si è lacerata le vesti; si è asciugata i suoi begli occhi azzurri e si è subito data da fare.

Aveva perso tutto, ma bisognava ricominciare; lo doveva alla sua famiglia, ai suoi sette dipendenti, a suo padre e a sua madre che l’avevano creata. E quindi, rimboccandosi le maniche, Arianna iniziò i lavori della messa in sicurezza il 3 novembre dello stesso anno. Decise di non aspettare gli “aiuti”; aveva perso tutto e doveva darsi da fare; il 7 gennaio 2017 la produzione è ricominciata. Raccontato così sembra semplice. Non lo è affatto, Arianna ha contratto debiti, si è buttata anima e corpo nel lavoro cercando di salvare il salvabile. Ha cominciato i lavori di ristrutturazione senza rispettare i tempi canonici e corre il concreto rischio che non venga mai rimborsata.

Ma lei ha preferito il lavoro alla rassegnazione e adesso accoglie i clienti nella sua azienda, offre loro prodotti di qualità e dispensa sempre grandi sorrisi. E quando qualcuno le chiede del terremoto, del “mostro” come lei lo chiama, racconta pacata la sua esperienza, piegando un po’ la  testa di lato, quasi a schermirsi, quasi a voler trasformare la sua storia in normalità, con la grande dignità delle genti di questi luoghi, persone normali capaci di azioni straordinarie, lavoratori instancabili, sempre sorridenti, sempre positivi.

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