Trivelle, la commedia infinita

Due giorni fa, una schiera di ambientalisti istituzionali e di politici che hanno sostenuto i governi delle trivelle, dichiarano allarmati alle agenzie: “No a nuove trivelle”. “Si tratta solo di attività funzionali a garantire l’esercizio e il recupero delle riserve di idrocarburi accertate per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale. Sono quindi escluse altre attività, quali in particolare quelle di sviluppo e coltivazione di eventuali nuovi giacimenti”, rassicura il Ministero dello Sviluppo Economico. Una dichiarazione che non stupisce: : perché i giacimenti non rispettano i confini della geografia amministrativa, e quindi può essercene qualcuno che ha una propaggine oltre le dodici miglia dalla costa ed una parte entro le dodici miglia. Né stupisce il tentativo di interpretare la normativa allo scopo di sfruttarli. Stupisce invece che chi ora si allarma non ci avesse pensato.

Più facile credere all’ennesimo gioco delle parti. Ma ecco la cronaca dello scambio di battute, documentata dall’agenzia ANSA.“Inaccettabile per Greenpeace, Legambiente e Wwf Italia il decreto ministeriale che deroga al divieto di nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 aprile”, hanno dichiarato per prime, il sei aprile, le tre associazioni ambientaliste in una nota congiunta. “E’ la smentita definitiva di tutte le parole spese dal governo durante il periodo referendario di aprile scorso per dire che il referendum sollevava questioni di lana caprina, in particolare perché la legge escludeva già nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa. Il meccanismo introdotto dal Ministero dello Sviluppo economico consente, infatti, alle società petrolifere titolari di concessioni entro le 12 miglia dalla costa già rilasciate di modificare, e quindi ampliare, il loro programma di sviluppo originario per recuperare altre riserve esistenti, e dunque costruire nuovi pozzi e nuove piattaforme. Fino all’altro ieri, nuovi pozzi e nuove piattaforme entro le 12 miglia potevano essere realizzati solo se già previsti dal programma di sviluppo originario. Ora chi ha la concessione può farci sostanzialmente quello che vuole per tutta la vita utile del giacimento”.Per le tre associazioni ambientaliste “è gravissimo che il governo proceda in questo modo su una questione così delicata, escludendo il Parlamento e non tenendo minimamente conto della volontà chiarissima espressa da 15 milioni di italiani nonostante il mancato raggiungimento del quorum al referendum contro le trivelle”.

Il Parlamento, evocato dagli ambientalisti di lotta e di governo, prontamente interviene: “Ho chiesto agli uffici della Camera dei Deputati di verificare se in punta di diritto è fondata l’interpretazione delle strutture del Ministero dello Sviluppo Economico che, attraverso una modifica in corso d’opera del piano di sviluppo presentato dalle compagnie petrolifere, apre alla possibilità di nuove trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa. Sicuramente non è quanto è stato detto durante la campagna referendaria, non è utile all’economia del Paese, contrasta con la volontà di larga parte dei cittadini. Errare humanum est, perseverare autem  diabolicum”, ha affermato Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, in merito al citato decreto del  MISE. Il decreto sulle trivellazioni “è una continua presa in giro dei presidenti delle Regioni, dei consiglieri e dei cittadini e dimostra la forza che le lobby del petrolio hanno sul nostro partito. Il Pd continua a non voler essere il partito dell’ambiente”. Lo ha detto, da candidato alla segreteria Pd, Michele Emiliano in diretta Fb per raccontare il programma della mozione ‘Italia è il nostro partito’. “Grazie al generoso omaggio contenuto nel decreto del ministro Calenda, alle società petrolifere sarà consentito di ampliare e modificare le vecchie concessioni per scavare pozzi e costruire nuove piattaforme nell’area marina più vulnerabile dal punto di vista ambientale, la fascia di 12 miglia dalla costa. Un provvedimento illegittimo, in contrasto con quanto ha votato il Parlamento e con la volontà chiaramente espressa da tutte le Regioni interessate”, nota Loredana De Petris, capogruppo al Senato di Sinistra Italiana e presidente del gruppo Misto, che ha presentato subito un’interrogazione urgente al Governo in merito al decreto. “In molti ricorderanno – ricorda la senatrice – le rassicuranti dichiarazioni di Renzi rivolte a depotenziare il referendum dopo l’approvazione in Parlamento, nel dicembre del 2015, delle modifiche al decreto legislativo n.152/2006 che hanno vietato espressamente le nuove ricerche minerarie nella fascia di rispetto delle 12 miglia. Il tentativo oggi di eludere ed aggirare quelle norme non può che confermare che il Governo ha utilizzato deliberatamente quel voto come copertura temporanea per allontanare i cittadini dalle urne”.

A questo punto entra in scena il Governo. Il decreto del Ministero dello sviluppo economico che aggiorna le modalità operative per la ricerca e la produzione di idrocarburi “non modifica in alcun modo le limitazioni per le attività consentite dal Codice Ambiente nelle aree marine comprese nelle 12 miglia dalla costa e dalle aree protette”,  puntualizza il Mise in una nota in merito a notizie di stampa su questo tema. Nel decreto, si legge, “si regolamentano solamente le attività già consentite dalla legge all’interno di queste aree”. Quello che il decreto regolamenta, dunque, sono “attività funzionali a garantire l’esercizio e il recupero delle riserve di idrocarburi accertate per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientale. Sono quindi escluse altre attività, quali in particolare quelle di sviluppo e coltivazione di eventuali nuovi giacimenti”. Escluso dunque lo sfruttamento di nuovi ‘giacimenti’, non’nuove trivelle’ su giacimenti ‘vecchi’ che ‘entrano’ all’interno del limite delle 12 miglia dalla costa e dei quali è stato autorizzato lo sfruttamento oltre le 12 miglia, sembra di capire. La nota precisa inoltre che “la previsione di possibili modifiche dei programmi di lavoro è finalizzata unicamente a consentire sia interventi di manutenzione e aggiornamento delle infrastrutture, sia – al termine della coltivazione – la chiusura mineraria dei pozzi e la rimozione delle piattaforme. Queste attività, anche se non previste nel programma originario (caso ad esempio che si verifica per i piani di chiusura e ripristino), dovranno comunque essere sottoposte a iter approvativo e autorizzativo e conseguentemente a VIA [valutazione di impatto ambientale, NdR]”.

Per il Mise, quindi, “non si tratta di alcuna deregolamentazione, ma al contrario della fissazione di precise procedure di approvazione e autorizzazione dei programmi a garanzia della sicurezza e dell’ambiente, proprio nel rispetto del Codice Ambiente”. Applauso.

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[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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