Siria, sei anni di guerra e una pace lontana

La guerra in Siria, che si è internazionalizzata dai tempi delle  manifestazioni pacifiste del 2011, lo scorso 15 Marzo è entrata nel suo settimo anno di essenza. I dati divulgati dall’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (OSDH) ci danno conto di un bilancio umano disastroso, con più di 465.000 tra morti e dispersi.

Sei anni fa, il 15 Marzo del 2011, in seguito ad un appello per “una Siria senza tirannia”, hanno preso vita delle piccole manifestazioni  a Damasco. La loro durata è stata effimera perché immediatamente e violentemente represse. Anche a Deraa, nel Sud del Paese, si è tentato di dar voce alle richieste di maggiore libertà, ma anche qui un centinaio di siriani sono stati uccisi nel tentativo delle forze dell’ordine di imbrigliare le manifestazioni. Sulla scia delle Primavere arabe, i movimenti di protesta si moltiplicavano in Siria, Paese governato con pugno di ferro, da più di 40 anni, dalla famiglia Assad. Sei anni dopo, le manifestazioni pacifiche non sono che un offuscato ricordo per un Paese ormai nel cuore di un conflitto internazionale che ha causato 465.000 vittime, tra morti e dispersi, come rivelato dalla Organizzazione non Governativa OSDH, una ONG vicina all’opposizione siriana che utilizza la sua rete di contatti in Siria per tentare di redigere un bilancio quotidiano della guerra.

Il coinvolgimento di jihadisti e stranieri, l’avvento del sedicente Stato Islamico, l’utilizzo di armi chimiche da parte delle forze di Bachar al-Assad, ma anche l’intervento di potenze regionali e internazionali hanno stravolto il volto di questa guerra e reso la pace quasi impossibile. Dalla fine di Gennaio si sono tenuti ad Astana, in Kazakistan, diversi round di negoziati che hanno visto coinvolti Russia e Iran, alleati del regime, e la Turchia, a sostegno dei ribelli. Nessuna idea che potesse portare ad un embrione di soluzione al conflitto  è stata portata alla luce. Ultimamente si è aperto un terzo ciclo di colloqui nel piccolo Paese dell’Asia centrale, ma in assenza dei ribelli che hanno giustificato il loro boicottaggio al  “non mantenimento di promesse strettamente legate alla cessazione delle ostilità” in Siria, dove in Dicembre è stato decretato il cessate il fuoco per iniziativa della Russia, filo Assad, e della Turchia, che appoggia alcune fazioni di ribelli. “Abbiamo deciso di non partecipare (ai negoziati) di Astana”, perché il cessate il fuoco non è stato rispettato ha affermato all’AFP Ahmad Othman, uno dei comandanti della fazione Sultano Murad, un gruppo ribelle sostenuto da Ankara. “Il regime e le milizie (filo regime) continuano a bombardare,  creare grandi spostamenti di civili in fuga e assediare” località siriane. Avrebbe anche detto all’agenzia Reuters che aspettava ancora una risposta da Mosca a una lettere dove si richiedeva alla Russia di fare da garante e di mettere fine alle violazioni del cessate il fuoco. Da parte sua, alla vigilia dei colloqui, il Presidente siriano Bachar al-Assad ha affermato attraverso l’Agenzia di Stato Sana che il futuro della Siria non sarà deciso che dopo “aver finito di avere a che fare con gli estremisti” e aver realizzato una riconciliazione nazionale. “Sarebbe solo lusso parlare ora di politica quando si rischia di essere uccisi, magari nel giro di questi pochi minuti, da un attacco terrorista”. Difficile trovare un punto di incontro, non c’è dubbio.

Sul terreno, il bilancio umano è terrificante, l’OSDH stima le perdite umane a 321.000 morti e segnala che almeno altre 145.000 persone sono date per disperse. Tra i morti figurano 96.000 civili, precisa l’Osservatorio. In seno alla popolazione civile, sono i bambini ad essere particolarmente colpiti. Secondo l’Unicef,sono più di 650 i bambini ad essere stati uccisi lo scorso anno in Siria, il 20% in più che nel 2015. Più di un terzo di loro è stato ucciso nella propria scuola o lì vicino, precisa il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia. I dati, che sono raccolti dal 2014, non tengono conto che delle vittime che sono state oggetto di una verifica ufficiale, ciò significa che il bilancio è sicuramente nettamente più alto. I combattimenti rendono difficili l’accesso alle cure mediche, secondo uno studio effettuato dall’Università americana di Beirut, il 2016 è stato l’anno più pericoloso dal 2011 per il personale medico in Siria, con più di 200 attacchi che hanno preso di mira ospedali e strutture mobili.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani , Zeid Ra’ad Al Hussein, afferma che il conflitto siriano, che ha cominciato il suo settimo anno, è “la peggiore catastrofe provocata dall’uomo dalla seconda Guerra Mondiale ad oggi”. “Catastrofe provocata dall’uomo”, parole che dovrebbero risvegliare le coscienze ma che non sembra producano grandi volontà di dialogo.

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