Il disastro Fillon

Qualche settimana fa, dopo la vittoria di François Fillon alle primarie della destra in Francia, avevo commentato la sua candidatura all’Eliseo con sollievo. Fillon rappresentava un’alternativa più che accettabile rispetto a un partito socialista in grave crisi e a un Fronte Nazionale in ascesa. Era convinzione generale in tutto l’elettorato moderato in Francia che Fillon, al secondo turno, avrebbe potuto battere Marine La Pen, ripetendo l’exploit di Jacques Chirac contro Le Pen padre e avrebbe potuto fare una politica di destra ragionevole ed europeista, ma con la mano ferma che l’opinione pubblica francese, profondamente colpita dagli attentati terroristi e dal dilagare dell’islamismo nel Paese, reclama a tutta forza dal proprio governo.

La campagna di Fillon era, del resto, partita bene. I sondaggi lo favorivano, il popolo moderato lo applaudiva. Poi, di colpo, il disastro: viene fuori che, da deputato, ha assunto come assistente parlamentare la moglie Penelope, naturalmente a spese dell’Erario. La signora ha percepito, in circa 15 anni, quasi novecentomila euro. Ma il peggio è che non risulta che abbia mai lavorato un solo giorno. Il fatto non è solo criticabile sul piano dell’etica (che comunque sarebbe grave), ma su quello penale. La Giustizia parigina ha infatti aperto un’indagine per malversazione a altri reati e Fillon dovrà essere presto interrogato. Lo scandalo ha dilagato con la forza di uno tsunami e ha fatto passare in secondo piano il dibattito politico, come in fondo era prevedibile e giusto. In conseguenza, Fillon  è sceso dal primo al terzo posto nei sondaggi, persino dietro al candidato socialista, Macron, che piace a molto pochi. Se le elezioni fossero oggi, al ballottaggio andrebbero quest’ultimo e Marine Le Pen e il risultato sarebbe molto probabilmente una vittoria lepenista, perché una parte dell’elettorato di destra si rifiuterebbe di votare un socialista.

Un disastro! Si sarebbe dovuto pensare che Fillon, dignitosamente, si facesse da parte. Ma lui, non potendo negare i fatti, si è difeso – more solito – attaccando i suoi nemici interni ed esterni, accusando tutto il mondo di una cospirazione ai suoi danni e persino di “maschilismo” (che non c’entra assolutamente nulla: non gli si rimprovera di aver dato lavoro alla gentile consorte, ma di averle fatto avere uno stipendio per non fare niente). Le voci e le pressioni nel suo partito perché si facesse da parte sono cresciute e a dismisura, molti collaboratori lo hanno abbandonato, ora anche il suo portavoce, Solere. Nel partito molti parlano ormai di un vero e proprio “suicidio”. Ma Fillon ha continuato a dichiarare di non volersi ritirare, reclamando la “presunzione d’innocenza” e la ”democrazia” (che davvero c’entrano poco nel suo caso).

In realtà, si  è afferrato alla propria candidatura con la disperazione di qualcuno che sta affogando e sa che al di là c’è solo la morte politica. Il guaio è che, affogando, affoga con sé la Destra e mette a rischio la Francia e l’Europa. Se si ritira, è pronto il candidato di rimpiazzo, l’ex-Primo Ministro e Ministro degli Esteri e attuale Sindaco di Bordeaux, Alain Juppé, che alle primarie giunse secondo. Questi ha fatto sapere che “resta leale, ma, in caso di bisogno non si defilerà”. Più chiaro di cosí! E Juppé (politico di lungo corso, che ho conosciuto bene quando era Ministro degli Esteri) sarebbe una scelta ragionevole e difatti, secondo alcuni sondaggi, sarebbe in testa nelle preferenze e batterebbe la Le Pen nel ballottaggio.  Ha fino al 17 marzo per fare atto formale di candidatura.

Questa vicenda, drammatica se non tragica, non può lasciarci indifferenti. I legami con la Francia e il suo ruolo chiave in Europa sono tali che, qualsiasi cosa accada in casa dei nostri vicina, finisce col toccarci direttamente.

Che succederà? Mentre scrivo non è affatto chiaro. Anche nel Paese dei Lumi e della Ragione il buon senso può andare smarrito.

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