Vacchi (ER-Amiat): Industry 4.0 per fare sistema

Daniele Vacchi è nato a Bologna nel 1953 ed ha due figli. Negli anni ottanta è direttore vendite e marketing in aziende del settore delle macchine per il packaging. Dal 1991 è in IMA, società bolognese leader mondiale nella produzione di macchine automatiche per il processo e il confezionamento di prodotti farmaceutici, cosmetici, alimentari, tè e caffè, quotata in Borsa dal 1995, dove all’inizio ricopre vari incarichi in ambito commerciale e poi passa nel ramo organizzazione e comunicazione. Oggi dirige il settore Corporate Communications del Gruppo IMA. Collabora inoltre con istituzioni statali e locali su progetti di sviluppo economico e territoriale. Dal 2011 è Segretario Generale di ER-AMIAT  (Emilia-Romagna Advanced Mechanics and Industrial Automation Technology, un’associazione internazionale senza fini di lucro nata con l’obiettivo di rappresentare le aziende emiliano-romagnole in quanto portavoce in Europa delle necessità del territorio per lo sviluppo competitivo del tessuto industriale. Raggruppa aziende leader nel settore dell’automazione industriale come G.D, IMA, Marposs, Pelliconi & C., Sacmi Imola, Scm Group, Sil.Mac., Isanik, Studio Alfa, Poggipolini, System Group, Tiber Pack, Tmc Tissue Machinery Company che insieme generano un fatturato di oltre 5 miliardi di euro con circa 16.000 dipendenti), che da anni lavora a stretto contatto con le istituzioni europee per definire e strutturare le strategie di un’industria europea in continuo mutamento.

Ci parli di questa associazione ER-Amiat.

La nostra associazione nasce 6 anni fa, per accreditare il nostro distretto presso le istituzioni europee, in BEI non sapevano neanche di cosa si trattasse. La Commissione Europea, i Ministeri, ovvero le Direzioni Generali, non ci conoscevano, non sapevano che in Emilia Romagna ci fosse questa potenza industriale. Ed è anche difficile descriverla, se parlo di mercato automobilistico bastano 3 nomi, in Emilia Romagna, in questo settore, abbiamo 400 imprese e 7.000 aziende di sub-fornitura. Abbiamo una grande potenza industriale che fattura, nel settore macchine automatiche, più del Baden-Wurttember, ma è difficilmente descrivibile perché è un distretto molto complesso, ma con tante competenze.

Il progetto presentato viene chiamato Industry 4.0, cosa significa?

Stiamo cercando ancora di definire esattamente di cosa si tratti, siamo ancora a livello di definizione del quadro generale, le tecnologie di Industry 4.0 sono già tutte disponibili. Il nostro sistema manifatturiero è in grado di sviluppare molto bene l’innovazione, ma non di generarla, perché vive di dinamiche talmente flessibili che quando si tratta di rivoluzionare sé stesso  come sistema produttivo fa fatica. O meglio, farebbe fatica se non inventando qualcosa di diverso, da qui è nata l’idea di creare un sistema pilota in cui investire per generare conoscenza. Come prima ricaduta, da questo progetto pilota ogni singola azienda prenderà le conoscenze e le inserirà nel proprio sistema produttivo, in seconda battuta tutto il sistema pilota vedrà la partecipazione delle aziende di sub-fornitura, facendo evolvere tutta la rete degli artigiani, ed evitando che questi restino indietro depauperandosi all’arrivo delle nuove tecnologie.

Sul fronte dei finanziamenti?

Le possibilità ci sono, il Ministero c’è, la Regione anche ed anzi si sta muovendo molto sui big data tramite il nascente nuovo polo tecnologico.

Industry 4.0 come si pone rispetto ad Industria 2030?

Industry 4.0 è il punto di vista tedesco, sviluppato da Roland Berger, un grande sistema di consulenza strategica industriale, che prende le mosse da un sistema più verticale, che è quello tedesco. Le grandi imprese di software, di automazione, di produzione industriale, vedono in Industry 4.0 il massimo dell’efficienza organizzativa  e della produttività. Noi abbiamo bisogno di una nostra declinazione, non abbiamo imprese verticali grandi come Bosch o Siemens. La manifattura del futuro coinvolgerà il consumatore, che si trasformerà in cittadino consapevole, e come cittadino consapevole sarà lui a produrre per delega, parliamo della economia circolare in pratica.

Come vi relazionate con la fabbrica intelligente del CNR?

Noi ci concentriamo sul territorio Emilia-Romagna, ci relazioniamo con tutti, qui facciamo il pilota manifatturiero che simula quello che ogni fabbrica sarà in futuro.

Rientrate nel sistema dei fondi strutturali Horizon 2020?

Sì, ER-Amiat intende partecipare ai bandi per i fondi europei Horizon 2020 tra le altre cose, non per niente la nostra sede è a Bruxelles.

Per fare tutto questo avete sicuramente necessità di competenze specifiche professionali che dovranno essere create ed anche trattenute.

La presenza del dott. Vignocchi del laboratorioT 3LAB è significativa proprio perché è una creazione voluta assieme all’Istituto Aldini Valeriani ed all’Università. Poi c’è tutto il discorso delle start-up, un discorso nazionale che ancora mi pare non sia pienamente realizzato.

Nel convegno su Industria 2030 a Palazzo Varignana, il Presidente Alberto Vacchi focalizzò la necessità di arrivare ad una erogazione di credito da parte delle banche mirata sulla filiera e non più sulla singola azienda.

Non esiste ancora nel sistema bancario l’idea di rating del sistema di filiera, più che di credito, perché quello riesco anche ad ottenerlo, ma se viene concesso ad un tasso sfavorevole non è conveniente. Ma se si introduce il riconoscimento del rating di filiera e quindi una start-up che rientra nella filiera potrebbe avvantaggiarsi di tassi favorevoli.

La politica è presente? Partecipa al progetto in maniera significativa?

I rapporti con la Regione sono ottimi e positivi.

Ha descritto tutti i vantaggi del progetto, le criticità presenti?

In un progetto condiviso come questo bisogna anche superare barriere culturali, questo significa anche far comprendere agli imprenditori tutta una serie di potenzialità che si possono mettere in atto ed i vantaggi che ne conseguono.

©Futuro Europa®

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