TTIP, accordo verso il fallimento?

Domenica scorsa il Ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel ha dichiarato che, di fatto, il Ttip, ovvero, Transatlantic Trade and Investment Partnership, l’accordo di libero scambio tra USA ed UE, era fallito. Nei 14 colloqui avuti, le parti hanno trovato l’intesa solo su un capitolo dei 27 messi sul tavolo dei lavori. Da vari osservatori, gli Stati Uniti sono stati giudicati di essere poco trasparenti e di sfavorire le aziende europee a favore dei gruppi americani.

Il giorno dopo la stessa Cancelliera Angela Merkel, ha smentito il suo vice, per dichiarare che i colloqui «non sono falliti, ma restano posizioni divergenti». Il Ministro Calenda, allo stesso tempo, ha affermato «tempi incerti, ma il Trattato si farà». Anche la Commissione Europea ha sostenuto che in giugno i 28 Paesi dell’UE hanno rinnovato, all’unanimità, il loro mandato all’esecutivo comunitario perché si completi il negoziato. Bruxelles è pronta a chiudere l’intesa entro la fine dell’anno ma senza sacrificare, in nome del libero scambio, «gli standard europei nei campi della sicurezza, della salute, del sociale e della protezione dei dati così come la diversità culturale».

Ma le parole di Gabriel riflettono, in realtà, lo stato di salute tra Washington e Bruxelles, la Germania non è l’unico Paese a nutrire dubbi sull’accordo di libero scambio, ci sono anche Francia e Belgio. Alcuni capitoli, come l’agricoltura, sono delicati ed appare difficile giungere ad un accordo. Per quanto riguarda il settore agricolo l’Europa propone di sviluppare la cooperazione tra le parti nell’ambito di forum bilaterali e multilaterali focalizzando l’attenzione su: approvvigionamento alimentare (food security), ricerca e innovazione, sostenibilità. Lo strumento dovrebbe essere la costituzione di una specifica piattaforma negoziale (forum) per un dialogo bilaterale sulle questioni interne e globali (ad esempio il cambiamento climatico).

È prevista anche la costituzione di un comitato congiunto per l’agricoltura (Committee on agriculture), che si riunisca almeno una volta l’anno, con il compito di monitorare e promuovere la cooperazione, nell’applicazione di quanto previsto dall’accordo, facilitando così gli scambi, offrire forum di discussione sui programmi agricoli nazionali e sugli scambi di prodotti agricoli e affrontare il tema delle barriere commerciali per i prodotti agricoli. Per le esportazioni l’UE vorrebbe inserire nel capitolo, il delicato argomento delle distorsioni legate al sostegno interno, anche se di norma esso non rientra negli accordi di libero scambio definiti dall’UE.

In questo accordo specifico preoccupano però gli effetti che gli schemi di sostegno adottati dagli USA potrebbero avere in caso di liberalizzazione commerciale. Nel mercato statunitense l’Europa ritiene necessario la protezione delle proprie IG, infatti, le IG europee, con 15 miliardi di euro, hanno una quota del 25-30% sulle esportazioni di prodotti agro-alimentari trasformati verso gli USA.

Nella dichiarazione programmatica che l’UE ha inoltrato agli USA vengono definiti gli obiettivi-chiave come la garanzia di protezione per una lista breve di IG, 201 prodotti agroalimentari, 22 bevande spiritose (oltre alle 6 già menzionate nell’accordo del 1994) e delle 17 denominazioni di vini (considerate semi-generiche) già inserite nell’accordo del 2006.

La protezione prevede il divieto di utilizzo delle IG sui prodotti non originali anche quando il consumatore non è fuorviato, cioè quando la vera origine è chiaramente visibile, applicazione degli accordi non solo su base giudiziaria, ma anche amministrativa e la ricerca di una soluzione, ad hoc, nei casi di IG in conflitto con utilizzi precedenti o con marchi già depositati o che abbiano assunto un significato generico.

Su una parte ristretta di queste proposte il negoziato è bloccato e se non si dovesse trovare un’intesa, resterebbe il rischio dell’“italian sounding”, altamente diffuso negli USA.

©Futuro Europa®

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