Cronache dai Palazzi

Il governo italiano continua ad allenarsi al tiro alla fune. C’è chi tira da sinistra, chi da destra, chi dal centro e chissà se, prima o poi, “il filo rosso” della “concretezza” di Enrico Letta cederà. Il premier sembra comunque non sottostare al clima di imbarbarimento che il Capo dello Stato ammonisce puntualmente con un ennesimo appello alla responsabilità rivolto a tutte le forze politiche in campo, parlamentari e governative. “C’è chi ha il dovere, per la responsabilità che gli spetta, di non cedere a un clima avvelenato” – sottolinea Napolitano – continuando a svolgere il suo dovere nonostante gli attacchi che gli sono rivolti.

Eppure in questi giorni tutto lo scenario politico italiano è attraversato da una “guerriglia” intramezzata da brevi momenti di tregua armata. Tutti i partiti sono provati da forti diatribe interne e il governo delle larghe intese viene usato come terreno di scontro per affermare le proprie prese di posizione e mettere i propri paletti, per imporre all’avversario le proprie ragioni. Lo dimostrano la spaccatura sull’Antimafia – si parla di “intese violate”, di “esagerazioni” da parte dell’avversario che “non è stato ai patti – e il ddl sul Comitato per le riforme costituzionali (il Comitato dei 42) approvato in Senato per un soffio di voti (appena 4).

I ‘falchi’, dovunque essi si annidino, continuano a tiranneggiare minacciando la reale tenuta dell’esecutivo. “Il percorso di riforma costituzionale avviato dal Parlamento contiene elementi di criticità che lo rendono incerto, affermano alcuni senatori del Pd; dodici falchi del Pdl si astengono dal voto sul Comitato dei 42 esprimendo forti dubbi per l’assenza fra i compiti del Comitato delle riforme sulla giustizia. Intervenendo in Senato, il ministro Quagliarello – in questi giorni al centro del dibattito mediatico e ormai sotto tiro da parte dei ‘falchi’ azzurri – rivolgendosi ai “dissidenti” del suo partito definisce il tema della giustizia “l’altra faccia della medaglia. Presto ci saranno misure”. Intervenendo all’Assemblea nazionale dei magistrati, il presidente Rodolfo Sabelli, sottolinea che la giustizia è un campo della società civile che attende comunque una “riforma necessaria e doverosa” perché finora si è agito solo in termini di “geografia giudiziaria”. “Bisogna intervenire con rimedi strutturali. Bisogna fare un esame serio e riuscire a inserire gli interventi in un sistema coerente” e “noi non siamo e non ci sentiamo parte di un sistema” ha puntualizzato inoltre Sabelli.

Molta carne al fuoco e la legge di Stabilità rimane il terreno mediatico prescelto, un po’ da tutte le forze politiche, per accendere lo scontro, ora rafforzato dai ‘fuochi di sbarramento’ che si sono risvegliati con la nuova discesa in campo della legge elettorale. A proposito di fuochi il presidente della Repubblica sottolinea: “Non ci faremo fermare da alcun fuoco di sbarramento”, e si riferisce in particolar modo proprio alla riforma della legge elettorale, per la quale occorre “fare presto senza cercare la perfezione”. E così, è subito spuntato il “pillolarum” i cui risvolti sono ancora tutti da definire.

È inconcepibile che il Paese non progredisca perché le riforme vengono ‘sbarrate’; è inconcepibile un clima di imbarbarimento che deturpa la vita pubblica e condiziona malamente l’opinione dei cittadini italiani alquanto stanchi di una politica così rissosa e di un Parlamento che rischia di naufragare “nelle contrapposizione e nell’inconcludenza”.

La nostra non è una Repubblica presidenziale e le forze politiche, ognuno a proprio modo, rimproverano al Capo dello Stato il suo agire tempestivo ma le analisi puntuali e le azioni per l’appunto tempestive di Napolitano tuonano sempre come degli ultimatum in vista di decisioni fondamentali da prendere, e che il Parlamento si ostina a non prendere.

La “guerriglia” rimbalza tra la legge di Stabilità e la nuova legge elettorale. A proposito di quest’ultima, il “nuovo limite estremo” è il 3 dicembre quando la Consulta dovrà decidere sulla probabile incostituzionalità delle legge attuale e, come ha ammonito il Capo dello Stato nell’incontro di Firenze, “la dignità del Parlamento e delle stesse forze politiche si difende non lasciando il campo ad altra istituzione”. In sostanza “non è possibile che il Parlamento naufraghi ancora nelle contrapposizioni e nell’inconcludenza”.

Si arriva sempre all’estremo nel Belpaese e si rischia di stremarlo ulteriormente. Eppure “Abbiamo un bisogno drammatico di liberarci da contraddizioni antiche – ha precisato Napolitano di fronte alla platea dell’Anci riunita a Firenze – da radicate e paralizzanti pastoie, che impediscono un più ampio dispiegarsi di energie e potenzialità che il nostro Paese possiede”.

Al di là del confuso scenario italiano c’è comunque l’Europa, e il premier Letta risponde direttamente da Bruxelles dove ha partecipato al Consiglio europeo. Già nei giorni scorsi il presidente del Consiglio dichiarava di focalizzare tutte le sue energie sull’appuntamento Ue (24-25 ottobre) con in mente un valoroso obiettivo: il passaggio cruciale del semestre italiano di presidenza nel 2015. Il nostro Paese è stato a lungo un ‘sorvegliato speciale’ ma è arrivata l’ora di portare a casa i frutti di innumerevoli sacrifici: “I sacrifici sulla disciplina di finanza pubblica sono accettati se poi c’è una ricompensa e una svolta”, aveva ammonito il premier. “Dobbiamo trasformare i passi avanti di questi mesi in una rivoluzione. Il nostro semestre sia la base dell’Europa unita – aveva sottolineato Letta prima di dirigersi a Bruxelles – perché solo con gli Stati uniti d’Europa possiamo affrontare le scelte che i tempi pongono anche al nostro Paese”.

Per essere apprezzati in Europa, per “reggere discussioni come queste” – ha ribadito il premier italiano a Consiglio Ue avvenuto – occorre comunque “essere credibili in casa nostra”. Letta ha auspicato inoltre (ancora una volta) una diminuzione del debito interno e del deficit nel 2014. In definitiva l’Italia si dichiara “soddisfatta” del Consiglio europeo d’ottobre e il premier Letta guarda al futuro, ossia al prossimo Consiglio europeo di dicembre dove si potranno raccogliere i frutti delle proposte messe sul tavolo oggi. In primo luogo i provvedimenti in materia di immigrazione per cui “l’Italia farà la sua parte” – “l’operazione ‘Mare nostrum’ lo dimostra”, ha puntualizzato il presidente del Consiglio – ma non è più sola di fronte alle innumerevoli difficoltà che il “dramma del Mediterraneo” comporta. “È importante che sia stato incorporato il concetto di solidarietà, che non era scontato”, ha sottolineato Letta, ed è “per noi fondamentale il fatto che si sia raggiunto il risultato di considerare il tema come europeo, non solo maltese, italiano o dei paesi del Mediterraneo. La tragedia di Lampedusa chiama in causa l’intera Unione europea e le conseguenze dovranno essere assunte a livello europeo”.

Nel Consiglio europeo di Bruxelles sono inoltre state gettate le fondamenta per la costruzione di un mercato unico delle telecomunicazioni, ciò che Letta definisce “la notizia”, una delle ‘novità’ più rilevanti; si è discusso inoltre di economia digitale e di agenda digitale, altre importanti novità, molto probabilmente il ‘datagate’ ha accelerato la necessità di far fronte ad una unificazione delle informazioni a livello europeo è una questione di competitività in campo internazionale e di sicurezza nello stesso tempo. Infine il premier Letta riferisce di una interessante discussione svoltasi attorno al concetto di “dimensione sociale” dell’unione economica e monetaria, dimensione essenziale per la costruzione degli Stati Uniti d’Europa che sia anche l’Europa dei popoli.

“Abbiamo bisogno di forti cambiamenti oggettivi e soggettivi”, ha ammonito il presidente Napolitano in casa nostra, “strutture”, “indirizzi politici”, “mentalità e comportamenti” nuovi che dal fronte nazionale siano in grado di abbracciare l’orizzonte europeo.

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