TTIP Leaks

Il suffisso Leaks è una parola che negli ultimi anni ha assunto notevole importanza e significato di rivelare ciò che i governi preferirebbero tenere segreto, l’ultima rivelazione in ordine di tempo è stata la cosiddetta TTIP Leaks.  Nella precedente nota su questo Trattato che tende a promuovere il libero scambio commerciale tra Stati Uniti ed Europa, posi l’accento sui possibili pericoli e zone scure insite nei documenti, peraltro documenti che sono più indiscrezioni che altro, in quanto tutto il percorso è secretato e non accessibile nemmeno agli organi parlamentari comunitari, ufficialmente per introdurre turbative. Ma appariva evidente come fossero presenti zone critiche relative all’abbassamento delle garanzie sui prodotti alimentari ed all’elevamento al rango di stati delle multinazionali con la possibilità concessa a queste di indire in giudizio gli Stati che a loro parere frapponessero ostacoli al commercio.

I documenti che Greenpeace ha portato alla luce pare siano arrivati tramite uno dei partecipanti che è impaurito, o comunque contrario, alla strada che sta prendendo il negoziato. Resta il fatto che si tratta di 248 pagine redatte fino ad aprile 2016, prima dell’inizio del tredicesimo round di negoziati tra Ue e Usa, comprende 13 capitoli consolidati sui 17, il documento finale sarebbe composto da 25 o 30 capitoli. Storicamente con gli Stati Uniti ci sono zone dove le visioni con l’Europa sono nettamente diverse, basti pensare alla questione OGM dove colossi come la Monsanto possiede un potere negoziale enorme e che fa pesare in maniera greve, ma anche il discorso emissioni non ha mai trovato particolare terreno fertile in campo statunitense, almeno fino all’avvento di Obama, il protocollo di Kyoto è giaciuto per anni nelle stanze del governo di Washington in attesa di essere approvato.

La diversa visione della tutela dei consumatori tra le due sponde dell’Atlantico è evidente nella comprensione e gestione dei rischi alimentari, se in Europa vige il principio della precauzione, per cui prima di vendere un prodotto l’azienda deve comprovarne l’assenza di rischi per la salute,  negli Usa si applica invece il principio dell’evidenza scientifica, per cui il prodotto può essere venduto senza problemi fino a quando qualcuno, a proprie spese, non ne dimostri la nocività.

Pochi affari anche nel campo appalti per le imprese europee nel Ttip, se è vero che potranno concorrere all’aggiudicazione, è anche sicuro che il 50% dei prodotti dovranno essere a stelle e strisce, il buy american esce dalla porta per rientrare dalla finestra insomma. Nessuna concessione nemmeno sulla denominazione dei prodotti, in pratica gli americani potranno continuare ad inventare fantasiose varianti ingannevoli su ‘parmisan’ , come su Chianti e prodotti tipici europei simili.

Ma le perplessità e le contrarietà non sono solo di Greenpeace ed organizzazioni o movimenti simili, spesso facilmente etichettabili come complottisti, ma provengono anche da premi Nobel come Paul Krugman, che ha messo in evidenza come al giorno d’oggi le barriere siano già molto flebili, e quindi si giochi più sul fronte dei brevetti, cosa che porterebbe vantaggi solo alle grandi aziende. Tesi ripresa da Joseph Stiglitz che ha dichiarato “I costi per la salute, l’ambiente, la sicurezza dei cittadini sono enormi e i benefici vanno alle multinazionali”.

A fronte delle rivelazioni Ttip leaks come hanno reagito i negoziatori europei? La commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom ha assicurato che la UE non farà concessioni sul fronte della sicurezza e della tutela dei cittadini e consumatori: “Nessun accordo commerciale ad opera della Ue abbasserà mai il nostro livello di tutela dei consumatori, o della sicurezza alimentare, o dell’ambiente. Non cambieranno le nostre leggi in materia di ogm, o sul nostro modo sicuro di produrre carne di manzo, o il modo di proteggere l’ambiente. Qualsiasi accordo commerciale potrà solo cambiare i regolamenti per renderli più forti, potremmo essere d’accordo con il partner sul fatto che, ad esempio, la sicurezza sui medicinali possa essere più dura di prima, ma mai più debole”. Conclude la  Malmstrom che quanto rivelato sono solo le posizione dei due players al tavolo delle trattative e non il risultato di un accordo, che non deve necessariamente essere raggiunto se non condiviso da entrambe le parti. Intanto Michael Froman, rappresentante americano per il Commercio, ha bollato le rivelazioni di Greenpeace come “nel migliore dei casi fuorvianti e nel peggiore completamente sbagliate“, ma in questo caso non è che ci si potessero aspettare dichiarazioni molto diverse.

©Futuro Europa®

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