Niger, le sfide del prossimo Presidente

Le operazioni di voto per le Presidenziali si sono chiuse la sera di lunedì 21 Febbraio in Niger dove il Presidente uscente Mahamadou Issoufou sperava di ottenere un secondo quinquennato già al primo turno, superando un’opposizione divisa che denunciava da subito casi di brogli. Quattordici sono stati i candidati in corsa. Il nome del nuovo Presidente si conoscerà dopo il ballottaggio previsto entro la fine del mese di marzo. Al primo turno delle elezioni presidenziali di una settimana fa, infatti, Mahamadou Issoufou ha ottenuto il 48,4% dei voti e, non avendo raggiunto la soglia del 50%, dovrà  affrontare nella seconda tornata il leader dell’opposizione Hama Amadou.

L’elezione di Issoufou nel 2011 ha messo fine a una transizione democratica relativamente pacifica frutto del colpo di Stato militare del 2010. La sua vittoria arrivata dopo il ballottaggio, grazie all’alleanza con altri gruppi della scena politica nigerina, aveva suscitato un’ondata di ottimismo nel Paese e ridato fiducia ai principali partner del Niger. A lungo figura chiave dell’opposizione, Issoufou si è fatto eleggere sulla base di un progetto ambizioso, il programma “Rinascimento”,  che aveva fatto nascere la speranza nella popolazione promettendo sviluppo economico, fine della fame e lotta alla corruzione e all’impunità. Cinque anni dopo, l’atmosfera che avvolge queste elezioni Presidenziali, e più precisamente il sentimento generale nei confronti della candidatura del presidente Issoufou, è cambiato. La speranza di rinnovamento è scemata. La maggioranza dei nigerini non ha più alcuna fiducia in una classe politica ormai invecchiata, che sia parte della maggioranza o dell’opposizione. Il regime, che ne è pienamente cosciente, appare focalizzato sull’attaccamento al potere e sulla difesa dei suoi interessi. Il clima pre-elettorale teso fa presagire un futuro più cupo che nel 2011.

Ma non è tutta colpa del Presidente. A discapito di Issoufou va detto che il contesto regionale è molto cambiato dal 2011. Il caos libico a Nord, la crisi del mali ad Ovest e l’espansione inquietante di Boko Haram a Sud-Est sono minacce tangibili che minano la stabilità del Paese e il regime ha progressivamente dovuto mettere in secondo piano il programma “Rinascimento” per privilegiare gli aspetti della sicurezza, incoraggiato per questo dai suoi partner occidentali. Il bilanci dedicato alla difesa è molto aumentato, mentre tutto quello che coinvolgeva la società non ha preso lo stesso volo. Anche se oggi tenta di difendere i suoi risultati, il progetto presidenziale non ha portato a un cambiamento sostanziale nella vita dei nigerini. I servizi pubblici sono largamente insufficienti, la scena politica rimane marchiata dalla corruzione. Anche qui va detto in difesa di Issoufou, che il compito da svolgere era gigantesco in un Paese classificato ultimo per indice di sviluppo umano. Si è capito da subito che sarebbe stato più semplice pubblicizzare un bilancio positivo per la difesa e la sicurezza a medio termine che insistere su ipotetici risultati in campo di sviluppo socio-economico a lungo termine. Ma con un indice di fertilità di 7,6 figli per donna, il Niger detiene il record della crescita demografica mondiale. Secondo il PNUD (Programma delle nazioni Unite per lo Sviluppo), il 48,6 % della popolazione ha meno di 15 anni. I giovani chiedono misure in favore del lavoro, la priorità del futuro presidente deve essere creare posti per i giovani nelle zone non solo urbane, ma anche rurali. La mancanza di lavoro associata a una siccità che rende sempre più precaria la sicurezza alimentare della popolazione spesso non lasciala altra scelta che l’immigrazione.

A questo bilancio al ribasso in campo sociale, si aggiunge il deterioramento della situazione politica interna. Da due anni a questa parte, il regime si sta chiudendo progressivamente in una lenta deriva autoritaria. Ha prima dedicato molte energie ad indebolire i Partiti di opposizione provocando scissioni al loro interno. Negli ultimi mesi, ha moltiplicato arresti e minacce nei confronti di oppositori,  giornalisti e attivisti della società civile. La situazione in Niger non è certamente altrettanto preoccupante che in altri Paesi della regione, ma preoccupa comunque vedere un regime, eletto con forte sostegno popolare nel 2011, strumentalizzare oggi l’argomento securitario per neutralizzare qualsiasi tipo di critica interna. L’arresto di Hama Amadou lo scorso Novembre, ex Presidente dell’Assemblea Nazionale, principale avversario di Issoufou,  per il suo presunto coinvolgimento in un brutto caso di traffico di bambini, lo ha obbligato a portare avanti la sua campagna elettorale da una cella di prigione. Colpevole o no, questo non è certamente un segnale positivo per asserire che il sistema politico nigerino sia in buona salute.

Lo scorso Dicembre, l’annuncio di un tentativo di colpo di Stato, fondato o no, ha portato a dubitare ancor più sulla stabilità della settima Repubblica del Niger, un Paese che più volte è stato colpito dall’occupazione militare dello spazio politico. Anche se la storia recente non mostra tracce di violenze elettorali, le manifestazioni sanguinarie del Gennaio 2015 a Niamey, Zinder e Agadez, espressione di un miscuglio di collera sociale, indignazione religiosa e sentimento anti-francese dovuto a delle affermazioni poco felici del Presidente sul caso Charlie Hebdo, mostrano un potenziale di violenza da non sottovalutare e che può essere manipolato. La febbrile attività del potere nei confronti della strada è in parte risultato della sua stessa strategia volta a neutralizzare  qualsiasi tipo di opposizione. Una parte di coloro che contesta il potere, in seno all’esercito, agli ambienti radicali o ai Partiti politici, è ormai convinto che il cambiamento arriverà dalla strada e non dalle urne.

A parte l’Organizzazione Internazionale per la Francofonia, la rappresentante speciale dell’Unione Europea e il rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Africa Occidentale, gli altri partner occidentali del Niger, in particolar modo i suoi alleati militari, sono rimasti in silenzio di fronte al lento degrado del clima politico. Per questi Paesi, la stabilità a medio termine del Niger vince sulla necessità di garantire un sistema politico aperto. Eppure, per prevenire la crescita dell’estremismo violento che minaccia la regione del Sahel, la miglior difesa sta nella capacità degli Stati di ritrovare la fiducia del loro popolo rappresentandolo e difendendo i suoi interessi. Al di là dei risultati di queste elezioni, questa è forse la vera grande sfida per il Niger.

©Futuro Europa®

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