Rassegna stampa estera

La brutale morte al Cairo del giovane ricercatore Giulio Regeni ha fatto scrivere molto, moltissimo sulla stampa internazionale. Si è parlato anche dell’ostinata lotta del Primo Ministro Renzi nella riconquista dell’Europa e della visita negli Stati Uniti del nostro Presidente della Repubblica anche alla luce del nostro articolo 11 della Costituzione.

Quello che maggiormente ha colpito della morte di Giulio Regeni, al di là delle mille supposizioni fatte sul perché, è la sua violenza. Erico Jozsef inizia in modo quasi scioccante il suo articolo scritto per Libération, ma fa la cronaca della cruda realtà: “Ematomi, ecchimosi sugli occhi e sugli zigomi, fratture multiple e tagli su petto, braccia, gambe. L’Istituto medico-legale di Roma è formale: Giulio Regeni è stato torturato e colpito a morte “. Vengono i brividi solo a riportare queste parole. Il giornalista riporta i commenti dei nostri ministri Alfano e Gentiloni e le repliche del Governo egiziano, un vero rimpallo di accuse: “vittima della polizia di regime, la Mukhabarat (…) rapito per i suoi contatti con i movimenti sindacali che si rafforzano e stanno diventando una minaccia agli occhi del regimedi Al-Sissi?” Come sappiamo, la stampa vicina al Presidente egiziano ha tirato fuori la pista islamista e il suo disegno a voler danneggiare gli ottimi rapporti commerciali e diplomatici tra l’Italia e l’Egitto. Ma l’opposizione non ci crede, come scrive Jozsef “le torture subite sarebbero caratteristiche dei metodi della polizia politica”, anche se riconosce (l’opposizione) che “Al-Sissi non aveva alcun interesse a ordinare quell’assassinio dal momento che il Paese conosce difficoltà economiche sempre più pressanti”. Lotta di potere interna, errore, azione contro i diritti umani, non cambia molto. Conclude il giornalista francese: “Il mistero della morte di Giulio Regeni rimane e alimenta le tensioni. Due degli amici universitari hanno preferito fare i bagagli e lasciare l’Egitto. Altri italiani contano fare lo stesso.”

Jenna le Bras per l’Orient le Jour parla di questa triste storia mettendo l’accento sulle accuse che molti egiziani lanciano alle autorità. “Dopo la morte di un giovane dottorando italiano, numerosi egiziani accusano le autorità di aver organizzato il suo rapimento con l’obbiettivo di sottrargli informazioni. Se questa tesi venisse confermata, è una sparizione forzata che andrà ad aggiungersi alle numerose altre che colpiscono la società civile egiziana (…) Se i motivi della sua morte rimangono fumosi (…) parte della società egiziana e le ONG per la difesa dei Diritti Umani non vi trovano che la firma delle violenze della polizia che colpisce impunemente l’Egitto”. La giornalista riporta le denuncie apparse nelle sue pubblicazioni scritte sotto pseudonimo (forse questo è il dato più importante? ndr) riguardanti la difficile vita dei sindacati egiziani.”

Anche James Politi sul Financial Times parla di “omicidio brutale” e della minaccia che oggi plana sui rapporti tra Italia ed Egitto. “L’omicidio brutale del giovane dottorando italiano minaccia di compromettere i stretti rapporti esistenti tra Roma e Il Cairo, scrupolosamente curati dai leader Matteo Renzi e Abdel al-Sissi.” Ricorda Politi che “l’assassinio di Regeni è avvenuto proprio quando il Governo italiano ha implementato i suoi legami commerciali e politici con l’Egitto. L’Eni ha recentemente fatto una delle sue più importanti scoperte di gas naturale al largo della costa mediterranea dell’Egitto” e quando è stato scoperto il corpo del giovane era presente al Cairo un’importante delegazione composta da imprenditori e rappresentati di grandi società, che ha immediatamente bloccato i colloqui  questo potrebbe “influenzare il futuro delle relazioni economiche tra i due Paesi”, tutto dipende dalle “risposte egiziane”, scrive il giornalista, che va oltre: “Il problema potrebbe anche compromettere gli sforzi diplomatici per porre fine al conflitto in Libia, dove l’Egitto è un elemento chiave.” L’omicidio di Giulio Regeni ha anche posto i riflettori sul “deterioramento della libertà accademica”, sottolinea Politi. “In una dura lettera al Presidente egiziano, l’Associazione per gli studi mediorientali con base negli Stati Uniti,  ha dipinto la morte di Regeni come ‘il risultato prevedibile della progressione della repressione di stato su accademici e studenti”. Sembra sia stato messo il dito in un vero vespaio.

Renzi e l’Europa. Non demorde il nostro Premier . Bloomberg Business riporta l’intervista fatta questa settimana a Renzi nella sua residenza di Roma. Il Primo Ministro paragona i leader europei “all’orchestra che accompagna l’affondamento di un transatlantico”, ma ribadisce anche che l’Europa può evitare il disastro del Titanic seguendo la guida dell’Italia”. L’accusa di Renzi agli altri leader europei è di “non avere una vera e propria strategia. Anche se i critici dicono che il suo programma nazionale rimane ben lungi dall’essere completato, Renzi ha detto che i suoi colleghi dovrebbero seguire l’esempio dell’Italia per capovolgere la situazione (…) Per imporre ordine nel caos, Renzi suggerisce all’UE di usare i suoi punti di forza militari e finanziari laddove sanno di poter fare la differenza e riconoscere i propri limiti altrove. Questo significa allentare le restrizioni di bilancio per alleviare le tensioni sociali dovute alla crisi dei migranti, inviare truppe in Libia e cercare la riconciliazione con la Russia”. Ricordano gli autori dell’articolo che “molte delle sue stilettate sono state ignorate finora, anche se avrà un’ulteriore possibilità di rilancio la prossima settimana a Bruxelles”. Non si dice “chi non osa non vola”? Per Renzi il rilancio dell’Europa è tutto, e il ruolo dell’Italia come “padre fondatore”  il riconoscimento più giusto. Prova ne è la tavola rotonda da lui voluta martedì scorso. In fondo forse ha ragione, questa Europa non funziona più così com’è, e se non ce ne innamoriamo nuovamente l’onda populista rischia di danneggiarla irreparabilmente.

La visita di Stato del Presidente della Repubblica Mattarella negli Stati Uniti. Se è vero che il Presidente è stato accolto con grande affetto da Barack Obama e che si è discusso di temi importanti come “migranti” e “Libia”, come riporta anche Maghreb Emergent, l’impressione è che questa sia stata più una “visita turistica” che qualcosa di più incisivo. Sul Washington Post Helena Andrew-Dyer si sofferma sul lato “ludico” del suo primo giorno a DC, che sui colloqui politici: pranzo in uno dei ristoranti più in voga di Alexandria e visita alla National Gallery of Art. Critiche più o meno velate sono state fatte per non aver avanzato neanche il più pallido appunto sull’operato degli Stati Uniti in Medio Oriente e sul nostro stare sempre un passo in dietro rispetto alle grandi potenze. Ma si potrebbe anche facilmente obbiettare che questo non è il ruolo del nostro Presidente della Repubblica. In fondo, come ricordano pragmaticamente su Sputnik News, “Malgrado le pressioni degli Stati Uniti, l’Italia non ha nessuna fretta a lanciarsi in una operazione militare in Irak e in Libia. l’Italia si posiziona sulla scena politica come un Paese pacifico, soprattutto perché l’articolo 11 della Costituzione rende la guerra tabù per il Paese”.

Eric Joszef, Entre Egypte et Italie, un meurtre, des questions, 9 Febbraio 2016; Jenna Le Bras,  Giulio, des questions, des certitudes, L’Orient Le Jour, 8 Febbraio 2016; James Politi, Brutal murder threatens relations between Egypt and Italy, Financial Times, 8 Febbraio 2016; John Micklethwait, Alessandra Migliaccio, John Follain,  Renzi Says EU Can Dodge Titanic Disaster Following Italy’s Lead, Bloomberg Business, 10 Febbraio 2016; Xinhua per Maghreb Emergent, Obama et le president italien Mattarella discutent de la Lybie e de l’Etat Islamique, 9 Febbraio 2016; Helena Andrews-Dyer, Italian President plays tourist ahead of meeting with Obama, Washington Post, 8 Febbraio 2016; Sputnik News, L’Italie ne se laissera pas entrainer dans la guerre par les USA, 9 Febbraio 2016.

©Futuro Europa®

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