Primarie USA, confronto TV Clinton-Sanders

Primo dibattito televisivo del partito Democratico negli Stati Uniti, ciascun candidato affila le armi per convincere i sostenitori di essere il più idoneo a gareggiare per la poltrona di Number One, una volta concluso il mandato di Obama.

L’arena è quella di Las Vegas, cast di cinque attori, ma – come nelle migliori sceneggiature – due soli protagonisti ad incarnare lo spirito della sfida: l’ex segretario di Stato, Hillary Clinton, e il senatore del Vermont, Bernie Sanders, outsider in forte ascesa dopo aver totalizzato il “sold out” ai suoi più recenti comizi; relegati in panchina, col ruolo di semplici comparse, gli ex governatori di Maryland, Martin O’Malley, e di Rhode Island, Lincoln Chafee, e il senatore della Virginia, Jim Webb, mai veramente entrati nel vivo della discussione e con pochi minuti d’intervento al proprio attivo.

I media americani sono concordi nel registrare l’affermazione di una Clinton determinata ed incisiva come non mai, dall’inizio della campagna per la candidatura alla presidenza, una ex first lady che si è definita, dallo scranno del Wynn Hotel, progressista e, al tempo, concreta nella rigorosa ricerca del risultato. Con questa presentazione, ha voluto distinguersi dalle posizioni socialiste di Sanders, più animato dall’ideale populista di ridistribuire equamente, fra tutti i cittadini, la ricchezza detenuta in esclusiva da un misero 1% di privilegiati.

Sanders ha la simpatia di essere il candidato a sorpresa, ma, anche su questo, la Clinton è riuscita a stemperare il punto di forza avversario, precisando che non v’è nulla di più innovativo ed estraneo all’establishment della corsa di una “quota rosa” alla presidenza, sganciandosi per un attimo dal profilo di candidato supportato dalla dirigenza del partito e dai centri di potere d’industria e finanza. Il confronto è franco, diretto, e non manca di momenti di fair-play, sempre utili a mantenere un clima sereno nella discussione: quando si fa riferimento allo scandalo delle e-mail che investì la Hillary segretario di Stato, Sanders, invece di calare il fendente, taglia corto e riporta il discorso sui reali problemi della società americana, guadagnando sia l’applauso della platea che della diretta interessata.

Sui principali temi di politica estera, guerra all’Isis in primis, la Clinton dichiara con fermezza l’inaccettabilità dei raid aerei russi in Siria, sostenendo l’attivazione di una “no fly zone”, mentre il senatore del Vermont si mostra contrario ad un coinvolgimento militare USA nel pantano mediorientale.

Il Washington Post, in sintonia con i più accreditati politologi del paese, ha parlato di una Hillary inarrestabile e brillante, capace di capitalizzare il bagaglio d’esperienze passate ed utilizzarlo alle primarie per volgere a proprio vantaggio anche i punti in cui poteva essere toccata duramente, concentrando l’attenzione dei presenti non tanto sulle critiche agli avversari di partito, quanto sull’imperativo di scongiurare un ritorno dei repubblicani alla Casa Bianca.

Un sondaggio di Fox conferma il successo dell’ex first lady in Nevada, assegnandole il 45% di preferenze, contro il 25% di Sanders. Non è passata inosservata l’assenza al confronto Dem dell’attuale vice-presidente, Joe Biden, indeciso su una sua discesa in campo per la successione ad Obama, eventualità che – dopo la mancata occasione di Las Vegas – sembra sempre più lontana ed improbabile.

©Futuro Europa®

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