Emergenza migranti, la UE spinge al rimpatrio degli irregolari

Si è aperta in Europa una stagione infuocata, sulla scia dei dibattiti legati al flusso continuo di migranti dai Paesi colpiti da profonde crisi umanitarie. Il fermento tra i palazzi di Bruxelles e Strasburgo è tale che, tra una dichiarazione e l’altra dei leader europei, pare che sia estremamente arduo trovare una risoluzione finale veramente efficace e condivisa da tutti. Si discute con sempre maggior enfasi della revisione del Trattato di Dublino, per consentire ufficialmente la tanto dibattuta “redistribuzione” di rifugiati tra i paesi dell’UE.

Oltre a definire le future modalità di collocamento in Europa dei richiedenti asilo a causa di sanguinose guerre civili, i ministri degli Interni dei paesi UE stanno raggiungendo un accordo su come controllare il flusso dei migranti “irregolari”. Se i primi infatti hanno diritto per legge a essere ospitati e soccorsi, per i secondi si prevede la messa in atto di procedure di espulsione più rapide e per disincentivarne gli arrivi in futuro.

I 28 ministri dell’UE, riunitisi di recente a Lussemburgo, hanno deciso di attivare sistematicamente azioni di rimpatrio condivise, pensando di ricorrere alla detenzione degli irregolari in luoghi chiusi per evitarne la fuga. A tale scopo, sarà istituita all’interno del programma Frontex un’apposita sezione rimpatri, oltre a un sostegno economico di circa 800 milioni di euro verso gli stati UE impegnati nelle operazioni di reinvio ai paesi d’origine.

La direttiva rimpatri 2008/115/CE attualmente in vigore prevede che l’espulsione di norma debba essere disposta con misure non coercitive e attraverso la partenza volontaria del cittadino straniero entro un periodo compreso fra i 7 e i 30 giorni: ma per una politica dei ritorni efficiente, sono fondamentali i rapporti con i paesi di origine, che devono collaborare riammettendo i migranti espulsi dal territorio europeo. Spesso è un’operazione tutt’altro che facile, che comporta spese elevate e scontri diplomatici.

Per questa ragione, il Consiglio UE ha intimato alla Commissione e all’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza di avviare degli accordi bilaterali con i paesi di provenienza degli immigrati, ponendo l’accento soprattutto sulla riammissione dei cittadini come un diritto internazionale riconosciuto che tutti gli stati devono rispettare.

L’altro aspetto cruciale del tema migrazioni è, oltre ai rimpatri, una protezione efficace dei confini esterni. Si è stabilito a tal fine di aumentare il numero di responsabili europei specializzati nel controllo delle frontiere, che dovrebbero aumentare di circa 650 unità nei prossimi mesi: saranno impegnati soprattutto nel rendere più solida l’operatività di Frontex, mentre alcune unità andranno all’Ufficio europeo di supporto all’asilo EASO che aiutano nelle operazioni di accoglienza e primo soccorso.

Nel prossimo futuro, la Commissione europea punterebbe tuttavia alla creazione di un corpo ufficiale di frontiera europeo. In base alle analisi, la quasi totalità dei paesi UE è d’accordo nell’investire di più nella gestione delle frontiere esterne. «Tutti sanno che se non sono gestite bene e il caos continua, sarà la fine del sistema Schengen”, ha sottolineato Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo».

©Futuro Europa®

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