Black bloc, altra ipotesi

A Milano durante l’inaugurazione dell’Expo abbiamo assistito all’ennesima manifestazione degenerata in guerriglia urbana e rovinata dai cosiddetti “black bloc”; ma chi sono questi fantomatici “black bloc” di cui sentiamo parlare, perlomeno in Italia, dagli inizi del 2000?

Stando alla vulgata alla quale sembrano aver aderito tutti i media nazionali i black bloc sarebbero fantomatici guerriglieri che si infiltrano in pacifiche manifestazioni approfittandone per danneggiare proprietà private e tentando di ingaggiare scontri con le forze di Polizia. Si tratterebbe di una realtà “anarchica” e senza referenti nei normali soggetti politici. Pertanto senza controllo e senza “responsabili”, politicamente parlando. La stessa versione, senza il minimo approfondimento, è normalmente accettata da un buon numero di intellettuali e personaggi dello spettacolo (Saviano e Fabio Fazio per citarne due). Ideologicamente si tratterebbe esclusivamente di anarchici, senza troppa precisione, definiti saltuariamente “insurrezionalisti”. Più correttamente il cartello “black bloc” è nato per indicare una strategia di azione all’interno del mondo delle proteste no-global e, benché inizialmente avesse riscosso successo soprattutto nel mondo anarchico, non si è mai esaurito in esso. Né agli inizi, né tantomeno ora.

La nostra tesi è invece che, al contrario di quanto affermato normalmente nel dibattito nazionale, i “black bloc” siano di fatto organici ai movimenti afferenti alla galassia dei centri sociali e che siano di fatto accettati da larga parte dell’estrema sinistra italiana come interlocutori legittimi o, alla peggio, come alleati dai metodi non sempre accettabili, in una riedizione del famoso clichè “compagni che sbagliano” che caratterizza frequentemente il rapporto tra la sinistra italiana e la violenza.

Sarà un caso infatti, ma il blocco nero appare esclusivamente durante manifestazioni in cui gli organizzatori sono sigle legate alla galassie dei centri sociali, o in cui questi ultimi svolgono un ruolo preponderante. Non si sono mai visti guerriglieri durante manifestazioni del centrodestra o del centrosinistra e, in realtà, neanche durante le manifestazioni legate a movimenti di destra radicale, perlomeno in Italia. Inoltre basta una rapida occhiata ai siti di riferimento legati all’ambiente dei centri sociali per capire come i metodi del blocco nero godono di una certa tolleranza, quando non di vera e propria condivisione.

Individuato in modo più preciso il problema ci permettiamo di avanzare anche una possibile soluzione. Non è necessario pensare che il problema vada affrontato esclusivamente sul piano dell’ordine pubblico, anzi, probabilmente si tratta del modo meno corretto per contrapporvisi: si tratta pur sempre di persone che non solo accettano lo scontro con le forze di polizia, ma probabilmente lo cercano per radicalizzare le tensioni esistenti.

Occorre una soluzione più politica: azzardiamone una. Sarebbe forse sensato decidere che ogni soggetto politico che intende organizzare un corteo o una manifestazione lasci un deposito al Comune in cui si svolgerà la manifestazione. Tale fondo verrà restituito agli organizzatori dopo ventiquattro ore dagli eventi non appena appurato che il tutto si è svolto senza danni e con i crismi della legalità. In questo modo chiunque si assuma la responsabilità di organizzare un corteo sarà incentivato a dotarsi di un servizio d’ordine, a fare un minimo di controllo e perlomeno una rudimentale verifica sui partecipanti e sui metodi della protesta stessa.

©Futuro Europa®

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