Cronache dai Palazzi

Si procede tra annunci e promesse di riforme. Tra disegni di legge e decreti legge. “Il solito teatrino”, sottolinea il capogruppo M5S in commissione Giustizia alla Camera, Vittorio Ferraresi: “Si passa dallo spot a un accordo su un testo annacquato”. Il riferimento è al via libera in commissione alla Camera alla prescrizione lunga per i corrotti. Dopo l’avvertimento di spaccatura della maggioranza sull’allungamento dei termini di prescrizione per i reati di corruzione, il governo ridimensiona il fatto e il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, assicura: “Ho parlato con il ministro Boschi. Siamo vicinissimi a un accordo. Troveremo la squadra”.

Alla luce delle varie forme di protesta sollevate in Aula – da Ncd e Udc contro i tempi i prescrizione per i reati di corruzione ritenuti troppo lunghi; dai pentastellati che contestano l’esclusione di altri reati, inclusa la concussione; ed infine la levata di scudi di Forza Italia in Senato che contesta il voto in commissione che avrebbe vanificato l’ostruzionismo contro il ddl anticorruzione – sulla prescrizione, in particolare, si lavorerà  a una mediazione affinché il testo possa essere ritoccato in Aula, come auspicato tra l’altro da Ncd. Dopo l’approvazione in commissione Giustizia alla Camera del ddl che aumenta di oltre la metà  (più di un quarto in caso di stop) i tempi di prescrizione per i corrotti, Alfano, in particolare, dovrà mediare all’interno dell’Area Popolare (Ncd e Udc) che continua ad opporsi alla prescrizione lunga.

Sul falso in bilancio, invece, la mediazione sembra essere a portata di mano. Martedì prossimo in Consiglio dei ministri arriverà il decreto legislativo sulla “tenuità del fatto” che ha già incassato i pareri, non vincolanti, delle commissioni di Camera e Senato. Si aspetta quindi solo il bollo del governo per diventare legge. Cinque anni è la pena massima per il reato di falso in bilancio per le piccole imprese, prevista nel testo dell’esecutivo. Il minimo sarà invece fissato a un anno. In sostanza, il provvedimento concederà minore discrezionalità al giudice nel valutare i reati compiuti da responsabili di piccole e medie imprese. Come recita la norma nata nel ministero di via Arenula, e perfezionata dai tecnici del ministero dello Sviluppo e dell’Economia, quando “per le modalità della condotta o l’entità del danno e la non abitualità, il fatto è di particolare tenuità e di offensività molto lieve, si determina la non punibilità”. Un principio che varrà per tutti i reati fino a 5 anni.

“Se si vuole l’appoggio del M5S lo si deve sudare – avverte il vicepresidente della Camera, il pentastellato Luigi Di Maio – e non fare emendamenti a ribasso che vanificano l’effetto della norma come quello sulla prescrizione”. Nonostante le polemiche la prescrizione lunga arriverà comunque in Aula a Montecitorio il 16 marzo e l’anticorruzione il 17, in aula a Palazzo Madama. In quest’ultimo caso qualora non sia portato a termine l’esame del testo in commissione si ripartirà dal ddl Grasso, che prevede pene da 1 a 5 anni non escludendo la possibilità di intercettare.

Anche sulla scuola è battaglia tra ddl e decreto, per cui il premier Renzi parla di “dibattito surreale”. “Se facciamo i decreti siamo dei ‘dittatorelli’, se apriamo al confronto siamo dei ritardatari”, si difende il premier in conferenza stampa. “Non c’è nessun rischio che slittino le procedure di assunzione dal primo settembre 2015”, assicura Renzi, che aggiunge: “Ci sono le condizioni per cui il Parlamento in un arco di tempo sufficiente ma non biblico possa legiferare senza che sia necessaria una richiesta del governo di usare strumenti di urgenza”, a patto però che non prevalga “un ostruzionismo che blocchi l’immissione in ruolo di personale in graduatorie ad esaurimento e vincitori di concorso”.

Su scuola e banda larga il Cdm ‘valuterà’ comunque la prossima settimana gli aspetti più complessi, compresa la questione legata alle paritarie. Renzi, d’accordo con il ministro Giannini, è favorevole alle detrazioni per le paritarie e all’inclusione di tali scuole tra i beneficiari del 5 per mille. Il ministro Giannini, inoltre, insisterebbe sulla proposta mini-decreto finalizzato esclusivamente a far ripartire il piano di assunzioni entro settembre. “Il concorso tornerà ad essere l’unico strumento per procedere in futuro al reclutamento dei nuovi docenti”, sottolinea infine il ministro dell’Istruzione.

Per la scuola il disegno di legge sembra essere comunque la via prescelta per due motivi, uno tecnico e l’altro politico. Il motivo tecnico risiede nel fatto che gli inserimenti dei precari sono direttamente collegati alle norme sugli organici, quindi risulterebbe garantita la parte più delicata della riforma. Per quanto riguarda il motivo più squisitamente politico, invece, il capo dello Stato potrebbe verificare il clima in Parlamento vigilando su forme di ostruzionismo paralizzanti.

“Se verrà fatto un decreto per i precari staccato dal disegno di legge sulla Buona Scuola vorrà dire che abbiamo rinunciato a cambiare la scuola italiana”, ammonisce Mario Mauro, Presidente dei Popolari per l’Italia, intervenendo al convegno su “Scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria” organizzato dall’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, a Montecitorio. “Nel nostro Paese la scuola non statale è meno del 6 per cento dell’offerta didattica nazionale, a differenza di Spagna, Germania, Francia e Regno Unito, dove oscilla tra il 20 e il 30 per cento. Solo a quelle condizioni – ha affermato Mauro – il rapporto pubblico-privato diventa virtuoso, consentendo allo Stato risparmi significativi a fronte di un numero sufficiente di alunni nella scuola non statale. Fare il decreto per i precari e mettere le detrazioni in un disegno di legge limbo sarebbe un errore ed un inganno”.

Il cronoprogramma di Renzi prevede il primo “sì” delle Camere al ddl scuola entro il 10 maggio, prima del voto per le regionali. Un punto di arrivo significativo che le varie forze politiche potrebbero condividere con il premier in campagna elettorale, rinunciando a mettere i bastoni tra le ruote all’esecutivo.

Il tema-scuola ha oscurato in parte la complessa vicenda della banda ultralarga, per cui il Cdm non ha varato un testo ma ha semplicemente approvato un piano per garantire al 50 per cento (il ministro Guidi spera l’85) della popolazione una rete da 100 megabit al secondo. L’altro 50 per cento dovrebbe invece accontentarsi di una velocità da almeno 30 megabit. Tale piano risponderebbe ad indicazioni europee per cui dovrebbe essere realizzato entro il 2020. Le risorse pubbliche da investire nei prossimi cinque anni sarebbero 6 miliardi di euro che con l’aggiunta di quelle private arriverebbero a 12,5. In sostanza “la tecnologia la deciderà il mercato, non il governo”, sottolinea il ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, escludendo l’“imposizione” di qualsiasi standard.

Per quanto riguarda le riforme istituzionali, dopo il no degli azzurri alla Camera, si tornerà in Aula la prossima settimana per l’approvazione. Forza Italia ha annunciato che non diserterà i lavori, interrompendo di fatto l’Aventino, ma “visto che il patto è stato violato” – continuano a ripetere i forzisti – il no è scontato. “Presenteremo 20 ordini del giorno per spiegare quello che non va nelle riforme e come avremo voluto modificare il testo”, sottolinea Brunetta. Non si esclude la possibilità di confronto con le altre opposizioni, con l’obiettivo di formare un fronte comune.

Per ultimo, ma non perché sia il meno importante, il capitolo sulla Rai, e quindi la riforma del sistema pubblico radiotelevisivo per liberarlo dalle mani dei partiti. Slittato l’incontro tra Grillo e Renzi, i pentastellati propongono di percorrere “la via parlamentare” per tentare di raggiungere un’intesa. Il presidente del Consiglio, pur continuando ad auspicare il confronto, si dimostra comunque cauto: “Finora sono sempre stati loro a dirci di no e a chiudere la porta, – ricorda Renzi ai suoi – perciò non facciamoci troppe illusioni”. Ovviamente “se riuscissimo a fare un disegno di legge che cancella la Gasparri ed elimina i partiti dalla Rai, sarebbe un fatto importante”, aggiunge Matteo Renzi, che per ora non prevede nessun decreto sulla Rai ma auspica un percorso condiviso per ridefinire le coordinate del servizio pubblico radiotelevisivo.

La nuova idea di Rai dovrebbe essere l’oggetto di un disegno di legge condiviso: reti “tematizzate”, ognuna con una propria missione editoriale e non più generaliste e similari. È evidente l’aggancio al piano di revisione delle news lanciato dall’attuale direttore generale Luigi Gubitosi, che prevede l’accorpamento dei telegiornali e la strutturazione  di due grandi contenitori – Informazione 1 (Tg1, Tg2, Rai Parlamento) e Informazione 2 (Tg3, Rai News24, TGR) – per far fronte alle sovrapposizioni, di troupe e non solo, e favorendo in questo modo l’efficientamento e la razionalizzazione delle risorse produttive. Il piano Gubitosi prevede risparmi per oltre 70 milioni. Un primo orizzonte temporale per la riforma è giugno-luglio 2015 quando scadrà l’attuale Consiglio Rai.

Giustizia, fisco, scuola, tecnologia, costituzione, informazione: i pilastri di una società civile, e quindi di un Paese consapevole. Intanto l’impressione positiva che il nostro esecutivo sembra proiettare in Europa incoraggerebbe il sogno renziano di arrivare al 2018.

©Futuro Europa®

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