Un mare di morti

La norma ammette i respingimenti al Paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali fra Italia e paesi limitrofi. L’intenzione è far sì che le imbarcazioni che trasportano migranti non attracchino sulle coste italiane e che l’identificazione degli aventi diritto all’asilo politico e a prestazioni di cure mediche e assistenza avvenga direttamente in mare, sui natanti delle forze dell’ordine. Chi aiuta i migranti a entrare nel paese rischia l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reato punito con la reclusione fino a tre anni e con una multa fino a 15mila euro per ogni persona “favorita”. Questo è uno degli articoli della legge Bossi Fini per la migrazione. E’ davvero così fascista? Se l’avessero scritta i compagni avrebbe avuto migliore accoglienza? Ora è stata abolita, non c’è più il reato d’immigrazione.

Una legge definita razzista, Letta disse subito che voleva abolirla, la Ue chiese di rivederla. Una legge razzista? Forse. Ma è anche però certo che non basta una legge per affrontare la disperazione, non si aiuta la ricerca di una vita migliore con le carte, e quindi Bossi Fini o no la gente continua  a morire in modo atroce. Nessuno è innocente in questi casi; non si può saltare l’articolo, spegnere la tv: pensare a questi disperati morti in modo atroce, di freddo, di paura, di orrore, mi fa sentire meschina e indegna. Penso che la civiltà della nostra Nazione sia messa a dura prova da questi fatti.

Renzi ha dichiarato :Il problema non è Mare Nostrum o Triton, si può chiedere all’Europa di fare di più e domani lo farò, ma il punto politico è risolvere il problema in Libia, dove la situazione è fuori controllo. E sono d’accordo. Perché Mare Nostrum non aveva certo fermato l’esodo, anche se i mezzi a disposizione erano maggiori. Ma il problema più grande è a monte. Come poter interagire con un Paese come la Libia che è il punto di partenza maggiore di questi viaggi della speranza? Al momento ci sono ben due fazioni che si contendono la titolarità del governo centrale libico: da un lato l’esecutivo guidato dal premier Abdullah Al Thinni, espressione della Camera dei Rappresentanti (il Parlamento eletto a seguito delle elezioni dello scorso 25 giugno) recentemente trasferito da Tobruk ad Al Beyda; dall’altro il governo a maggioranza islamista guidato dal primo ministro Omar Al Hassi, retto dall’ex Congresso Generale Nazionale riunito a Tripoli.

Tra le loro squallide posizioni di potere ci sono centinaia di morti, migliaia di poveracci in fuga. E gli americani che hanno deciso di fare le valige: non sono sicuri da quelle parti, era meglio quando c’era ancora il loro storico nemico, il Colonnello. E’ incredibile come gli ultimi accadimenti facciano pensare che dittatori sanguinari e assoluti come lui possano essere rimpianti. Basta pensare che  la produzione dell’unica vera ricchezza di questo Paese, vale a dire il petrolio, è passata da 1,6 milioni di barili al giorno (oltre il 95% delle esportazioni, pari al 75% del bilancio dello Stato) a 350mila barili.

Ora, al di là del petrolio, del potere, della Nazione, ci sono tanti morti. La morte è democratica, non risparmia nessuno, colpisce allo stesso modo donne e bambini, vecchi e giovani. Ma non bastano più le laconiche dichiarazioni dell’UE, le piccole prese di posizione di gente che ha da salvare il mondo economico. Alla fine, quei corpi in fondo al mare sono danni collaterali. Bagaglio del fallimento dell’umanità che si vuole definire civile.

©Futuro Europa®

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Un mare di morti"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*