Cronache dai Palazzi

L’insediamento al Quirinale del nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è di certo l’evento dominante degli ultimi giorni. “Sarò arbitro imparziale ma giocatori aiutino”, ha esordito il capo dello Stato.

La politica deve riscoprire il “servizio al bene comune”: attraverso l’esempio politico della classe dirigente tutti gli italiani devono sentirsi davvero “parte di una comunità”. Sergio Mattarella non ha esposto un discorso programmatico perché un arbitro non gioca ma sorveglia affinché tutti i giocatori rispettino le regole, con onestà e responsabilità. “Parlare di “unità nazionale significa ridare al Paese un orizzonte di speranza”, ha spiegato il Capo dello Stato.

Occorre valorizzare le “forze vive” e le “formazioni sociali” necessarie a una “piena partecipazione alla vita pubblica”. In sostanza  occorre “ricostruire quei legami che tengono unita la società”. Un discorso conciso, frasi brevi e incisive ma cariche di significato. Tutto ciò che si chiede a un arbitro “garante della Costituzione”, al quale compete la “puntuale applicazione delle regole” ma i giocatori debbono fare la loro parte dimostrando “la loro correttezza”. In particolare sulle riforme istituzionali a un arbitro non spetta “entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento nella sua sovranità”. Ma l’auspicio del nuovo presidente della Repubblica è che “questo percorso sia portato a compimento, per rendere più adeguata la nostra democrazia”. Anche la riforma delle legge elettorale rappresenta una “priorità”. La Costituzione, invece, rimane il principale riferimento per tutti ma è possibile adeguarla ai nuovi bisogni del Paese, partendo da una nuova attualizzazione dell’articolo 3 per “riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro”. In sostanza per combattere la crisi occorre “confermare il patto costituzionale”.

Nel frattempo la locomotiva del premier Renzi continua la sua corsa, concentrandosi proprio sulle riforme e rifiutando ogni tipo di ricatto, sia da parte degli alleati di governo sia da parte degli avversari. Il ddl costituzionale riprenderà la discussione a Montecitorio a partire dal 10 febbraio e di seguito si procederà con l’Italicum – blindato da Renzi e Alfano – che secondo l’esecutivo “non si tocca”, anche se la riforma della legge elettorale attenderà almeno un mese per la prima lettura.

Riferendosi all’ex Cavaliere, Renzi afferma: “Berlusconi le riforme vuole farle o no? Deve decidere se sono cose buone per il Paese”. Altrimenti si faranno “comunque”. Anche a costo di esasperare le divisioni in casa dem, dove “se la minoranza non vota tradisce il mandato”, incalza il ministro Maria Elena Boschi.

In Forza Italia, divisa ormai in tre tronconi (berlusconiani, verdiniani e fittiani), si respira un clima da resa dei conti con Fitto che chiede l’azzeramento dei vertici. Berlusconi intanto sospende il Patto del Nazareno e diffonde un comunicato nel quale spiega che, dopo la decisione “unilaterale” di Renzi sull’elezione del capo dello Stato (decisione che avrebbe violato il senso delle intese siglate un anno fa),  il suo partito si sente libero di “valutare quanto proposto di volta in volta, senza alcun vincolo politico derivante dal Patto”. Una decisione ferma che dovrà essere confermata nell’ufficio di presidenza di FI che si riunirà il prossimo mercoledì, e che comunque non basta a calmare le acque in casa azzurra in cui è in corso una evidente revisione della leadership, a partire da Fitto che non accetta alcuna nuova proposta di incarico nel partito e si dichiara pronto a continuare la sua battaglia sul territorio. “Il Patto del Nazareno è stato un fallimento, ora nel partito si azzeri tutto”, ribadisce l’ex governatore pugliese.

In  realtà non è chiaro se il Patto del Nazareno sia rotto o semplicemente mortificato. Il leader azzurro per ora prende le distanze dagli accordi con Renzi e, di certo, non è intenzionato a incoraggiare la rottura all’interno del suo partito, tantoché alla richiesta di dimissioni di Brunetta risponde: “Non dobbiamo darla vinta a Fitto azzerando tutto”. La crisi all’interno di Forza Italia riecheggia inoltre in casa dem, crisi della quale i democratici sono convinti alla luce della loro ritrovata unità.

“Non è il Patto del Nazareno a essersi rotto, ma Forza Italia – ribadisce il ministro Boschi -. Il Patto prevedeva legge elettorale, nuovo Senato e riduzione dei poteri delle Regioni. Se loro hanno cambiato idea, ci dispiace, ma andremo avanti. Non aspettiamo le correnti del Pd, figuriamoci se possiamo aspettare che quelle di FI si mettano d’accordo”.

Al di là delle scaramucce resta comunque il fatto concreto dello scontro sulle riforme che si consuma dentro i partiti (Pd compreso), tra gli alleati e gli avversari. La sinistra Pd, per di più, non si fida dell’apparente rottura del Patto, e continua a chiedere di essere ascoltata sulla legge elettorale. “Spero che il Parlamento venga messo nella condizione di discutere, cambiando tutto quello che va cambiato a cominciare dai capilista bloccati”, esordisce Cuperlo. Alla luce della rottura del Patto, Rosy Bindi punta invece ad una riapertura del dialogo dentro il Pd, ma Boschi frena: “La legge ormai non si tocca più”.

L’esecutivo punta a chiudere la partita dell’Italicum nei tempi previsti, quindi niente dietrofront, in pratica senza tornare al Senato dove i numeri sono ballerini, nonostante Renzi diffonda la notizia della disintegrazione del gruppo dei forzisti a Palazzo Madama, forte di un Pd all’apparenza ricompattato, di una rinnovata alleanza con i ministri targati Ncd, che per il presidente del Consiglio “resteranno al loro posto” e, infine, della migrazione in casa di forze provenienti da Scelta civica. “Il grande progetto politico di Mario Monti ha avuto un gran senso”, ma ora “ha esaurito la sua funzione”, ha affermato il ministro Giannini a Trieste a margine della cerimonia di apertura dell’anno accademico.

“Consapevolezza e responsabilità” è la formula magica con la quale i renziani attirano i senatori più inquieti, facendoli capitolare nella rete del premier e perseguendo così, con sempre maggiore insistenza, l’“operazione 2018”. Si vocifera addirittura dell’avvicinamento ai democratici di una decina di senatori vicini a Denis Verdini.

Al Senato, infine, è in fermento l’intera Area popolare, che con i suoi 36 senatori è decisiva per reggere la maggioranza. Non mancano temi divisivi all’orizzonte: unioni civili, temi etici, Jobs Act e le Popolari che diventano Spa. Renzi “non può pensare di insistere con la politica del fatto compiuto” avverte Andrea Augello, che aggiunge: “Conosciamo la brutalità di Renzi con i suoi alleati, figuriamoci se ci si può meravigliare se usa questi toni con altri partiti. Quest’anno abbiamo governato bene insieme, ma da ora più niente è scontato”.

Il piano B dei “Responsabili” comunque resta, arricchito da nuove falde provenienti da Sel e da M5S soddisfatte dell’elezione di Mattarella e quindi eventualmente pronte a dare una mano alle riforme sostenute dall’esecutivo Renzi.

In questo frangente il mese di febbraio può essere destinato ad una sorta di stand-by politico, una tregua apparente favorita dall’elezione del nuovo capo dello Stato per permettere ai partiti di revisionarsi e alle riforme di condensarsi. “”Portiamo a casa le riforme, poi sceglieranno i cittadini”, è l’invito del premier espresso in un tweet. In sostanza “Gli italiani con il referendum avranno l’ultima parola. E vedremo se sceglieranno noi o chi non vuole cambiare mai”, ammonisce un Renzi in corsa, occupato a rimpolpare il forziere dei voti, in nome di una maggiore libertà e responsabilità dei parlamentari, con l’obiettivo di blindare la legislatura. “Ho sempre detto che voglio fare accordi con tutti e che non ci facciamo ricattare da nessuno”, ribadisce Matteo Renzi. Rispetto a Forza Italia “i numeri ci sono anche senza di loro” ammonisce il presidente del Consiglio, auspicando però che “dentro FI prevalgano buon senso e ragionevolezza”.

In definitiva, alla luce dell’euforia Mattarella, un valzer di interessi convergenti mischia partiti molto diversi tra loro, contaggiati dal renzismo. Più la legislatura è a rischio più i “soccorritori” aumentano.

©Futuro Europa®

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