La nostra terra (Film, 2014)

Da un po’ di tempo a questa parte proliferano i film sulla mafia – più o meno riusciti – che in ogni caso hanno il merito di ricostruire eventi da non dimenticare e di porre l’accento su una piaga storica della nostra società.

La nostra terra di Giulio Manfredonia è un film poco uniforme, scritto e sceneggiato dal regista insieme a Fabio Bonifacci, che si mantiene su binari accettabili fino a quando conserva un tono da commedia, ma perde credibilità quando affronta il lato serio del problema. Manfredonia non è un regista che fino a oggi ha girato capolavori, il suo maggior merito resta quello di essere nipote di Luigi Comencini, ma per il resto lo conosciamo soprattutto come collaboratore di Antonio Albanese. Tra l’altro Qualunquemente (2011) e Tutto tutto niente niente (2012) sono tra i peggiori e più irritanti film interpretati dal noto attore comico. Per fortuna questa volta il livello si alza e possiamo dire di trovarci di fronte all’opera migliore di Manfredonia.

In breve la storia. Stefano Accorsi diventa presidente di una cooperativa agricola pugliese insediata nelle terre sequestrate a un boss mafioso, secondo la legge 109, proposta da Pio La Torre (assassinato dalla mafia). Maria Rosaria Russo è la sua affascinante collaboratrice – ex donna di un boss – di cui finisce per innamorarsi. Sergio Rubini è l’uomo del mafioso, infiltrato nella cooperativa, che dopo aver ostacolato e danneggiato il lavoro dei compagni, si riabilita e veste panni dell’eroe. I personaggi che compongono la strampalata cooperativa sono descritti in maniera caricaturale, più da farsa che da commedia, ma molte battute strappano il sorriso. Ricordiamo gli scambi di insulti tra un nero e un paralitico, le allusioni su una coppia gay, le incomprensioni tra un’intellettuale (Forte) e il rozzo fattore (Rubini), la canagliesca simpatia di un ex ladro di paese e la follia di uno psicotico in riabilitazione.

Il film è girato con tecnica televisiva, fotografia anonima, riprese ordinarie – a parte un paio di piani sequenza e qualche soggettiva -, sceneggiatura lineare con diverse pecche a livello di credibilità. Sergio Rubini salva la commedia corale, perché interpreta con straordinaria bravura il ruolo del fattore, calandosi in una recitazione sopra le righe, in perfetto dialetto pugliese. Stefano Accorsi sfoggia sempre la solita espressione da pesce lesso e – forse in un ruolo poco congeniale – non ripete la bella prova fornita ne L’arbitro di Zucca. Maria Rosaria Russo è una bella presenza femminile, come attivista antimafia ed ex donna del boss, che divide la scena con la spiritosa Iaia Forte e una poco utilizzata Debora Caprioglio. La nostra terra è un film che si guarda con piacere, una fiaba surreale più che una commedia all’italiana. La seconda parte è ricca di incongruenze e di sequenze poco credibili, valga per tutte la scena del lancio di pomodori da parte di Accorsi all’indirizzo del boss sulla piazza del paese.

Quando Manfredonia abbandona il registro a lui più congeniale (la commedia leggera), finisce per girare una trama da fotoromanzo diretta a un pubblico televisivo. Al termine della visione resta il ricordo dell’epopea della legalità, il fascino della lotta per ottenere un risultato, la sensazione che l’unione fa la forza e che la mafia può essere sconfitta. Purtroppo resta anche l’idea di una sceneggiatura poco credibile e di una commedia grottesca che fatica a trasformarsi in cinema d’impegno civile. Ottima la colonna sonora di Mauro Pagani.

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Regia. Giulio Manfredonia. Soggetto e Sceneggiatura: Giulio Manfredonia, Fabio Bonifacci. Fotografia: Marcello Montarsi. Montaggio: Cecilia Zanuso, Roberto Martucci. Musiche: Mauro Pagani. Case di Produzione: Lumiere & Co, Rai Cinema. Distribuzione: Visionaria, Videa. Durata: 100’. Genere: Commedia. Interpreti: Stefano Accorsi, Sergio Rubini, Maria Rosaria Russo, Iaia Forte, Nicola Rignanese, Bebo Storti, Massimo Cagnina, Giovanni Calcagno, Giovanni Esposito, Silvio Laviano, Michel Leroy, Paolo De Vita, Debora Caprioglio, Tommaso Ragno.

©Futuro Europa®

 [NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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