Scompare Rosi, un pezzo di storia del cinema italiano

Francesco Rosi (Napoli, 15 novembre 1922 – Roma, 10 gennaio 2015) comincia da Radio Napoli durante la Seconda Guerra Mondiale, passa al teatro come assistente regista e attore, incontra il cinema nel 1947 e non lo abbandona più, firmando alcuni capolavori d’impegno civile. La terra trema (1947) di Luchino Visconti e Dove sta Zazà (1947) di Giorgio Simonelli sono i primi impegni da aiuto regista. Sceneggiatore di piccoli gioielli come Una domenica d’agosto (1948) – la prima commedia balneare – e Parigi è sempre Parigi (1951) di Luiciano Emmer e Bellissima (1951) di Luchino Visconti. Impara il mestiere di regista frequentando le straordinarie scuole di Matarazzo (Tormento, 1951 – Il tenente Giorgio, 1951), Antonioni (I vinti, 1952), Zampa (Processo alla città, 1952), Monicelli (Proibito, 1954). Debutta alla regia terminando Camicie rosse (1952), film abbandonato da Goffredo Alessandrini, aiuta Vittorio Gassman sul set di Kean (1957) e finalmente firma in proprio La sfida (1958).

Francesco Rosi è sempre stato un regista coerente, perché sin dal primo lavoro ha affrontato i problemi del nostro tempo per denunciare i mali della società contemporanea, siano malavita e mafia come classe politica corrotta. Rosi fa cinema impegnato socialmente ma non rinuncia mai allo spettacolo, siano intensi bianco e nero come opere a colori, quel che conta è il messaggio, certo, ma tenendo presente che stiamo facendo cinema. Ricordiamo Rosi alla guida di Alberto Sordi ne I magliari (1959), opera seconda, non ancora personale, ma che fa intravedere i numeri del grande regista. Salvatore Giuliano (1962) è un interessante film inchiesta (genere a lui congeniale) pensato per raccontare la vita del bandito siciliano. Il suo film migliore resta Le mani sulla città (1963), interpretato da Rod Steiger, che unisce l’elemento spettacolare a una vibrante e appassionata denuncia sociale, Leone d’Oro al Festival di Venezia.

Gian Maria Volonté è l’attore prediletto di Rosi, il suo feticcio, l’interprete simbolo di un cinema impegnato. Di minore importanza Il momento della verità (1965) e C’era una volta (1967) con Sophia Loren e Omar Sharif, quasi una parentesi alle tematiche sociali, che tornano alla ribalta negli anni Settanta. Uomini contro (1970) – apologo antibellico – e Il caso Mattei (1972) – indagine sulla morte del presidente ENI – sono due piccoli capolavori, così come Lucky Luciano (1973) ritorna ai tempi del film-inchiesta senza dimenticare la spettacolarità.

Film di successo anche Cadaveri eccellenti (1975), Cristo s’è fermato a Eboli (1978) – dal grande romanzo di Carlo Levi -, Tre fratelli (1981), Carmen (1984) e Cronaca di una morte annunciata (1987), un grande cast al servizio di un soggetto di Garcia Marquez. I suoi ultimi lavori, sempre interessanti e mai banali, sono Dimenticare Palermo (1989) e La tregua (1995), oltre a molte regie teatrali di Eduardo De Filippo.

Non si contano i premi ricevuti. Orso alla carriera a Berlino (2008) e Leone d’Oro alla carriera a Venezia (2012). Perdiamo una pietra miliare del nostro cinema.

©Futuro Europa®

 [NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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