Grandi manovre

In Italia piove, fiumi e laghi esondano, colline franano, l’economia non riprende, ma una parte della classe politica continua a fare quello che più la interessa e forse la diverte: guardarsi l’ombelico. Tutto quello che agita le acque della nostra politica, che provoca polemiche e furie, ha a che vedere con problemi della casta, in particolare l’elezione del Capo dello Stato e la legge elettorale. La prima, soprattutto, suscita grandi manovre.

La decisione di Napolitano di andarsene, se pur prevedibile e comprensibile, addolora chi ha a cuore  il Paese. Nessun presidente, dopo Einaudi, ha svolto le sue funzioni con tanta saggezza e tanto senso dello Stato e delle Istituzioni. Ha retto il timone in momenti difficilissimi, salvando l’Italia da avventure imprevedibili, quando per due volte ha praticamente obbligato i maggiori partiti a mettere da parte le faide,e accedere a due governi di coalizione (c’è da rabbrividire retrospettivamente a pensare come sarebbero andate le cose, quale deriva a sinistra avremmo avuta, se al Quirinale ci fossero stati Prodi o Rodotà). Mario Monti ha fermato l’Italia sull’orlo del precipizio finanziario, con medicine dure ma indispensabili. La cura ha accentuato la febbre (non l’ha provocata, perchè era già in atto, un po’ tappata dalle misure straordinarie di Berlusconi-Tremonti), ma ha evitato la morte del malato. Enrico Letta ha governato con dignità e buon senso, non ha fatto miracoli nè poteva farli. E’ stato messo da parte bruscamente, però era nell’ordine delle cose, perchè per uscire dal pantano occorreva uno scossone e Renzi lo ha dato. Vedremo se alla fine porterà a casa i risultati promessi.

Non credo che le ragioni di emergenza che portarono alla rielezione di Napolitano siano venute meno. Mi auguravo, personalmente, che decidesse di restare fino a che si formasse in Parlamento una maggioranza chiara e autonoma. Ma capisco la complicazione: una maggioranza del genere richiede nuove elezioni, che Napolitano non vuole convocare. Si sarebbe dovuto attendere il 2018, cioè una data che va molto al di là dell’orizzonte di un quasi novantenne. Mi domando ora se Napolitano non aspetterà comunque che la legge elettorale sia approvata, in modo da garantire che una maggioranza prima o poi ci sia. Credo sia il minimo che gli si possa chiedere. Se l’Italia ha un debito con Napolitano, Napolitano ha un debito con il Paese, che gli ha tributato nel tempo tutti i riconoscimenti e tutti gli onori che un uomo politico possa desiderare. Dopo di lui, c’è da sperare che il normale gioco politico non obblighi il Capo dello Stato a intervenire di nuovo.  Ed è legittimo pensare che Renzi, oggi protagonista della vicenda, preferisca un Capo dello Stato  rappresentativo ma più o meno incolore e che debba a lui l’elezione. Eppure è  importante che il nuovo Capo dello Stato abbia autorità e saggezza sufficienti a rappresentare davvero l’unità del Paese e il punto di riferimento ultimo, e non sia un Presidente puramente decorativo e notarile. Sotto questo riguardo,  I nomi che hanno cominciato a circolare non sono molto plausibili. Si dice che occorrerebbe una donna. Certo, sarebbe bello, ma l’essere donna non assicura in sé stesso il possesso delle qualità necessarie e tra le possibili candidate non vedo nessuna che possa riunire a priori i consensi sufficienti.

Per il bene comune, il futuro Presidente dovrebbe uscire da un accordo che superi  l’attuale maggioranza o almeno il PD (che i numeri li avrebbe, se non si tiene conto dei franchi tiratori, ma farebbe male a cercare di ripetere l’operazione del 2006, anche perché nel suo seno non c’è nessuna personalità del livello necessario e i due che esistevano sono stati bruciati nel 2013). Non mi illudo certo che possa realizzarsi un’elezione plebiscitaria, perché è difficile che Grillo stia al gioco e perché non c’è in Italia una figura veramente indiscutibile e al di sopra delle parti. Penso dunque che Matteo Renzi debba cercare – come ha fatto per le riforme –un’intesa con  Forza Italia. Ma su chi? Forse Giuliano Amato ha il profilo che serve, ma una parte del PD non lo accetta. Chi allora? Vedremo. Siamo appena all’inizio. Può darsi che Renzi riesca a tirar fuori un imprevisto coniglio dal cappello, come fece D’Alema con Ciampi (ma Ciampi… era Ciampi).

Quanto alla legge elettorale, molto si discute sulle modifiche concordate tra Renzi e Berlusconi.  Aver alzato al 40% la soglia per il premio di maggioranza non ne elimina il carattere anticostituzionale ma è comunque meglio del 35 o 37. Essendo probabile che nessuno raggiunga questa soglia al primo turno, si renderebbe inevitabile il ballottaggio che è la sola innovazione positiva del nuovo sistema. L’abbassamento al 3% della soglia di sbarramento non mi pare una grande idea, ma neppure una catastrofe.  faciliterà l’esistenza dei  partiti minori,cosa che sia Renzi che Berlusconi non volevano, ma non avrà necessariamente conseguenze sulla governabilità. Che quei partiti siano all’opposizione o entrino in una coalizione di governo, il loro potere di ricatto sarà nullo con una maggioranza solida e autosufficiente (per questo simpatizzo con l’attribuzione del premio a un partito, non a una coalizione: abbiamo visto i guai che creano le coalizioni messe in piedi a scopo unicamente elettorale). Infine, pare che il principio delle preferenze si stia facendo strada, sia pure lasciando intatta la posizione dei capilista. Era una richiesta  fortemente sostenuta da  Popolari e NCD ed è positivo che sia stata finalmente considerata. Vedremo ora se la digerirà Berlusconi.

E a proposito di Berlusconi e del Patto del Nazareno, sono abbastanza irritanti i maldipancia di una parte del PD. Concordare con la seconda forza del Paese le leggi basiche è un segno di democrazia matura e non di infantilismo politico. Bersani che dice che l’accordo ha fatto salire le azioni di Mediaset (e se del caso, che  male ci sarebbe?) è francamente patetico. Dobbiamo ricordargli che non ha vinto le elezioni, che ci ha fatto perdere tempo e faccia correndo appresso a Grillo, non è riuscito neppure a far eleggere Marini o Prodi al Quirinale e ha lasciato in disgrazia la segreteria del PD? Lui, come a suo tempo D’Alema, hanno avuto le loro opportunità e le hanno gettate via. Ora, per decenza, se ne stiano un po’ tranquilli!

©Futuro Europa®

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