Il Decreto sicurezza

Nel polverone sollevato dalle polemiche per il Decreto sicurezza, la cosa più decente da fare mi sembra mantenere la testa fredda e, se possibile, lucida, e andarsi a leggere il più accuratamente possibile il testo. Il  tono delle proteste dei vari Orlando e De Magistris è tale infatti da indurre a credere che si tratti di una legge di stampo quasi nazista, destinata a introdurre in Italia una specie di regime di polizia. Cosi però non è. La legge consta di varie parti, essendo, a mio avviso, le più importanti quelle dedicate alla sicurezza, alla lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo. Si può magari discutere sulla praticabilità di alcune misure, ma nell’insieme si tratta di norme dirette a rafforzare l’azione dello Stato nel combattere il crimine e quindi non credo che debbano essere realmente obiettate.

Il punctum dolens riguarda, chiaramente, la parte dedicata all’immigrazione. Su questo tema ci sono norme che indubbiamente induriscono il trattamento del fenomeno ma, a prima vista, non mi sembrano scandalose (per esempio quando si prevede espulsione o negazione di asilo, e persino ritiro di cittadinanza, per gli autori di delitti gravi).Francamente, credo che fossero idee da lungo tempo necessarie e invocate, per arginare il diffuso lassismo che ha provocato guasti. È chiaro che spetterà eventualmente alla Consulta pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di alcune specifiche previsioni. Nel frattempo, però, siamo di fronte a una legge approvata dal Parlamento e promulgata dal Capo dello Stato e quindi, puramente e semplicemente, va applicata se non si vuol sovvertire l’ordine istituzionale. Se alcuni Sindaci, anche di partito della maggioranza, hanno delle obiezioni o delle perplessità tecniche, hanno tutto il diritto di chiedere chiarimenti e di suggerire correzioni, e il Governo (in primis il Premier Conte) ha il dovere di ascoltarli. Ma dichiarare il rifiuto ad applicare la legge è semplicemente un atto di insurrezione, che non va tollerato.

Due considerazioni sul piano strettamente politico:  Salvini va avanti come un treno, realizzando passo a passo, da astuto politico qual è, alcune promesse elettorali e lo fa andando nel senso atteso e voluto da una buona parte dell’opinione pubblica, e ne trae un crescente successo di consensi e di immagine. La parte radicale della sinistra continua a errare quando sceglie di attaccare Lega e Governo su temi così sentiti e popolari. Chiusa dietro i suoi paraocchi ideologici, persiste nel fare il gioco della destra e col prolungare una traversata del deserto che si annuncia lunga e penosa, invece di battersi su fronti diversi, economici e sociali, aspettando al varco dei loro errori il Governo e la maggioranza.

Altro discorso merita il dissenso che serpeggia tra parlamentari e aderenti di 5Stelle. Per ora è un dissenso limitato, e Di Maio, afferrato alla continuità del governo, può ancora arginarlo usando la mano dura. Non è però detto che possa sempre riuscirci in futuro, se i motivi di attrito con l’alleato leghista verranno crescendo. Penso che un punto chiave sarà quello che farà il Presidente della Camera Fico. Non è un mistero che egli aveva lavorato per un’intesa con il PD, frustrata dall’insipienza renziana. Ma da allora non ha perso occasione per marcare posizioni diverse da quelle della dirigenza grillina. La mia impressione è che punti a sostituire a medio termine Di Maio e riportare il Movimento su posizioni distinte e magari opposte alla Lega, capendo che l’appiattimento su Salvini non può che scontentare buona parte del popolo grillino. Ma è un gioco difficile e non di breve respiro. Forse le Elezioni europee potranno contribuire a chiarirlo. Solo uno sviluppo di questo tipo potrebbe riportare il PD in gioco. Ma quale PD?

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