JEFTA, nuovo Trattato Europa-Giappone

Lo scorso 17 luglio è stato firmato a Tokyo dal Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, dal Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e dal Premier giapponese Shinzo Abe,  il JEFTA (Japan-EU Free Trade Agreement). Questo accordo di liberalizzazione economica tra Europa e Giappone, definito anche “Cars for cheese”, prevede la liberalizzazione del mercato automobilistico dal Giappone verso  l’Europa e per converso quello dei prodotti agroalimentari Ue verso il Paese del Sol Levante. L’armonizzazione delle normative previsto dal JEFTA metterà la UE nelle stesse condizioni di altre entità che hanno già stretto accordi in tal senso con Tokyo. L’attuale bilancia commerciale con il Giappone è positiva per l’Italia, che esporto per 6,6 miliardi di euro a fronte di importazioni per 4,2 miliardi. Con l’entrata in vigore del JEFTA verranno eliminati circa il 90% dei dazi (soprattutto su molti formaggi, carni suine, pasta, passata di pomodoro, vini) che pagano ogni anno le imprese europee che esportano in Giappone. Nello specifico l’esenzione completa riguarda la carne suina trasformata, mentre per la fresca i tributi sono quasi zero. I dazi sulle carni bovine saranno ridotti dal 38,5% al 9% nei prossimi 15 anni. Saranno inoltre soppressi, da entrambe le parti, i dazi sulla pesca ed armonizzate una serie di norme che ostacolano l’export.

Le perplessità riguardo al JEFTA non sono poche, d’altronde i negoziati si sono svolti, come di consueto in questi casi, pratica che andrebbe abolita e che è già stata nel mirino dell’Ombudsman Europeo, in totale segretezza. Una volta resi noti gli accordi, dopo appena quattro giorni, il Ministro per lo Sviluppo Economico Di Maio li ha firmati, senza nessuna discussione in aula, ed ha dato il via alla firma finale a Tokyo. Dopo la guerra dichiarata da Di Maio al CETA, le perplessità del Ministro dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio, che ammette candidamente di dover studiare il dossier, malgrado l’ampia discussione ine merito ed il fatto che questo è in vigore da un anno. Ma appare inspiegabile la forte opposizione ad un trattato che è stato approvato ed ampiamente lodato da tutto il mondo produttivo, mentre ben diverso è l’approccio al JEFTA. Questo trattato è molto più importante come cifre e con tanti punti oscuri.

In merito Tiziana Beghin, responsabile del commercio internazionale per il M5s al Parlamento europeo, cercando di chiarire le diverse posizioni del partito al governo rispetto CETA e JEFTA, ha cercato di giustificare il tutto rimarcando come il Canada esporti, al contrario del Giappone, molti prodotti alimentari. In realtà la posizione pentastellata espressa dalla Beghin è fortemente lacunosa. Il CETA introduce la tutela del Made in Italy per 41 prodotti che rappresentano il 90% del nostro export, e sottomette la qualità dei prodotti canadesi alla normativa comunitaria. Gli ipotizzati possibili pericoli futuri si scontrano con quella che è la realtà attuale del CETA, mentre il Giappone è il paese con maggior numero di colture Ogm approvate per alimenti umani e animali ed in cui la soglia per la presenza accidentale di organismi geneticamente mutati è pari al 5%, mentre in Europa il limite è dello 0,9%. In merito agli OGM, nelle norme del JEFTA si trova un sibillino “il riferimento a norme internazionali renderà più facile e meno oneroso il rispetto delle norme giapponesi in materia di etichettatura”.

Rimane alla UE l’arma delle misure preventive in caso di pericolo per l’ambiente ed i cittadini come affermato da fonti della Commissione: “Prove preliminari obiettive secondo cui esistono fondati motivi di temere possibili effetti nocivi sull’ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma vi è incertezza scientifica in merito. L’accordo non renderà meno stringenti le norme di sicurezza né richiederà alle parti di modificare le proprie scelte di politica interna su questioni quali l’uso di ormoni o di organismi geneticamente modificati”. Ma con buona pace della Beghin e del Ministro Di Maio, le perplessità non finiscono qui, malgrado il valore del trattato sia molto più alto del CETA, i prodotti tutelati saranno solo 45 sui centinaia proposti, nella lista troviamo Aceto Balsamico di Modena, Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, Asiago, Bresaola della Valtellina, Fontina, Gorgonzola, Grana Padano, Mela Alto Adige (Sudtirol Apfel), Mortadella di Bologna, Mozzarella di Bufala Campana, Parmigiano Reggiano, Pecorino Romano, Pecorino Toscano, Prosciutto di Parma, Prosciutto di San Daniele, Prosciutto Toscano, Provolone Valpadana, Taleggio, Zampone Modena. Ma vasta zona d’ombra è lasciata alle denominazioni generiche, se viene tutelata la Mortadella di Bologna, questa garanzia non viene estesa alla denominazione Mortadella, potremmo benissimo e legalmente trovare una Mortadella di Tokyo sugli scaffali, a fianco del parmesan ovviamente”. 

Il CETA avversato dal governo ha visto nel 2018 calare l’import del 34% contro un incremento dell’export del 4,1%, con il JEFTA ci si può aspettare un incremento del wine export che vede l’Italia solo terza dopo Australia e Cile che hanno già stretto accordi di libero scambio con il paese del Sol Levante. Non bastasse tutto questo, anche su ambiente e diritti dei lavoratori i punti sono rimasti in sospeso, giova ricordare come non ci siano impegni vincolanti in tal senso, e come il Giappone non abbia mai firmato due delle otto convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. A giustificazione della diversa attenzione posta al CETA ed al JEFTA, il Ministro Di Maio ha dichiarato: “Sia noi che la Spagna, insieme alla firma, stiamo inviando delle osservazioni con condizioni precise che riguardano agricoltura, piccole imprese e una serie di interventi necessari”. Probabilmente il nostro vice-premier, che contrariamente alle consuetudini passate, ha proceduto alla firma senza neppure convocare il Tavolo istituzionale di confronto sui negoziati commerciali con cui il MISE riunisce insieme categorie, sindacati e società civile. Si vede che il Ministro Luigi Di Maio non è ancora ben dentro i meccanismi giuridici, altrimenti saprebbe che l’accordo non è emendabile e tutte le raccomandazioni accluse alla firma, sono totalmente prive di effetti pratici in quanto non applicabili essendo fuori dal testo legale del trattato.

Altra mancanza nel JEFTA sono gli investimenti, più che di dimenticanza, è stata un’astuta mossa strategica. A differenza del CETA, la mancanza del capitolo in questione fa venire meno l’istituzione di ISDS INVESTOR, il meccanismo di risoluzione delle controversie. Questo evita la necessità di far passare il trattato nei vari parlamenti nazionali, rendendo sufficiente il solo placet del Parlamento Europeo. Ma i parlamenti nazionali vengono esautorati anche per quanto attiene i prossimi passi. L’armonizzazione delle normative avverrà su dieci tavoli di dialogo (articolo 22.3) tra i regolatori dell’UE e del Giappone su questioni che riguardano le competenze nazionali: appalti pubblici, agricoltura, sicurezza alimentare, servizi, investimenti, commercio elettronico. Mentre per la sicurezza alimentare il Codex Alimentarius diventa riferimento unico, esattamente come è successo per il CETA e per il TTIP, nonostante i suoi standard siano molto spesso meno stringenti di quelli indicati dall’EFSA, l’agenzia europea di sicurezza alimentare.

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