Paola Profeta (UniBocconi): statistica, quote rosa ed eccellenze

Nata a Milano nel 1972, laureata in Discipline Economiche e Sociali presso l’Università Bocconi nel 1995, ha ottenuto il PhD in Economics presso la Università Pompeu Fabra di Barcellona nel 2000. Ha inoltre svolto periodi di studio e ricerca presso la Columbia University di New York e la Université Catholique de Louvain in Belgio. Stiamo parlando della prof.ssa Paola Profeta, attualmente professore associato di Scienza delle finanze all’Università Bocconi di Milano (dal 2005)e coordinatrice della Dondena Gender Initiative del Centro Dondena per le Dinamiche Sociali e le Politiche Pubbliche dell’Università Bocconi. E’ Research Affiliate del CESifo di Monaco e del Child. Fa parte del comitato editoriale delle riviste CESifo Economic Studies e European Journal of Political Economy. Dal 2007 collabora con Il Sole 24 Ore, per il quale è esperta di temi di economia di genere e di promozione della partecipazione delle donne nell’economia e nella società. Sui temi del lavoro femminile è intervenuta in numerosi eventi organizzati da istituzioni, centri di ricerca, media. In precedenza è stata ricercatrice di scienza delle finanze all’Università degli Studi di Pavia e docente all’Università Pompeu Fabra di Barcellona. I suoi interessi di ricerca si rivolgono all’economia pubblica, ai sistemi di welfare (soprattutto pensioni e istruzione), all’economia di genere, alla political economics e all’analisi di sistemi di tassazione comparati. E’ autrice di numerose pubblicazioni. In particolare, ha pubblicato in diverse riviste internazionali di prestigio, tra cui Journal of the European Economic Association, Journal of Public Economics, Economic Journal, Oxford Economic Papers, Economic Policy, International Tax and Public Finance, European Journal of Political Economy, Public Choice. Ha inoltre curato per Routledge una serie di volumi sui sistemi fiscali in diverse aree del mondo. E’ sposata e mamma di due bambine, nate nel Gennaio 2001 e Febbraio 2008.

Lei è una esperta di statistica, tra le altre peculiarità. Quando una statistica si può definire affidabile, nel senso, quale massa di campione deve avere la base su cui si opera l’indagine?

Non c’è un numero predefinito di soggetti, dipende da cosa si vuole misurare e dal contesto. Se osserviamo un universo grande serve un campione di ampie dimensioni, se invece l’universo è piccolo, basta un numero limitato di campioni. Non esiste una regola unica in questo campo. Se i dati provengono da fonti ufficiali, come Istat ed Eurostat, i dati sono generalmente attendibili; se vengono da origini non ufficiali, allora lì non vi sono certezze.

Quanto influisce il fattore umano, scelta dei campioni ed interpretazione dei dati, sul risultato della statistica?

Questo è importante, le statistiche, sempre che siano ufficiali ed attendibili, danno semplicemente una descrizione dei fenomeni, una rappresentazione della realtà. Il passaggio successivo è far parlare questi dati, interpretarli e spiegarli, a quel punto si crea l’aspetto un poco più problematico. E’ necessario un approccio ‘scientifico’ da parte del ricercatore, perché persone diverse potrebbero interpretare gli stessi dati in maniera diversa. Serve quindi un metodo scientifico, come in altre discipline, per arrivare ad avere un risultato che sia rigoroso in modo che non ci siano interpretazioni diverse rispetto gli stessi fenomeni. E’ che trattandosi di scienze umane, vicine al sociale ed alla realtà, molti si improvvisano ed a partire da un dato, tante persone li interpretano in maniera personale basandosi sulle proprie idee ed esperienze, senza usare un metodo rigoroso e consapevole.

Lei si occupa anche di problematiche afferenti il lavoro femminile e nel Convegno di Nomisma dove era panelist si affrontava il problema delle quote rosa, ed in particolare della legge Cosmo-Golfo. Nel 2017 esiste ancora un ‘problema donna nel lavoro’ ed in caso affermativo tutto questo non è sconsolante?

E’ uscito proprio qualche giorno fa, per il World Economic Forum, l’annuale Global Gender Gap Report che è il rapporto più attendibile su differenze e diseguaglianze tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Le notizie non sono per niente buone riguardo il nostro paese, l’Italia risulta al 118° posto su 144 paesi nella classifica del settore economia e siamo calati anche sul versante della politica. Sul fronte del lavoro abbiamo il peggior risultato al 2006, la parità è ancora lontana e stiamo facendo pochi progressi. Questo report raccoglie tutti i dati riguardanti l’intero percorso lavorativo della donna nel mondo del lavoro, dall’accesso alla carriera. In Italia abbiamo un tasso di occupazione femminile molto basso che è fermo al 47% da oramai 10 anni. Il sistema delle quote si utilizza quando si vuole promuovere la parità nelle posizioni apicali, come con la legge Golfo-Mosca sui CdA. Dal punto di vista della rappresentanza nelle posizioni di vertice in effetti è servito, il nostro paese risulta proprio quello che in questo campo ha fatto più progressi; è vero che partivamo da così in basso che era difficile fare peggio, ma pur in ottemperanza agli obblighi di legge siamo passati dal 7 al 30%. Questo strumento non può ovviamente risolvere tutti i problemi atavici del nostro paese in tema di disuguaglianze di genere che si fondano anche su una cultura molto maschilista.

Provocatoriamente, la Golfo-Mosca ha inserito le donne nei CdA, ma questo non si è tradotto parimenti in una maggiore presenza nei ‘posti che contano’, Amministratore Delegato, Direttori, deleghe importanti. Può essere stato una specie di ‘contentino’ per tacitare senza cambiare?

La legge riguarda solo i CdA e non poteva essere diverso, la sfida era quella di vedere se a cascata potesse ricadere sui ruoli direttiv.  Cosa che finora non sappiamo.  sono processi lenti e ci vuole del tempo per vederne gli effetti.

Esiste il pericolo che la Golfo-Mosca funzioni come gli incentivi alle auto, ‘drogando’ il sistema e regredendo quando il processo esaurisce i propri effetti?

Questo lo vedremo, la legge è temporanea, sarà in vigore ancora per qualche anno poi tireremo le somme.  Spero che il risultato si consolidi visto che in questo caso l’obiettivo è di arrivare ad un equilibrio tra uomini e donne. L’obbligo non piace mai a nessuno, ma era un sistema per sbloccare un sistema inchiodato.

Quando scoppiò la crisi del 2009 si notò che colpì massimamente l’occupazione maschile, lasciando stabile quella femminile. Ora è noto che questo accadde perché fu colpito il settore manifatturiero molto di più di quello dei servizi, ma questo può fornirci motivi di riflessione?

E’ vero, ma dobbiamo considerare che l’occupazione femminile è bassissima, rimanendo storicamente sotto il 50%, il fatto che sia rimasta stabile non è che sia poi così positivo. Quella maschile è proprio crollata, ma i margini sono molto diversi. Se guardiamo i lavori a tempo determinato ed il precariato, l’occupazione femminile Soffre di più di quella maschile.

Fra i problemi della donna nel mondo del lavoro ci sono sicuramente i compiti da ‘casalinga’, il tema della Worklife Balance che già affrontai con la dott.ssa Zanarini, quindi tutta una serie di facilities come la realizzazione di asili limitrofi al posto di lavoro, il semplice acquisto di frigoriferi ove farsi portare la spesa ed evitare di doverlo fare prima di tornare a casa, potrebbero incrementare le possibilità del lavoro femminile?

Sicuramente, piccole cose pratiche che portano grandi benefici. Ci vuole un poco di volontà da parte di tutti gli attori, dal punto di vista sistemico è sempre stato un rimbalzarsi tra il pubblico ed il privato. Entrambi gli attori vorrebbero che i costi fosse a carico dell’altro e quindi si crea un collo di bottiglia. Quello che facciamo anche come centri di ricerca è dimostrare che questi costi sono in realtà investimenti portando una maggiore soddisfazione del lavoro che ne accresce la produttività. Le aziende dovrebbero capire questo aspetto, ma è molto difficile, anche per via del dimensionamento piccolo e medio-piccolo delle imprese italiane.

L’altra sua specializzazione è sul fronte pensionistico, cosa ne pensa della rigidità e dell’automatismo che alza l’età del pensionamento dell’attuale sistema?

Il sistema è in equilibrio solo se l’età del pensionamento si adegua alle aspettative di vita, perché ci portiamo dietro dal passato il peso di un costo del sistema pensionistico molto gravoso e perché  il nostro è un paese che sta invecchiando molto,  siamo al top con il Giappone. L’adeguamento dell’età di pensionamento all’innalzamento della speranza di vita è importante per sostenre il sistema pensionistico a ripartizione che abbiamo. Poi se si vogliono studiare modi di anticipare con delle riduzioni o altre tipologie come l’APE va bene,un po’ di flessibilità può essere necessaria, ma il principio dell’adeguamento è corretto.

Le quote rosa e sistemi simili, come anche quello in India per inserirle nella politica che conta, agiscono tutti sui vertici, ma non le pare manchi una tutela in basso, nella vita di tutti i giorni, che tuteli la donna dalla violenza come dallo stalkeraggio? La legge esiste, ma le protezioni appaiono quanto mai inefficaci in via preventiva?

La radice comune di tutti questi fenomeni è culturale, andrebbe fatto un lavoro che però richiede molto tempo. Perlomeno se gli incentivi al lavoro femminile sono molto pochi, quelli ai centri di ascolto, a quelli di aiuto per le donne esistono. Resta il fatto che in Italia abbiamo un retroterra culturale molto, molto arretrato in questo campo.

Lei ha conseguito un Phd all’Università della Catalogna, tema al centro delle tematiche europee al momento, cosa pensa della politica Europea e dei possibili correttivi che si potrebbero introdurre?

La situazione della Catalogna è sicuramente particolare ed è stata sicuramente molto mal gestita, ma altrettanto certo è che si dovrebbe ripensare la politica europea per aumentare l’inclusione.  Molti ritengono che questi avvenimenti accadano nei periodi bui, perché in fondo a questi movimenti in uscita esiste sempre una componente economica. In questi momenti trovano terreno fertile i populismi e le spinte indipendentiste, appunto alla radice c’è un tema economico e questo dovrebbe far riflettere. Manca al momento un’attrezzatura che possa funzionare in questi frangenti e superare i momenti di crisi, cosa che finora non si è verificata.

Ho letto, se ho interpretato correttamente, che ritiene siamo in un periodo dove emergono le eccellenze, sinceramente io sono più concorde con la linea che vede il prevalere della mediocrazia, il filone per cui si cerca di non scontentare nessuno. Mi pare si notino le eccellenze perché sono poche.

Dipende dal contesto, sicuramente va aiutata la meritocrazia, inoltre in questo periodo l’idea è che rimanere nelle retrovie, nel mezzo senza prendere posizioni chiare è meglio. Io penso esistano tante eccellenze, ma risulta molto difficile farle venire fuori, è molto difficoltoso emergere.

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