L’indesiderabile [2]

La mia nota su Berlusconi indesiderabile in Ucraina mi ha valso qualche accorata protesta da parte di vari amici berlusconiani (è incredibile, ma ce ne sono ancora, anche se fanno pensare sempre di più al soldatino giapponese che continuava a combattere la sua guerra da solo nella giungla dopo la resa). Con maggiore o minore cortesia, tutti dicono la stessa cosa: se tutti cercano di trattare con Putin sul Medio Oriente, perché non può farlo l’ex-Cavaliere? Questi, anzi, sta dimostrando ancora una volta il suo proverbiale fiuto anticipando i tempi di quello che sarà probabilmente un accordo tra Occidente e Russia per combattere insieme la jihad islamica. A me, confesso che fa un po’ sorridere questa fatale attrazione che la destra italiana prova per il vecchio ufficiale del KGB, esponente di uno dei più biechi aspetti del sistema comunista-sovietico e oggi del rinnovato espansionismo russo, esecrando invece conservatori puri e duri come la Merkel. Ma lasciamo stare.

Che sul Medio Oriente e il terrorismo occorra discutere con la Russia, non ci vuole nessun fiuto speciale a capirlo. Obama lo ripete senza posa, si incontra con Putin, i rispettivi Ministri degli Esteri si parlano in continuazione, la Merkel e Hollande lo sanno bene, Renzi stesso e la Mogherini sono andati a Mosca. Un accordo è difficile a causa delle posizioni divergenti su Assad, ma non è affatto da escludere che una qualche collaborazione pragmatica e magari non confessata alla fine si realizzi. Agli amici berlusconiani sfugge però un particolare che fa tutta la differenza e motiva l’indegnità del gesto dell’ex-Cavaliere: lui non è andato solo a Mosca, è andato, con Putin, in Crimea, luogo in cui si è perpetrato un atto di aperta illegalità internazionale non ancora rimarginato. Avallandolo con l’autorità che ancora gli resta (pochina, in verità) e magari – se Putin è tanto sprovveduto da dargli credito – incoraggiandolo a pensare di poterla fare franca anche con il resto dell’Ucraina. Ora, su un punto mi pare si debba essere chiari: combattere l’IS è interesse tanto russo quanto nostro. La Russia non lo fa per i nostri begli occhi, ma per difendere il suo alleato Assad e soprattutto sé stessa e i propri interessi. Lo farebbe anche se, per ipotesi, l’Occidente se ne stesse in platea osservando e contando i punti. Se è giusto ricercare tutte le possibili forme di cooperazione, anche per non spararsi addosso gli uni con gli altri, sarebbe perciò sbagliato pagare per l’apporto russo un prezzo esagerato, quale sarebbe abbandonare a Mosca l’Ucraina e poi i Paesi dell’Est ora membri dell’UE e della NATO.  Questo, anche un tipo senza principi come Berlusconi dovrebbe capirlo.

Putin ci sta dando dentro con la consueta decisione, nell’intento di  salvare il pericolante regime di Assad, o almeno aprirgli un corridoio di fuga verso la costa mediterranea. Si muovono con pesantezza anche gli iraniani, nell’intento di impedire il trionfo del fanatismo sunnita a danno degli sciiti. Un articolo di Franco Venturini sul Corriere espone lucidamente tutti i problemi e i rischi che la Russia incontrerà intervenendo in una scacchiera così complessa. Resta da sperare che Obama e Putin, non essendo nessuno dei due un ingenuo o un velleitario, alla fine trovino il modo per intendersi su una condotta in due fasi: eliminazione dell’IS e soluzione politica di transizione per la Siria che salvaguardi gli interessi di tutti. Facile? No. Necessario?

AI miei amici berlusconiani è spiaciuto anche il mio accenno alla irrilevanza dell’ex-Cavaliere nelle vicende italiane. Capisco il loro dispiacere, ma come negare l’evidenza? Andiamo indietro. Dopo le elezioni del 2013, Berlusconi prese una decisione saggia: sostenere il governo delle larghe intese. Ciò gli permise, pur le elezioni non avendole vinte, di rientrare nel gioco in modo autorevole, grazie al poi detestato Presidente Napolitano. Poi, per un capriccio del tutto personale, tentò di far saltare il governo Letta. Letta sopravvisse e lui riuscì solo a spaccare il suo partito e indirettamente a far da levatore all’arrivo di Renzi sulla scena. Poi fece un nuovo gesto responsabile, accordandosi con il PD per le riforme istituzionali e la legge elettorale. Non partecipava così al governo, ma si era seduto al tavolo importantissimo destinato a rifare l’architettura istituzionale del Paese. Poi, sempre per un capriccio, ha cercato di far saltare anche quel tavolo. Con il risultato di produttore  un’ulteriore dispora, quella dei verdiniani, e di aver lasciato tutto il gioco nelle mani del PD. Come capolavoro d’insipienza, non c’è male! Quanto ai verdiniani, quali che siano le ragioni della loro scelta, come dare loro torto sulla sostanza? Ma come, dicono loro, tutte le riforme le abbiamo votate, per due volte, con che faccia oggi le rinneghiamo dichiarandole antidemocratiche? (E, tra parentesi, con che faccia blatera di pericolo per la democrazia l’ineffabile Calderoli, autore della peggior e più antidemocratica legge elettorale della nostra storia?). Lasciamo stare anche i nuvoloni che si addensano sull’ex-Cavaliere per il processo Ruby-ter, in cui comincia ad apparire senza troppe incertezze che ha pagato e subornato testimoni. Lasciamo stare. La Giustizia farà il suo corso, spero sereno e veritiero.

I risultati di questa condotta erratica si vedono puntualmente nei sondaggi. L’ultimo, pubblicato dal Corriere della Sera, dà FI al 12%, superata dalla Lega salviniana. Il PD è al primo posto, con il 32%, seguito da 5Stelle al 27% (cioè più del doppio di tutta la destra messa insieme). Quanto a popolarità personale, Renzi è tornato al 37%, risalendo di 5 punti, lo seguono Salvini, la Meloni e Di Maio. Berlusconi viene dietro, e poi vengono Vendola e Alfano, con numeri alquanto modesti.  Non sono dati inspiegabili: un terzo del Paese comprende e apprezza quello che sta cercando di fare il Governo e pare cominci a vederne qualche risultato; Renzi “vale” più del suo partito, perché  nel suo partito ci sono alcuni dinosauri che fanno la fronda, e lui recupera nell’area di centro; i 5 Stelle sono tornati a crescere in funzione di vari fattori: il relativo oscuramento di Grillo di fronte all’emergere di Di Maio, che appare persona ragionevole, garbata e, nell’insieme, affidabile, ma anche per il contraccolpo della crisi romana, in cui i 5 Stelle sono apparsi come i soli “puri”. Va da sé che il sorpasso dei grillini e della Lega rispetto a FI non è una buona notizia. Specie se porterà Berlusconi, nel disperato tentativo di restare a galla, ad accodarsi al populismo più sfrenato.

La conclusione da trarre da questi sondaggi è che, se si votasse oggi, al ballottaggio andrebbero il PD e i 5 Stelle, il centro-destra sarebbe irrilevante e dovremmo mettere ceri perché non vinca Grillo. C’é solo da sperare che le elezioni non siano per oggi o per domani . Nel frattempo molta acqua scorrerá sotto i ponti e speriamo che il centro-destra trovi la strada di una vera e ampia  unione con un leader finalmente accettabile e scelto con metodi democratici. Non un autocrata invecchiato  o un dinosauro del peggiore razzismo antieuropeo.

.©Futuro Europa®

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