
Anchorage, tanto fumo e niente arrosto?
Tra i tanti vertici delle due superpotenze nucleari, quello di Anchorage certamente lascerà la traccia come il più indecifrabile. Lo è stato fin dalle premesse: Trump col suo erratico atteggiamento, inizialmente ha dato credito all’autorevolezza che Putin gli aveva riservato come interlocutore facendo temere un’intesa a spese dell’Ucraina e dell’Europa. Vedendo la compattezza europea e la risolutezza della NATO a non cedere alla minaccia russa, aveva annunziato quale condizione per impostare un dialogo con Mosca la immediata sospensione degli attacchi contro l’Ucraina.
Poi, nell’incontro di Ferragosto, le cose non si sono svolte secondo le premesse. Trump fin dalla stretta di mano iniziale ha ceduto al fascino dell’uomo forte cui ha tributato pure un applauso mentre scendeva dalla scaletta dell’aereo e alla fine ha dato a intendere che è necessario parlare con Zelensky per convincerlo a ridimensionare le sue aspettative e a cessare il fuoco.
Una conferenza stampa congiunta finale – che in condizioni normali avrebbe significato una concreta comunanza di vedute – ha solo alimentato ancora più dubbi e interrogativi. Accanto al clima amichevole con cui i due si sono e rivolti l’uno all’altro e la sorprendente decisione di fare esordire l’ospite davanti alla stampa per illustrare da protagonista l’esito dell’incontro, rimangono alcune vaghe intenzioni.
Tra esse quella di continuare il dialogo approfondendolo per eliminare i rimanenti disaccordi (quali?) al fine di spianare la strada per un’intesa che assicuri la pace. Trump ha anche detto che “c’è un’altra grande cosa” (quale?) che ha impedito l’accordo. Qualche chiarimento potrà giungere a breve poiché Zelensky è stato “convocato” alla Casa Bianca.
Ma la realtà è che il quadro è estremamente complesso: da anni l’impianto di sicurezza europeo e atlantico è oggetto di attenzione, poiché l’ormai cinquantennale Accordo di Helsinki necessita una revisione alle fondamenta. Quello che fu il patto di allora – garanzia dei confini ad ovest in cambio di rispetto dei diritti umani ad est – ha segnato un tempo che non è più l’attuale.
Se l’idea è quella di unire la comunità atlantica a un tavolo con la Russia che dia la certezza di un quadro di sicurezza cooperativo in cui nessuno neppure esprima l’intenzione di aggredire un altro Stato, è chiaro che si potranno disinnescare anche altri potenziali punti di crisi (Moldavia, Transnistria, Kaliningrad e chissà forse anche, Kosovo). Ma a Washington sarà necessario dimostrare una lucidità e una risolutezza che finora non abbiamo visto. Proprio all’Europa Trump dovrà dare assolutamente ascolto, altrimenti (come fu nel 2018 l’incontro con il dittatore nordcoreano Kim), l’incontro in Alaska si trasformerà di nuovo in una occasione per i despoti di accrescere le proprie ambizioni di potenza a scapito di qualunque vicino.
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