Tassa su internet, in Ungheria è scontro

Si può tassare un bene gratuito e democratico per definizione? Da un punto di vista etico la risposta a questa domanda sarebbe sicuramente negativa, eppure il governo ungherese starebbe pensando d’introdurre una tassa sull’uso di internet.

La proposta choc è stata formulata dal premier Viktor Orbàn, che non sembra affatto intenzionato ad arretrare malgrado le recenti mobilitazioni del popolo del web. In particolare, l’odiato orpello è stato inserito all’interno della bozza di legge finanziaria per il 2015 e ammonta a circa 150 fiorini (equivalenti a 50 centesimi di euro) per ogni gigabyte di traffico. Il Governo ha giustificato il provvedimento con la necessità di ridurre il debito pubblico nazionale. Grazie alla tassa su internet si prevedono entrate per 65 milioni di euro.

Nonostante le presunte buone intenzioni del premier, gli utenti si sono da subito opposti temendo che la misura possa avere un effetto controproducente, limitando la libertà di espressione della rete. Oltre alle numerose proteste in piazza (l’ultima tra domenica 26 e lunedì 27 ottobre, con 10mila manifestanti), su Facebook è nato un gruppo dedicato che in pochi ore dalla sua apertura ha già raccolto oltre duecentomila sostenitori.

Il simbolo della protesta sono gli schermi illuminati degli smartphone rivolti al cielo, una scia di migliaia di luci che sfilano tra le vie di Budapest e che hanno già fatto il giro del mondo. Di fronte al rifiuto degli utenti, il Governo si è limitato a parlare di segno di “isterìa” delle folle, modificando solo in parte la legge con l’aggiunta di un tetto di spesa massima (2,30 euro per i privati e 16 euro per le imprese).

Il timore è che, per far quadrare i bilanci, la misura venga adottata anche in altri Paesi. Se venisse approvata, l’imposta su internet rappresenterebbe una novità assoluta per l’Unione Europea. Sul tema anche la Commissione ha espresso un duro parere, affermando che la misura è del tutto inaccettabile e incompatibile con i valori e le norme alla base dei trattati costitutivi, un precedente che secondo Neelie Kroes mette seriamente a rischio la libertà dei cittadini europei.

©Futuro Europa®

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