Expo, corsa contro il tempo

C’era una volta EXPO, l’Esposizione Universale che avrebbe garantito il rilancio dell’Italia dopo anni di crisi. C’era una volta l’evento che avrebbe dovuto dimostrare che il nostro Paese era e sarebbe stato in grado di farcela, di poter stupire il mondo. E in effetti fino ad ora siamo riusciti a stupire il mondo, non per la straordinaria capacità di organizzazione, ma per il consueto malcostume italiano.

L’immagine oggi di Expo fa male, fa male al paese e agli italiani, fa male perché i ritardi sono atroci, le indagini per corruzione infinite e il tempo rimasto è poco. Ma alla fine ce la faremo, certo tirati come sempre e con sicuri strascichi post-esposizione, giudiziari e non. Che l’evento sia partito con il piede sbagliato lo si è visto fin da subito. I due anni di litigi sui terreni del sito hanno mostrato i primi limiti di una burocrazia e di un campanilismo tipici della peggior amministrazione italica.

Però, a due anni dall’inizio dei lavori (2012), ci troviamo a sei mesi dall’inaugurazione dell’Esposizione Universale (1 Maggio 2015) con una situazione tutt’altro che rilassante. L’operazione #openexpo, voluta fortemente dopo i recenti fatti di cronaca giudiziaria, hanno messo in luce tutti i limiti dell’organizzazione italiana. Sul portale sono facilmente consultabili i dati sull’avanzamento dei lavori (completati al 43%) e “sull’indice potenziale di ritardo”. Sull’oltre mezzo miliardo di appalti, sono bene 34 i milioni extra investiti sulle varianti, ci sono 34 lotti di cui 29 in ritardo, 3 fermi e solamente 2 completati. Ci sono le discutissime vie d’acqua, opera considerata fulcro dell’impianto architettonico del sito ormai bloccate parte dalla burocrazia, parte dai feroci comitati “no canal” e l’incognita “albero della vita” la Tour Eifell della manifestazione meneghina.

Ma Expo, purtroppo non è solo il luogo fisico dell’esposizione, è anche e soprattutto le opere connesse all’evento. Benché quelle per le infrastrutture viabilistiche abbiano rispettato il cronoprogramma, a preoccupare maggiormente è il sistema di trasporto del capoluogo lombardo.  L’ATM, pur vantando una rete unica in Italia, soffre di un eterno deficit strutturale. L’AD dell’azienda ha già chiesto il posticipo dell’apertura dei cancelli della manifestazione perché il sistema di trasporto non sarebbe in grado di sostenere, oltre al normale traffico pendolare, anche quello turistico. Il potenziamento dei servizi e l’ammodernamento dei mezzi non sarà purtroppo all’altezza dei flussi stimati.

La ciliegina sulla torta l’ha messa la Procura del Tribunale milanese. Le indagini aperte sono già quattro. Dopo la cupola degli appalti, la turbativa d’asta che ha visto coinvolto il Direttore Generale di Infrastrutture Lombarde e l’arresto del costruttore Maltauro per tangenti sulla “Piastra”, si è aggiunta anche l’inchiesta su Antonio Acerbo, direttore del Padiglione Italia, costretto alle dimissioni per l’accusa di corruzione sull’opera (irrealizzata) delle Vie d’Acqua. Il governo si è visto costretto a mettere una pezza nominando il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione plenipotenziario sulla gestione appalti EXPO.

Insomma, a vederla così sembrerebbe rientrare pienamente nelle best practice del malcostume italiano. Eppure in tanti si era creduto che potesse essere veramente il trampolino per ridare fiato ad un Paese che da troppo tempo arranca. Ma, nonostante tutto, il primo maggio 2015 tutto sarà pronto, ci saranno i turisti e ci sarà il mondo intero a guardarci. Però, che fatica!

©Futuro Europa®

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