Rassegna stampa estera

Smarrimento, rabbia, impotenza, sfiducia, sospetto, malinconia. Questi sono i sentimenti che ci pervadono ogni volta che andiamo ad analizzare quello che dicono di noi all’estero.  Ci hanno molto colpito le parole scritte qualche giorno fa su L’Orient Le Jour, che fa ancora un parallelo tra Italia e Francia esplicitando preoccupazioni che ormai sono sulla penna di tutti.  L’Italie et la France, meme combat?  Titola il giornale, e porsegue: “Renzi è stato accolto come il salvatore quando è arrivato, con un atto di forza, a capo del suo Partito e del Governo. A 39 anni, ha promesso di far saltare tutti i blocchi della società italiana nel giro di qualche mese. Qualche mese dopo, nulla è successo. Malgrado la sua buona volontà, Renzi non avanza. Come in Francia, qualsiasi riforma provoca un arresto. Inquietante” si sentenzia nell’articolo. “Come affermano i tedeschi – prosegue l’articolo – tanto della Francia che dell’Italia: <ci sono molte dichiarazioni e di buone intenzioni sulle riforme, ma troppe poche azioni>”. In conclusione un’amara domanda: “L’Italia avrebbe potuto essere un po’ come un laboratorio per la Francia nel campo delle riforme ma sono quasi arrivate allo stesso punto. Con una domanda che si pone lì come qui: si può riformare un Paese bloccato? Bisogna sperare che sia possibile. Nonostante la buona volontà della Banca Centrale Europea, senza riforme strutturali, non si può avere crescita…”. Triste presagio.

Di “ritardi”, “blocchi” e “stallo” parla anche Lorenzo Totaro su Bloomberg. “Dato che la tempistica promessa dal Primo Miniatro Matteo Renzi per trasformare il suo Paese passa da 100 a 1000 giorni, alcuni italiani cominciano a chiedersi se mai vedranno i risultati”. Come nell’articolo di OLJ anche qui si sottolinea il grande male che viene dall’ostruzionismo fatto a qualsiasi azione, quando di azione veloce necessitiamo urgentemente. “Sono finiti i giorni dell’esaltazione in cui Renzi veniva chiamato il rottamatore per la sua promessa di  buttare nella discarica i leader italiani trincerati nelle loro posizioni e rivoluzionare il Paese. Invece, il suo programma di dare nuova linfa al diritto del lavoro con leggi vecchie di 40 anni, sbloccare il cigolante sistema giudiziario e frenare una burocrazia soffocante è impantanato in Parlamento per una scatenata opposizione anche tra le fila del suo stesso Partito Democratico.” E scrive ancora Totaro: “Gli ostacoli ai quali si trova di fronte Renzi sono sconfortanti, incluso il rigido diritto del lavoro, infrastrutture vecchie di decenni e un’economia orientata all’esportazione che zoppica per via dell’Euro troppo forte.

Già l’Euro. La “soluzione” la da Roger Bootle, Amministratore Delegato della società di ricerca in macroeconomia Capital Economics, in un articolo scritto per il Telegraph dal titolo esplicito e forte: The solution to Italy’s woes is quite simpe – leave the euro. Gli inglesi non ci amano molto e non hanno una grande opinione sul nostro Paese, almeno per quanto riguarda l’affidabilità. Qui Bootle ci va giù duro affermando che “nessun Paese incarna meglio il malessere economico europeo meglio dell’Italia. Spesso si dice che l’Italia non può mettersi nei guai perché è ricca. E’ ricca di bellezze naturali e tesori storici, con splendide città e una splendida campagna, gente incantevole, cibo e vino meravigliosi e un piacevole stile di vita. Ma come Paese non funziona affatto.” Bootle continua con una puntuale analisi della nostra crescita economica, dalla guerra in poi, si sofferma sul “Sorpasso” del 1979 quando il nostro PIL superò quello del Regno Unito. “Ma poi tutto è iniziato ad andar male” afferma Bootle e continua la sua analisi economica parlando di debito pubblico, risparmi degli italiani, titoli di Stato, crisi del debito che potrebbe trasformarsi in crisi bancaria. Il tutto un po’ per gli addetti ai lavori. Quello che ci interessa qui è che alla domanda che si pone l’autore “come l’Italia può sfuggire a tutto questo?” la risposta è allarmante: “I profondi problemi non si risolveranno in una notte. Il Paese ha bisogno di una radicale riforma del sistema politico, dei tribunali, del sistema fiscale e del Diritto del lavoro. Anche se tutto questo fosse raggiunto, l’Italia rimarrebbe impantanata nel debito pubblico. Come il resto della zona euro, ciò di cui ha bisogno l’Italia è un’immediata crescita economica (…) L’opzione radicale per l’Italia è di lasciare l’Euro.” E con malinconica ironia conclude: Mi chiedo quanti anni persi ci saranno ancora prima che albeggi l’idea sui suoi leader che è l’unica strada percorribile”. Una bella doccia fredda che dovrebbe far riflettere ulteriormente chi perde ancora tempo a disquisire sui massimi sistemi.

Abbiamo parlato di ostruzionismo e blocchi. Di uno di questi ne parla Richard Heuzé su Le Figaro: i Sindacati. “E’ guerra tra Matteo Renzi e i Sindacati appoggiati dalla sinistra del Partito Democratico. Il Presidente del Consiglio italiano è determinato a presentare al Parlamento la sua riforma del mercato del lavoro prima della Conferenza Europea sull’occupazione convocata per l’8 Ottobre a Milano. Al centro del dibattito c’è l’Articolo 18 del diritto del Lavoro che obbliga il datore di lavoro al reintegro qualsiasi lavoratore che vedesse giudicato ingiustificato dai Tribunali il suo licenziamento (…) Davanti alla levata di scudi manifestata dalla sinistra, ha detto essere pronto ad adottare un decreto per l’applicazione immediata senza procedere alle consultazioni d’uopo”. Anche Alain Cohen-Krawczyk, specialista della Zona MENA (Medio Oriente e Nord Africa) e analista finanziario, analizza la posizione di Renzi per La Lettre Meditérranée et  Afrique. “L’ambizione di Matteo Renzi  si scontra all’opposizione dei sindacati e della sinistra della sua formazione politica. All’improvviso, il Presidente del Consiglio comincia a subire la pressione degli ambienti d’affari e degli altri Stati europei, soprattutto per guanto riguarda la riforma del mercato del lavoro (…) Il meno che si possa dire è che le critiche lanciate dai detrattori di Matteo Renzi non sono tenere. Così, Susanna Camusso, responsabile della Cgil, il principale sindacato italiano, ha affermato che il Presidente del Consiglio fosse colpito da ‘thatcherite’ per voler rimettere in causa un diritto fondamentale dei salariati”.  Quanto tempo deve ancora passare per trasformare le tante belle parole in fatti?

L’Orient Le Jour scrive il 24 Settembre:”(…) Si è parlato molto dell’arrivo del nuovo leader. Si è parlato di miracolo. Non se ne parla più. Per giusta causa. L’Italia non sta meglio. Quest’anno subirà una decrescita dello 0,4%. E Renzi non avanza. È impantanato (…) Malgrado i discorsi volontaristici, non ha potuto fare niente, o quasi. Il suo più grande cantiere, l’alleggerimento dei vincoli del diritto del lavoro, è insabbiato in Parlamento dove anche alcuni membri del suo stesso partito gli remano contro.” (…) (L’Orient Le Jour, L’Italie et la France, meme combat?, 24 Settembre 2014)

Lorenzo Totaro titola il suo articolo apparso su Bloomberg: Renzi’s Revolution Running Late as Italians Seek Action.”(…) I risultati tangibili sono ad oggi limitati  agli 80 euro in più al mese per i lavoratori a basso reddito (…) e una riduzione dell’imposta regionale sulle attività del Paese (…) La scorsa settimana il Ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, uno degli otto uomini tra i 16 membri del forte Gabinetto di Renzi, ha detto che la crescita tornerà nel 2015. Con lo stallo del Parlamento sui piani di revisione delle leggi sul lavoro, lo scorso 16 Settembre Renzi ha detto ai sui parlamentari che non avrebbe aspettato all’infinito e avrebbe potuto ricorrere al decreto come percorso alternativo per superare l’ostacolo.” (…) (L. Totaro, Bloomberg, 23 Settembre 2014)

Sul Telegraph Roger Bootle scrive: “(…) I problemi di fondo sono stati mascherati. Sebbene ci fosse una elevata tendenza verso l’inflazione, il soccorso era sempre a portata di mano sotto forma di lira debole. E l’economia ha continuato a crescere. Ma poi tutto è iniziato ad andar male. Il Regno Unito ha superato l’Italia di nuovo nel 1995 e il divario tra le due economie da allora si è sempre più ampliato (…) Intendiamoci, non tutto questo è dovuto all’euro. C’è un disperato bisogno di  riforme ma il sistema politico sembra incapace di fare ciò che è necessario. E l’Italia è stata uno dei primi Paese a patire la crescita dei mercati emergenti (…) L’opzione radicale per l’Italia è di lasciare l’euro e permettere così ad una valuta debole di creare un boom delle esportazioni, una inflazione maggiore, più tasse e onere del debito più leggero.” (…) (R. Bootle, The solution to Italy’s woes is quite simple – leave the euro, The Telegraph, 21 Settembre 2014)

Matteo Renzi croise le fer avec les syndacats titola il suo articolo Richard Heuzé. “Il Capo del Governo italiano rimane determinato nell’alleggerire il codice su mercato del lavoro nonostante l’alzata di scudi dei sindacati. Denuncia in un video le loro <battaglie ideologiche> perse.” (…) (R. Heuzé, Le Figaro, 23 Settembre 2014)

Scrive Alain Cohen-Krawczyk: “Per quanto riguarda il lavoro, il Primo Ministro italiano si era impegnato a lanciare il <jobs act>, una legge che dovrebbe migliorare la possibilità di essere assunti visto che il tasso di disoccupazione tra i giovani in Italia è attualmente del 42% Malgrado questo contesto allarmante, questo progetto di legge viene giudicato anti-sociale dalle organizzazioni sindacali e una frangia del Partito Democratico al potere. Le due parti affermano che Matteo Renzi abbia intenzione di rimettere in questione l’Articolo 18 (…) dispositivo che protegge i lavoratori in possesso di un contratto a tempo indeterminato di qualsiasi licenziamento indebito”. (…) (A. Cohen-Krawczyk, Matteo Renzi entre le marteau et l’enclume, La Lettre Mediterranée et Afrique, 22 Settembre 2014)

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