Benedetta Arese Lucini (UBER): non competizione ma sinergia con il servizio taxi

All’indomani dello sciopero dei taxi di mercoledì scorso contro il nuovo servizio di noleggio – utilizzabile grazie ad una App per mobile – ormai diffuso all’estero e che è sbarcato anche a Roma e Milano, abbiamo raggiunto Benedetta Arese Lucini, Regional General Manager per l’Italia di Uber, per farle alcune domanda sull’applicazione e per raccogliere il punto di vista della società nell’ambito del dibattito che ne è scaturito.

A seguito di un round da 1,2 miliardi di dollari, il valore di Uber è recentemente salito a 18,2 miliardi di dollari, superando le due storiche rivali Hertz e Avis. Perché gli investitori credono tanto in questa giovane realtà? Qual è il segreto di successo dell’app?

Uber è al momento presente in 120 città e 40 Paesi al Mondo. La sua mission è aiutare le città a migliorare la mobilità urbana e creare opportunità, senza però sostituirsi ai tassisti. Si tratta di un’azienda in forte crescita ed espansione, che ha saputo trasmettere un senso di positività agli investitori convincendoli ad abbracciare il suo progetto (ricordiamo che fra i finanziatori dell’app c’è fra gli altri anche Google).

Che percezione avete dello sciopero dell’11 giugno 2014? Come interpretate questo nuovo stop delle auto bianche?

Lo sciopero è sintomo di un mercato che non pensa al cittadino e al consumatore finale, chiuso all’innovazione. Il mercato del trasporto locale risulta bloccato a causa di una normativa ormai obsoleta. Noi come Uber sentiamo la necessità di portare innovazione e trasparenza in un mercato, che anche dal punto di vista dei pagamenti è sempre stato tradizionalmente molto cash (non tutti i veicoli sono dotati di POS per l’accettazione delle carte di pagamento elettroniche). Tutto ciò si traduce in maggiore flessibilità per tutti i diversi tipi di persone che usufruiscono di questo servizio (è possibile pagare la corsa in modalità cashless senza cioè ricorrere all’uso del denaro contante).

Come rispondete all’accusa che vi viene mossa di togliere posti di lavoro ai tassisti?

Contrariamente a quello che è stato detto, Uber non vuole sostituirsi o competere con i tassisti ma piuttosto vuole creare più scelta a totale beneficio del cittadino e consumatore finale. Come già successo in altre città straniere (Chicago, Sidney, Toronto e New York solo per fare qualche esempio), l’obiettivo è aprire la piattaforma anche ai tassisti, collaborare insieme per agevolare la ricerca di vetture e autisti disponibili, fare in modo che sempre più persone decidano di lasciare a casa la propria auto. I nostri competitors diretti non sono i taxi, ma le concessionarie d’auto.

Come pensate di rendere Uber più “socialmente” accettabile?

Lavoriamo con tanti piccoli imprenditori come tassisti e operatori NCC (Noleggio con Conducente), che talvolta pagano anche cifre importanti pur di offrire i nostri servizi sul loro network di pertinenza; segno che Uber è apprezzato e visto come opportunità anziché come un limite. L’apprezzamento non è solo degli autisti, ma anche nei fatti. Secondo uno studio condotto a Chicago, città dove Uber è presente da molto più tempo che in Italia, ci sono stati grandi benefici, anche in termini di nuovi posti di lavoro. A San Francisco, dove prima del nostro debutto si contavano 190.000 licenze taxi, oggi ci sono decine di migliaia di veicoli appartenenti alla rete Uber e altrettanti consumatori che sono avvicinati al servizio (tanto da averlo in alcuni casi preferito al trasporto pubblico). Questi numeri (qui elenco completo e infografiche) dimostrano che c’erano delle esigenze che non venivano evidentemente soddisfatte.

In che modo avete intenzione di superare il vuoto normativo italiano?

Siamo aperti al dialogo con le istituzioni (locali, nazionali, europee) e disponibili a sederci a un tavolo con tutti gli interlocutori. L’attuale normativa è obsoleta, poiché risalente al 1992 quando ancora non esistevano gli smartphone. Oggi, di fronte ad un mercato che cambia velocemente, si manifestano nuove esigenze. I consumatori sono per esempio diventati più digital ed esigono le cose subito (le mail si leggono molto spesso da cellulare, ad esempio).

Ci tengo comunque a precisare che, al di là delle chiacchere degli ultimi giorni (Uber è stato definito un servizio “illegale”, ndr), noi operiamo nella piena legittimità e trasparenza e per inciso non siamo ancora finiti di fronte ad un tribunale, ma il servizio continua ad essere operativo sia a Milano che a Roma nonostante le proteste degli ultimi giorni.

Quali sono i vostri futuri progetti?

Contiamo di diffondere Uber in più città possibili e di raggiungere il traguardo di 1.000 in tutto il Mondo. Per noi l’Italia e soprattutto Milano rappresentano un mercato importante. L’anno prossimo ci sarà EXPO 2015 che è un evento d’innovazione ed è importante che arriviamo preparati, offrendo ai turisti la possibilità di utilizzare un’app internazionale di cui si fidano e che magari già utilizzano nel loro Paese di provenienza, nella loro lingua e con già salvate le relative credenziali (numero di telefono e di carta di credito associata). Non dimentichiamoci poi che Milano ospita anche numerosi eventi legati al mondo del business, della moda e della cultura.

Tra i prossimi eventi in programma parteciperò all’evento Digital Venice (8-9 luglio 2014, Venezia) per sensibilizzare ulteriormente su come l’innovazione tecnologica può contribuire a migliorare la mobilità e l’economia locale (più turismo, più PIL). Uber – così come altre startup e aziende del settore hi-tech – porta crescita e occupazione in un’Europa che sta soffrendo e in cui il lavoro è sempre meno (l’azienda ha twittato che è alla ricerca di nuove risorse da inserire nell’organico, NdR). Impedirne lo sviluppo vuol dire negare il progresso.

©Futuro Europa®

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