Morselli: Europa, cambiare passo per una crescita sostenibile

I primi di marzo la Commissione Europea ha rilasciato il suo rapporto di revisione sugli squilibri macroeconomici presenti nella zona euro. L’Italia ha ricevuto una sonora bocciatura sul processo di riforme che Bruxelles ci ha chiesto di realizzare per risolvere quello che appare il nostro problema cronico, ovvero la scarsa concorrenzialità della macchina produttiva nazionale. L’avvio di tali riforme, si nota, permetterebbe di sbloccare un mercato del lavoro stagnante, rimettere in ordine i conti pubblici e rilanciare la crescita (più bassa della media continentale).

La Commissione ha constatato che il Paese presenta squilibri macroeconomici eccessivi, che richiedono un’azione politica molto forte ed un maggiore monitoraggio specifico durante il periodo del Semestre europeo. “L’Italia deve correggere l’alto livello di debito pubblico e la debole competitività”, si legge nella nota dell’Esecutivo Ue con le raccomandazioni all’Italia. “Entrambi derivano in ultima istanza dalla perdurante lenta crescita della produttività e richiedono urgenti interventi. Per porre il debito pubblico in un percorso di regolare riduzione – continua la nota – l’Italia ha bisogno di surplus primari molto alti, al di sopra dei livelli storici, e di una crescita robusta del Pil per un periodo prolungato”.

A commento di questi ultimi dati e dichiarazioni, abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandro Morselli, docente di Complementi di Politica Economica presso la Facoltà di Economia dell’Università La Sapienza di Roma.

Professore, come commenta questi dati? Danno un quadro realistico della situazione?

I dati sono innegabili, ma va constatato che l’Italia è immobilizzata dalle regole dell’Unione europea. Tali regole limitano fortemente la possibilità di fare una politica industriale; il mercato unico che doveva creare le condizioni per una sana competizione non ha conseguito i risultati sperati. Le imprese italiane attualmente sono costrette a pagare tassi d’interesse molto più alti delle imprese tedesche, ammesso che riescano ad accedere al credito bancario. Questo scenario non consente una concorrenza leale.

Ormai i nodi sono venuti al pettine…

Infatti, se non interviene un cambiamento di rotta strutturale delle politiche economiche europee, è probabile che l’Italia sia condannata ad una lunga recessione. Oggi il nostro reddito nazionale è inferiore a quello del 2007, il danno economico che subiamo è simile a quello della Grande Depressione degli anni Trenta. Questo è il frutto di politiche sbagliate, l’UE deve sostenere la crescita per rendere sostenibile il nostro debito pubblico, al contrario il costo di un’infinita depressione potrebbe superare i benefici della partecipazione all’euro.

Alla luce di tutto ciò, quali soluzioni propone?

Di fronte a questa recessione è sempre più urgente un ritorno a politiche europee di rilancio della domanda, condizione indispensabile per uscire dalla crisi. Si tratta di attivare nuovi strumenti europei per sostenere l’economia e avviarla verso un sentiero di crescita sostenibile, con un ampliamento di bilancio dell’Unione, il varo di Eurobond destinati a finanziare progetti di investimento per l’economia reale e un ruolo maggiore della Banca europea degli investimenti. 

Scuola e Università stanno rispondendo in modo adeguato alle necessità di rafforzare il capitale umano del Paese?

Si rileva un’assenza di coordinamento tra il sistema formativo e il tessuto aziendale. A volte, il problema non è la mancanza di lavoro, ma formare quelle competenze altamente qualificate che servono alle imprese. Le Università devono formare capitale umano per una migliore qualificazione dell’offerta di lavoro. Penso che bisogna partire proprio dai piani di studio dei corsi di laurea, che dovrebbero essere elaborati tenendo conto delle specialità richieste dal mercato del lavoro, in modo da facilitare l’inserimento dei laureati nelle piccole e medie imprese.

All’Italia conviene la moneta unica?

L’uscita dall’euro come fonte risolutiva dei problemi economici non mi pare la strategia adeguata anzi, penso che aggraverebbe le già condizioni precarie dell’economia italiana. Il problema crescita dovrebbe essere affrontato all’interno delle istituzioni europee.

Quale strategia si dovrebbe usare in Europa per uscire dall’impasse attuale?

Sostituire l’austerità con la solidarietà. Non è più sostenibile che un Paese come la Germania decida del destino degli altri paesi: la sovranità si è trasformata in dipendenza. Anche la Francia, ora che il suo rating è messo in discussione, deve obbedire agli ordini della Germania. I singoli Paesi, tuttavia, sono entità troppo piccole per reggere la sfida della globalizzazione, è necessario affacciarsi al mondo attraverso un’Europa unita.

©Futuro Europa®

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1 Commento per "Morselli: Europa, cambiare passo per una crescita sostenibile"

  1. Nulla di originale. Basta il buon senso, ma sappiamo che questo dà fastidio alle vecchie posizioni di comodo.

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