Cronache dai Palazzi

La crisi di Governo si è materializzata. Fino a pochi giorni fa c’era ancora da capire se fosse sufficiente “cambiare la batteria al Governo” o se bastasse “ricaricarla”, per dirla con uno degli ultimi slogan coniati da Matteo Renzi, in corsa verso Palazzo Chigi dove in verità è quasi arrivato.

Ora resta da capire cosa cambierà realmente con la direzione dell’Esecutivo da parte di Renzi,che propone un governo di centrosinistra “organico” che abbia un sostegno politico e che non sia quindi più ostaggio delle “larghe intese”.

In una Direzione tutt’altro che innocua Matteo Renzi ha espresso chiaramente la sua “ambizione smisurata” che ha voluto estendere a tutti i compagni di partito affinché fossero consapevoli della “responsabilità” che il Pd deve assumersi in questa delicata fase di crisi del Paese, inaugurando una fase nuova, non una mera staffetta. Staffetta per Renzi significherebbe andare alla stessa velocità dell’Esecutivo precedente, mentre il neosegretario si propone di cambiare finalmente passo.

“Qualcuno ha scritto ‘l’ambizione smisurata di Renzi e del Pd’. Non smentisco queste parole – ha affermato Renzi – c’è un’ambizione smisurata che dobbiamo avere, da me all’ultimo iscritto. L’Italia non può vivere in una situazione di incertezza e instabilità, siamo a un bivio e l’augurio che faccio è avere consapevolezza della propria responsabilità, mettendo da parte ogni ipocrisia. Ringraziando chi ha lavorato con determinazione in questo anno”.

Renzi è convinto che “l’Italia chiede un cambio radicale” e per il leader dei Democratici questo “cambio” deve farlo il Pd, altrimenti “non lo fa nessuno”. L’obiettivo primario è “uscire dalla palude” in cui ristagnano ormai da mesi i problemi, soprattutto economici, del Paese. Come ha affermato Squinzi – precedentemente contattato da Renzi – “senza impresa non c’è ripresa”.

La corsa di Matteo Renzi rischia comunque di essere una smart che, andando ad alta velocità, potrebbe cappottarsi e la generazione nuova del Pd – un partito che per l’ennesima volta mette a nudo la sua anima correntista ad alto tasso di distruttività – rischia di bruciarsi prima di scendere in campo, magari regalando a Berlusconi e a Grillo una splendida stagione elettorale. Ma il Pd, temendo le urne, propone il “rottamatore” Renzi a Palazzo Chigi, scavalcando il voto popolare e delegittimando la famigerata ‘legittimazione popolare’ per la quale Renzi si è sempre battuto. Matteo Renzi propone addirittura un Governo di legislatura, che duri fino al 2018, ma senza nuove elezioni. Per fare tutto questo occorre però allargare la maggioranza in Parlamento, consolidando l’Esecutivo con la forza dei numeri che per ora sono abbastanza risicati. Ncd apre all’iniziativa Renzi ma Alfano afferma che non entrerà mai in “un esecutivo di sinistra o di centrosinistra”.

I Popolari per l’Italia di Mario Mauro sostengono, attraverso una nota di Andrea Olivero, che Abbiamo seguito i lavori del Pd. Cogliamo con favore il richiamo al 2018 come termine per una legislatura di riforme costituenti. Non abbiamo però ascoltato alcun cenno relativo ai contenuti di tali riforme che il Pd vuole avviare. Aspettiamo di capire bene quali sono i contenuti dell’azione politica del Pd. Noi a questo proposito abbiamo idee molto chiare”.

L’apertura di Renzi a Sel non piace inoltre al Nuovo centrodestra e Schifani sottolinea il punto: “Con Sel noi siamo e saremo sempre alternativi”. Quagliariello invoca “un patto alla tedesca” affinché l’accordo arrivi in porto. “Stavolta siamo noi a prendere il foglio excel”, ammonisce Alfano, lo stesso foglio excel evocato a suo tempo da Renzi con Letta. Su quel foglio si dovrà scrivere “cosa fare e chi lo dovrà fare”. Se non ci saranno le condizioni politiche, inoltre, l’accordo non si concretizzerà e la tenuta del Governo Renzi sarà seriamente messa in pericolo. L’operazione di salvataggio del Paese cadrebbe nel limbo come tutte le altre iniziative fallite fino ad oggi.

La proposta di durare fino al 2018 non rappresenta un progetto ambizioso bensì molto ambizioso e, come ha sottolineato il premier in pectore, “rischiamo grosso, ci giochiamo tutto”. Tra i primi provvedimenti del Governo Renzi si discute prima di tutto di lavoro e di scuola, ma anche di riforma della giustizia, un tema molto caro al Cavaliere che per il momento tace.

“Un Paese semplice e coraggioso, proviamoci”. È questa l’estrema sintesi della vicenda che Matteo Renzi affida ad un tweet. Il Jobs act sarà molto probabilmente allargato ad un tavolo delle trattative con sindacati, forze sociali e Confindustria. Ci sono poi i decreti messi in campo dal precedente Esecutivo, quattro in scadenza e alcuni, come il Milleproroghe e Destinazione Italia, che hanno raccolto non poche critiche da parte dei renziani. Matteo Renzi ha ripetuto che serve la legge elettorale sulla quale, per il momento, sembra essere tornato il silenzio. Serve inoltre una riforma istituzionale, bisogna aggredire la “burocrazia opprimente” e cambiare la normativa sul lavoro e sul fisco che “mostra i segni del tempo”. Il futuro premier non ha ancora spiegato le cose che, in concreto, il suo Esecutivo intende realizzare. Per ora si tratta di intenzioni generiche, o comunque sulla carta, che non assomigliano ad un accordo di programma nella “attuale coalizione”, come recita il documento approvato dalla Direzione del Pd. Per Alfano, infine, il programma non dovrà essere spostato a sinistra. Ius soli, omofobia e coppie di fatto sono i primi nodi che vengono in mente insieme alla giustizia e al conflitto di interessi, anche se i problemi più urgenti riguardano le questioni economiche.

All’interno di uno scenario ‘politico’ così confuso i tempi rischiano di allungarsi e i partiti minori in precedenza maltrattati, che hanno rischiato di essere spazzati via, ora potrebbero rivelarsi fondamentali per la riuscita della missione Renzi, alle prese con una maggioranza che rimane instabile, o comunque non solida. Come fa notare l’analista americano David Willey, Renzi “erediterà una coalizione scomoda e difficile da maneggiare”. Alfano, che dovrebbe rimanere al suo posto, non è interessato a sua volta ad un orizzonte di legislatura ma auspica un piano di “grandi cose” ed un “tempo necessario” per portare a termine le riforme. Come aveva avvertito Letta, da oggi Renzi, Alfano e gli altri entrano in una “cristalleria”.

Cambiare il nome del primo ministro e della maggior parte dei ministri non vuol dire, in fondo, cambiare il Paese. Come suppone buona parte della stampa estera, Renzi – presentato come “Demolition Man” (“Financial Times”) o “l’uomo che va di fretta” (“Le Monde”) – dovrà ora prevedere che il suo agile “colpo di Palazzo” (“Times” di Londra) – una mossa azzardata seppur coraggiosa – non si trasformi in una spada che potrebbe cambiare verso ritorcendosi contro di lui, nel peggiore dei casi infilzandolo.

©Futuro Europa®

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