Cronache dai Palazzi

La Camera ha approvato la Legge di Bilancio 2024 con 200 voti favorevoli, 112 contrari e 3 astenuti. Una manovra da 28 miliardi per il 2024 dei quali 15,7 finanziati in deficit. La maggioranza vanta di aver varato una Legge di Bilancio a favore di famiglie e imprese. “Una Manovra importante che mette al centro le famiglie, il lavoro e le imprese. In linea con i principi che guidano la nostra azione e con il programma che gli italiani hanno votato”, ha affermato la premier Giorgia Meloni commentando l’approvazione della Manovra, raggiunta senza ricorrere al voto di fiducia.

Nuove assunzioni, riforma del fisco, il via libera alle tre aliquote Irpef e l’accordo sul Superbonus. Saltano invece le agevolazioni per i calciatori. Proteste da parte della Lega serie A per cui le squadre saranno meno competitive e il fisco incasserà meno.

A proposito di fisco, per Fratelli d’Italia, i quattro decreti legislativi attuati “contribuiranno a semplificare il sistema fiscale, rendendolo più equo e dinamico: una riforma che l’Italia aspetta da oltre mezzo secolo”. L’Irpef passa definitivamente a tre aliquote nel 2024. Alleggerito il prelievo Irpef “per le fasce di reddito medio-basse, ovvero quelle più esposte ai continui mutamenti del quadro economico-finanziario internazionale”. Il risparmio medio annuo sarà di 160 euro l’anno per raggiungere un massimo di 260 euro annui per coloro che hanno un imponibile superiore a 28 mila euro e inferiore a 50 mila. La riforma dell’Irpef è finanziata solo per il 2024 (4,3 miliardi). Il secondo dei tre decreti legislativi per la riforma del fisco prevede inoltre la revisione dello Statuto del contribuente; il primo decreto mira invece a semplificare il processo tributario puntando sulla digitalizzazione, prevedendo inoltre la possibilità di partecipare al giudizio da remoto.

Una norma ad hoc sul Superbonus permetterà di aiutare le famiglie più deboli grazie ad una sanatoria. “Per coloro che hanno difficoltà economiche lo Stato pagherà la differenza tra il 70% e il 110%, perché i lavori si potranno continuare sempre con il bonus del 70%. Abbiamo dato un aiuto alle imprese che così rischiano di fallire e un aiuto soprattutto alle famiglie e ai cittadini più deboli che potranno veder concludere i lavori di ristrutturazione senza dover spendere altri soldi perché magari non hanno possibilità di farlo”, ha spiegato il vice premier Antonio Tajani. Inoltre “chi ha superato il 30% dei lavori svolti, se non li dovesse avere conclusi non dovrà pagare nulla anche per eventuali omissioni”.

Per i redditi bassi con Isee fino a 15 mila euro un decreto ad hoc prevede una sorta di proroga dell’agevolazione al 110%, grazie all’istituzione di un Fondo povertà che coprirà le spese effettuate dal primo gennaio al 31 ottobre 2024 non coperte dall’agevolazione al 110% ma solo per il 70%. Lo Stato si farà carico della differenza ma lo stato di avanzamento dei lavori non dovrà essere inferiore al 60%. Il Mef definirà l’entità del Fondo attingendo da altri fondi esistenti. Al momento si dispone di non più di 16 milioni di euro. Per tutti gli altri l’agevolazione scenderà al 70% ma per famiglie e imprese è prevista una “sanatoria” pe cui chi non ha terminato i lavori entro il 31 dicembre e ha un credito fiscale con lo Stato non dovrà restituirlo. I lavori dovranno comunque essere portati a termine e per di più rispettando determinate condizioni come il miglioramento di due classi energetiche. In mancanza di quest’ultimo requisito il credito d’imposta scenderà al 50%.

La vera sfida di questa Manovra riguarda la stabilizzazione dei tagli, primo fra tutti il taglio del cuneo fiscale sulle retribuzioni confermato dalla Legge di Bilancio, e ovviamente la riduzione delle aliquote Irpef; tagli finanziati solo per il 2024 e che costeranno circa 15 miliardi.

Il decreto Milleproroghe ha tra le altre cose allungato i tempi per le assunzioni, in particolare nel settore sanitario, e per l’obbligo di fatturazione elettronica per i medici prorogata di un altro anno. L’esecutivo ha inoltre deciso di prorogare a tutto il 2024 la non applicabilità dell’aggiornamento Istat sugli affitti della Pubblica amministrazione per immobili destinati a finalità istituzionali. Cancellata inoltre l’Ace, Aiuto alla crescita delle imprese, e ciò comporterà un risparmio di 4,8 miliardi annui per l’erario. Su un altro fronte è stato introdotto un bonus sulle assunzioni, ossia una deduzione sul costo del lavoro pari al 120% per tutte le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato, e il bonus sale al 130% nel caso in cui si assumono lavoratori “svantaggiati”: disabili; giovani under 30; donne con almeno due figli minori; ex percettori del Reddito di cittadinanza che non abbiano i requisiti per poter accedere al Reddito di inclusione; minori in età lavorativa con situazioni familiari in difficoltà. Il suddetto incentivo sostituisce il bonus assunzione per il gli under 36 e le donne, in scadenza il 31 dicembre. Incrementato anche il bonus asilo nido (fino a 3600 euro annui) per la frequenza di asili pubblici e privati e per forme di supporto domiciliare per bambini aventi meno di tre anni di età e affetti da gravi patologie croniche.

Nessuna proroga invece per lo smart working nella Pubblica amministrazione, tantoché dal primo gennaio 2024 nella Pa il lavoro agile non sarà più possibile nemmeno per i lavoratori con figli sotto i 14 anni. Nel settore privato, invece, i lavoratori che sono genitori di figli under 14 potranno usufruire dello smart working fino al 31 marzo 2024. La Cgil definisce una “inaccettabile disparità” tale differenza tra pubblico e privato, e chiede al governo “di agire con immediatezza per garantire omogenee condizioni di accesso al lavoro agile cancellando la discriminazione che insisterà sul lavoro pubblico”.

Per quanto riguarda la sanità, “abbiamo approvato una Manovra finanziaria che interviene su due grandi urgenze: ridurre le liste d’attesa e valorizzare il personale sanitario”, ha affermato il ministro della Salute Orazio Schillaci, aggiungendo: “In tre anni destiniamo 11,2 miliardi in più al fondo sanitario. Garantiamo risorse importanti per il rinnovo dei contratti degli operatori sanitari, aumentiamo la remunerazione delle prestazioni aggiuntive e si rifinanziano i piani operativi delle Regioni per ridurre le liste d’attesa”.

Non mancano anche le critiche, prime fra tutte da parte della Cgil per cui si tratta di una Manovra “all’insegna del ritorno all’austerità e di poche misure una tantum, che contribuirà alla crescita del Paese di uno striminzito 0,2%. Il che equivale ad ammettere da parte di Palazzo Chigi di non avere una politica economica in grado di incidere sulla realtà”. Per il sindacato lo stesso accorpamento dei primi due scaglioni Irpef per il solo 2024 “produrrà vantaggi pressoché impercettibili sulle buste paga; mentre quello che serve è rinnovare i contratti nazionali di ben 10 milioni di lavoratrici e lavoratori sia pubblici che privati”. La Cgil lamenta che “si taglia ancora una volta su sanità, scuola, politiche sociali ed enti locali” e il fatto che “non c’è alcuna politica industriale e si continua a delegare tutto al mercato, con i soliti incentivi a pioggia alle imprese”.

Per la leader del Pd, Elly Schlein si tratta di una Manovra “senza futuro” che colpisce le nuove generazioni. “Non c’è nulla in Manovra sul diritto allo studio. Non c’è nulla sull’emergenza climatica. È una Manovra senza futuro e finanziata in deficit”.

Per la ministra dell’università e della ricerca Annamaria Bernini, invece, con la nuova Legge di Bilancio “si rafforza il diritto allo studio, con maggiori risorse per le borse di studio, misure innovative come l’Erasmus italiano e maggiori investimenti sull’housing e sugli immobili Afam”.

Per Giuseppe Conte si tratta di una Legge di Bilancio “lacrime e sangue”. “Una Manovra con cui Meloni, Salvini e Tajani continuano la stagione dei tagli ai danni dei pensionati”. In particolare “si colpiscono anche le rivalutazioni delle pensioni del ceto medio e quelle future di dipendenti pubblici, come medici, infermieri, insegnanti”. Il leader dei Cinque Stelle sottolinea inoltre che “si tagliano gli investimenti sulla Sanità rispetto al Pil e alle imprese si impongono nuovi costi e assicurazioni obbligatorie da mettere a bilancio anziché investimenti per stimolare la crescita e, con essa, le assunzioni”. Conte denuncia, inoltre, il nuovo Patto di Stabilità a cui l’Italia si sarebbe “piegata in Europa” e, a causa del quale, “sarà costretta a tagli da oltre 12 miliardi l’anno che colpiranno i cittadini e i loro diritti”.

A proposito della riforma del Patto di Stabilità, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha affermato che “senza un accordo, sarebbe rimasto il vecchio Patto. Da questo punto di vista, abbiamo fatto un passo avanti, anche se rispetto alla proposta della Commissione c’è stato un passo indietro. Sono state introdotte tantissime clausole per le richieste di tanti Paesi”. In definitiva per il ministro Giorgetti si tratta di “un compromesso” e “la valutazione sul nuovo Patto di Stabilità la faremo tra qualche anno”. Il ministro dell’Economia ha inoltre specificato che “non c’è da fare festa, dobbiamo dire le cose come stanno”, riconoscendo che “abbiamo creato un sistema di regole complicato”, che “rischia di essere pro-ciclico”. Nello specifico Giorgetti ha puntualizzato che le politiche dell’esecutivo “sono coerenti con quello che è previsto dal nuovo Patto” e quindi “non sono previste manovre aggiuntive”. In seguito all’emergenza Covid il pensiero unico è stato “poter fare debito e deficit” invece “dobbiamo eliminare punto per punto tutte le misure che non ci possiamo permettere”. Tale norma presenta “dei risultati radioattivi che non riusciamo a gestire”, ha ammonito il ministro dell’Economia. Per quanto riguarda il Mes, infine, l’Italia ha deciso di non ratificarlo. Giorgetti puntualizza: “Il Mes non è né la causa né la soluzione dei nostri problemi. Il nostro problema si chiama debito, in particolare quanto costa”. In questo contesto il nuovo Patto di Stabilità stabilisce l’obiettivo di arrivare a un debito non superiore al 60% del Pil e un deficit che non oltrepassi il 3%, attraverso però un percorso graduale rappresentato dai piani di rientro di 4 anni, o 7 anni in caso di riforme; piani negoziati con la Commissione europea e non conteggiando nella fase di avvio (fino al 2027) proprio i maggiori oneri sul debito. Anche per questo motivo “il Patto non può che partire nel 2025”.

Da Bruxelles è infine arrivata la quarta rata del Pnrr da 16,5 miliardi.

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