La febbre di Sanremo che unisce

Siamo stati tutti travolti, ognuno in modo diverso, dalla settimana dedicata a Sanremo e siamo stati “contagiati dal virus” proveniente dall’Ariston.

Da qualche anno a questa parte, infatti, il Festival della Canzone Italiana di Sanremo ha acquisito un valore aggiuntivo alla semplice fruizione mediatica che spesso gli veniva dedicata negli anni passati dai telespettatori. Forse prima erano più distratti, osservavano con più distacco e superficialità. Mentre oggi si percepisce attenzione, consapevolezza, sentimentalismo.

Ogni serata ha generato un vero e proprio senso di appartenenza alle nostre origini, alla nostra musica, alla nostra storia. Questi ultimi due anni sono stati duri, difficili. È  un concetto che è stato più volte ribadito sul palco dell’Ariston e non solamente dalla Rai o da Amadeus, ma dagli stessi artisti invitati e dai cantanti in gara. Ognuno a modo suo ha trasmesso questa sensazione ed il bisogno (o meglio “necessità”) di tornare a vivere “davvero” e di far rivivere la musica, anche e soprattutto dal vivo.

Siamo rimasti tutti pesantemente toccati da questa pandemia e Sanremo ci ha donato qualche attimo di distrazione, di leggerezza. La leggerezza, un concetto che non ha nulla a che vedere con il frivolo e con il superficiale, cosi ha raccontato Sabrina Ferilli, invitata a presentare con Amadeus l’ultima serata del Festival. La leggerezza, come diceva Calvino, non è superficialità, ma “planare sulle cose dall’alto senza avere macigni sul cuore”.

Cos’è Sanremo se non questo? La possibilità di fuggire per qualche attimo dai nostri problemi, dalle nostre ansie, dalle nostre responsabilità per cinque sere l’anno e per godere della bellezza della musica italiana. In compagnia, su Skype con gli amici, in famiglia o da soli con un calice di vino sul divano e commentando sui social. É bello associare al Festival questa sensazione di spensieratezza. Perché è quello di cui i telespettatori hanno sete.

Non è stato da meno il discorso di Drusilla Foer (alter ego di Gianluca Gori) che parlando di “unicità” ci ha ricordato cose essenziali, umane, semplici ma purtroppo non ovvie per tutti. Concetti che a volte si dimenticano e che è sempre bene ribadire. Dunque, qual è luogo migliore se non l’ampia platea di Sanremo per parlare di diversità ed unicità? Nel suo discorso ha esortato il pubblico a compiere un “atto rivoluzionario”: quello di ascoltare sé stessi. Parole forti e piene di significato per un momento così delicato per la storia dei diritti LGBT in Italia ed in tutto il mondo.

Anche Fiorella Mannoia ha contribuito (pur se con poche parole) a questa grande manifestazione della musica, dell’amore e del rispetto altrui. Dopo essersi esibita nella performance della serata Cover (in cui gli artisti cantavano brani che hanno segnato la storia della musica italiana) ha esaltato la figura dei giovani, poiché la maggior parte dei concorrenti in gara hanno scelto di cantare canzoni italiane datate e cariche di storia. “É bene che i giovani sappiamo da dove veniamo, perché se non sappiamo da dove veniamo non sappiamo nemmeno dove andiamo”. Lei, infatti, ha accompagnato in un duetto il giovanissimo Sangiovanni, di appena 19 anni, concorrente in gara.

Quindi sì, le generazioni vanno avanti e giovani cantautori corrono freschi, emozionati, imbarazzati e carichi di adrenalina verso il podio dell’Ariston. Infatti quest’anno sul podio abbiamo visto in un’unica immagine le tre generazioni della musica italiana degli ultimi 50 anni: Gianni Morandi, Elisa e Mahmood & Blanco. I tre primi classificati rappresentano in una sola immagine la storia della musica contemporanea italiana.

Enrico Mentana ha descritto perfettamente il podio di quest’anno su un post di Instagram: “Il podio di Sanremo fa impressione. Blanco è nato due anni dopo la vittoria di Elisa al Festival, Mahmood cinque anni dopo quella di Gianni Morandi. Elisa è nata 15 anni dopo il primo successo di Morandi. Lui ha 77 anni ed è del ‘44. Lei ha 44 anni ed è del ‘77. Mahmood e Blanco insieme hanno 30 anni meno di Morandi”.

Ora sui social si leggono solo meme in cui i telespettatori appaiono ironicamente distrutti e privi di obiettivi adesso che Sanremo è finito. Ebbene sì, lentamente sta scendendo la febbre generata da Sanremo, ma continuiamo a tenerlo vivo dentro di noi e a farci compagnia con le splendide canzoni che ne hanno fatto parte.

Le emozioni che ogni volta Sanremo suscita nei telespettatori non sono da poco, sicuramente sono sensazioni differenti perché siamo tutti “unici” ma su una cosa continuiamo ad essere simili. Siamo italiani, amanti della musica, amanti della leggerezza, amanti della vita. Bisogna ricordare dunque che Sanremo non è solo il Festival della canzone italiana ma è anche un’occasione di condivisione commentando dal vivo o sui social con influencer ed amici.

Sanremo è unicità, sì. Unicità che non è però esclusione, perché ci unisce, perché ci da quel senso di appartenenza, spensieratezza ed unione che, diciamocelo, è vitale in anni così duri come questi. Sanremo unisce persone differenti e sparse in tutto il mondo per ragioni diverse. Ma le unisce.

Questa 72º edizione del Festival oggi ci insegna ad apprezzare la leggerezza ed a godersela, perché se c’è una cosa che abbiamo imparato in questi anni di pandemia è che le piccole cose sono leggere e molto importanti.

Cari fan di Sanremo, tranquilli, mancano poco più di undici mesi al prossimo Festival, qualunque cosa ne pensiate. Viva la Rai, viva l’Italia, viva la musica!

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