Tamburi di guerra

Negli ultimi giorni, i tamburi di guerra non hanno fatto che aumentare il loro strepito. I colloqui abbastanza frenetici tra USA-NATO e Russia continuano a essere dialoghi tra sordi. La NATO ha appena deciso di rinforzare i propri confini orientali, gli ucraini dicono di essere pronti a qualsiasi evenienza, le forze russe alla frontiera continuano a crescere. In una dichiarazione di qualche giorno fa, Putin ha fatto capire che, per ritorsione alla presenza americana nei Paesi dell’Est e l’appoggio all’Ucraina, Mosca potrebbe inviare forze militari a Cuba e in Venezuela.

Difficile capire cosa vuole realmente Putin. I paragoni con Hitler e il suo regime sono in parte giusti, se guardiamo ai metodi, esagerati se si guarda al complesso. Un’analisi convincente delle intenzioni russe non l’ho ancora vista, perlomeno nella nostra stampa. Ne ho letto una che forse si avvicina alla realtà in una corrispondenza da Parigi di una giornalista sudamericana, basata sugli studi di autorevoli istituti di ricerca strategica francesi e inglesi. Secondo questa interpretazione, Putin sta puntando tutto sul desiderio di riscrivere la carta politica dell’Europa succeduta alla caduta del Muro di Berlino, ricreando una sfera d’influenza russa vicina a quella appartenente all’URSS. Ciò non implica invasione e annessione dell’intera Ucraina, ma l’imposizione a quel Paese di un governo filorusso, obbediente agli ordini di Mosca. Va notato che, per una serie di vicende complesse, lo scopo lo ha raggiunto con le ex-Repubbliche asiatiche dell’URSS e, in Europa, in Bielorussia. E comporta, non l’uscita dei Paesi dell’Est dalla NATO, ma il ritiro dal loro territorio delle truppe e dei missili dell’Alleanza.

Trump a suo tempo (in campagna elettorale) aveva difeso questi propositi russi, riconoscendo al Paese il diritto ad una sua zona d’influenza, cosa che Biden non pare disposto ad accettare. Ma se anche Washington fosse d’accordo, resta il fatto che gli ucraini vogliono restare ancorati ad occidente e i paesi baltici e la Polonia non intendono restare indifesi.

Situazione, dunque, in ogni caso difficile che ricorda, non tanto le tensioni Est-Ovest della Guerra Fredda quanto, mutatis mutandis, i mesi precedenti alla Seconda Guerra Mondiale.

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