Il portavoce

Dico subito che il libro di Rocco Casalino, Il Portavoce, si lascia leggere perché è ben scritto e costruito per captare la simpatia del lettore. L’ho letto perciò senza annoiarmi. Ha pagine abbastanza belle, come quelle dedicate alla madre, al padre odiato e poi in qualche modo riscattato, alla nostra Terra di Puglia. È invece una delusione per chi si aspetta, da qualcuno che da anni vive al centro della politica nazionale, episodi poco noti e magari segreti, fatti “dietro le quinte”, utili a capire eventi della nostra storia recente e in corso, o almeno ragionamenti di qualche interesse. Ma nulla.

A parte una ovvia agiografia di Beppe Grillo, Casaleggio, Luigi Di Maio e, naturalmente, di Giuseppe Conte (l’unica, a mio avviso, giustificata), tutto il resto è puro egocentrismo, una lunga narrazione  con lui personaggio in tutti i casi centrale e conscio di esserlo: da bambino italiano soggetto al bullismo dei compagni di scuola in Germania, a lui studente e attivista comunista in Italia, da laureato in ingegneria elettronica a personaggio del “Grande Fratello”, da giornalista televisivo a comunicatore per il Movimento 5Stelle e, infine, da Portavoce di Palazzo Chigi (un Pulcinella in sogno che si trova a cena con Macron, la Merkel, Trump, Putin, che stringe la mano alla Regina Elisabetta, e si tocca per capire che è vero). Tutto questo con una esaltazione della propria importanza (vedi anche l’appendice al libro) mista a un complesso di persecuzione quasi paranoico (in certe frasi mi ha ricordato – si licet in parvis… – la mia carissima Oriana Fallaci).

E poi una insistita narrazione delle proprie numerose esperienze omosessuali, che si infila in quasi ogni parte del libro. Certo, sono cose che non scandalizzano più quasi nessuno, ma non capisco perché c’è bisogno di esibire le proprie esperienze amorose (omo o etero, del resto), almeno in un libro che si presenta, per autore e titolo, come un libro di politica.

Con il suo libro, Casalino si è voluto mettere a nudo, non senza un segreto autocompiacimento. Legittimo, si capisce. Ma allora il titolo non avrebbe dovuto essere Il Portavoce ma, chissà, “Autobiografia di un ragazzino di Ceglie Messapica” o magari “Fuori dal closet”.

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