UE, lotta alla povertà

Il mondo degli ultimi anni ha visto sempre più allargarsi la forbice tra ricchi e poveri, la rivoluzione tecnologica, per la prima volta nella storia dell’umanità, ha distrutto posti di lavoro senza crearne di nuovi in pari numero. La gig economy ha preso sempre più piede, esplodendo letteralmente con la pandemia che ha creato nuove forme di servizi o aumentato in maniera considerevole quelli esistenti. Ma tutto questo aumento di posti di lavoro non ha coinciso con il rispetto dei diritti dei lavoratori e con retribuzioni in linea con il costo della vista e l’attività svolta. E’ recente l’inchiesta della Procura di Milano nel campo del delivery, con l’emergere di forme di caporalato e sfruttamento di queste fasce di lavoratori.

In generale si calcola che circa il 10% dei lavoratori UE viva in uno stato di indigenza, mentre il 21,7% della popolazione è vittima di povertà o esclusione sociale. Alla luce di questa realtà gli europarlamentari hanno chiesto alla Commissione europea e agli Stati membri di includere la prevenzione della povertà dei lavoratori nei loro obiettivi per porre fine al problema nell’UE. Il principio per cui “il lavoro è la migliore soluzione alla povertà” non si applica infatti ai settori con bassi livelli salariali e per coloro che lavorano in condizioni precarie e atipiche. Nella relazione adottata il 9 febbraio 2021 (con 365 voti in favore, 118 contrari e 208 astenuti) gli europarlamentari hanno richiesto che venga istituito un salario minimo al di sopra della soglia di povertà. La relatrice Özlem Demirel (La Sinistra) ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di agire con urgenza… Avevamo bisogno di agire già da ieri in tutta Europa. Abbiamo bisogno di salari minimi. Abbiamo bisogno di sistemi di sicurezza sociali forti. Abbiamo bisogno di salari e redditi che permettano una vita decorosa.”.

Il neo-presidente USA Joe Biden ha, fra i primi intenti che vuole portare avanti, l’aumento e la codifica del salario minimo garantito. Un fatto che in Europa è stato, finora, affrontato in ordine sparso.  Sono 21 i paesi UE che hanno salari minimi obbligatori, mentre altri 6 sono quelli (Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia) in cui la protezione del salario minimo è fornita esclusivamente dai contratti collettivi. Il 28 ottobre 2020, in piena pandemia, la Commissione Europea ha proposto una direttiva dell’UE per garantire che i lavoratori nell’Unione siano tutelati da salari minimi adeguati che consentano una vita dignitosa ovunque essi lavorino. Salari minimi adeguati possono anche contribuire ridurre il divario retributivo di genere, dato che a percepire un salario minimo sono più donne che uomini. La proposta contribuisce inoltre a proteggere i datori di lavoro che retribuiscono dignitosamente i lavoratori, garantendo così una concorrenza leale. La Presidente von der Leyen ha promesso di presentare uno strumento giuridico per garantire un salario minimo equo per i lavoratori dell’Unione già all’inizio del suo mandato, e ha ribadito questo impegno nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione il 16 settembre 2020. Il diritto a retribuzioni minimi adeguate è sancito nel principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali, proclamato congiuntamente dal Parlamento europeo, dal Consiglio per conto di tutti gli Stati membri e dalla Commissione europea nel novembre del 2017 a Göteborg.

Ma la UE si è già mossa anche su campi non strettamente legati alla retribuzione, per proteggere tutti i lavoratori nell’UE e migliorare i diritti di quelli più vulnerabili (assunti con contratti atipici). Nel 2019 il Parlamento ha adottato delle nuove norme che introducono diritti minimi sulle condizioni di lavoro. Le nuove misure limitano la lunghezza del periodo di prova a un massimo di sei mesi, introducono la gratuità dei corsi di formazione obbligatori, proibiscono la presenza di clausole di esclusività nei contratti e impongono l’obbligo di comunicare ai neo-assunti tutte le informazioni chiave sulle loro responsabilità entro una settimana dall’inizio del loro nuovo lavoro. Parimenti ha introdotto degli standard minimi comuni sulle ore di lavoro che sono validi in tutti gli stati membri. La legislazione europea in materia di lavoro stabilisce diritti individuali per tutti i lavoratori, i quali non devono lavorare più di 48 ore a settimana e hanno diritto ad almeno quattro settimane all’anno di ferie retribuite e a periodi di riposo. Le norme europee coprono anche altri aspetti come il lavoro notturno, il lavoro a turni e il ritmo di lavoro.

Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha dichiarato: “La proposta odierna su salari minimi adeguati è un segnale importante del fatto che, anche in tempi di crisi, la dignità del lavoro è intoccabile. Sappiamo che per troppe persone il lavoro non è più remunerativo. I lavoratori dovrebbero avere accesso a salari minimi adeguati e a un tenore di vita dignitoso. Oggi proponiamo un quadro per i salari minimi che rispetta appieno le tradizioni nazionali e la libertà delle parti sociali. Migliorare le condizioni di vita e di lavoro tutelerà non solo i lavoratori ma anche i datori di lavoro che offrono retribuzioni dignitose, e creerà le basi per una ripresa equa, inclusiva e resiliente”.

Valdis Dombrovskis, Vicepresidente esecutivo per Un’economia al servizio delle persone, ha dichiarato: “È importante garantire che la ripresa economica giovi anche ai lavoratori a basso salario. Con questa proposta vogliamo garantire che i lavoratori dell’UE possano condurre una vita dignitosa ovunque lavorino. Il dialogo sociale svolge un ruolo cruciale nella negoziazione dei salari a livello nazionale e locale. Sosteniamo la libertà delle parti sociali di negoziare i salari autonomamente e, ove ciò non sia possibile, forniamo un quadro per orientare gli Stati membri nella determinazione dei salari minimi”.

Nicolas Schmit, Commissario per il Lavoro e i diritti sociali, ha dichiarato: “Quasi il 10% dei lavoratori nell’UE vive in condizioni di povertà. Questa situazione deve cambiare. Chi ha un lavoro non deve faticare ad arrivare a fine mese. I salari minimi devono recuperare terreno rispetto ad altri salari che, negli ultimi decenni, sono cresciuti lasciando indietro i salari minimi. La contrattazione collettiva dovrebbe costituire lo standard di riferimento in tutti gli Stati membri. Il principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali sancisce, nero su bianco, che sono garantite retribuzioni minime adeguate. Tutti gli Stati membri lo hanno approvato e contiamo quindi sul loro costante impegno in tal senso”.

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