Diritto alla disconnessione, il Parlamento UE prende posizione

La società digitale con tutta la sua architettura fatta di device elettronici e connessione ha comportato un grande cambiamento nella vita delle persone. La progressione, lenta, ma inesorabile, non ha fatto percepire con immediatezza la strada intrapresa, che è esplosa con la pandemia e il conseguente aumento esponenziale dello smartworking. La sfumatura tra i confini della vita privata con quella lavorativa si è di fatto resa intangibile, si calcola che il tempo impiegato a leggere le e-mail fuori dall’orario di lavoro sia superiore a quello dedicato alle ferie. Una tendenza che incide pesantemente sulla salute, con l’aggravarsi di sintomi come insonnia, irritabilità, cattivo umore, esaurimento mentale, mancanza di energia e prestazioni inferiori, stress lavoro correlato, la cosiddetta sindrome di burn-out.

La giurisprudenza tende a non fare rientrare la reperibilità nel tempo oggetto del diritto alla disconnessione, che diviene un diritto-dovere del lavoratore e implica l’obbligo a imporlo da parte del datore di lavoro. Tale pratica può essere attuata con lo spegnimento degli strumenti aziendali e/o la disconnessione dall’accesso alla rete informatica lavorativa. La disciplina normativa del lavoro agile trova origine nell’art. 19 comma primo della legge n.81 del 22 maggio 2017 (misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato), il quale dispone che l’accordo sullo smart-working debba contenere, sia i tempi di riposo del lavoratore che le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. Resta il fatto che, almeno in Italia, il diritto alla disconnessione resta una sorta di esortazione tra enunciazioni di principio e inviti, ma non un diritto garantito a norma di legge. Disciplina ex-lege che invece si trova, pur con diverse sfumature, nell’ordinamento del lavoro sia in Francia che in Spagna, mentre in Italia si affacciano, timidamente, i primi accordi, ma sempre e solo su base aziendale, come Barilla, Unicredit, Allianz, Cattolica, per citarne alcuni.

Il Garante per la protezione dei dati personali Soro, ha espresso un interessante punto di vista nella sua audizione del 13 maggio 2020: “Viste le ricadute occupazionali dell’epidemia da Covid-19: è necessario assicurare in modo più netto di quanto già previsto, anche quel diritto alla disconnessione, senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale. E si impone la necessità di impedire ai datori di lavoro di fornire ai dipendenti un computer dotato di funzionalità che consentano di esercitare un monitoraggio sistematico e pervasivo dell’attività compiuta dal dipendente tramite, appunto, questo dispositivo”. E’ bene rammentare che per i lavoratori in modalità agile non viene meno l’obbligo di protezione della salute psico-fisica del dipendente da parte del datore di lavoro, in conformità all’articolo 2087 cod. civ. Questa disposizione normativa prevede che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro”. La disconnessione costituisce a pieno titolo una misura preventiva per tutelare appunto la personalità fisica e morale dello smart worker. Quanto sopra trova anche conferma nello stesso articolo 22 della Legge 81/2017 secondo cui il datore di lavoro “garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile”. In tale ambito vanno comprese anche le chat aziendali di WhatsApp, che non devono essere popolate da foto, meme, video e considerazioni che riguardano la sfera privata o ambiti che con il lavoro c’entrano poco. Così come sono da invitare a terminare comportamenti invasivi da parte di capi che inondano i propri collaboratori di messaggi a tutte le ore, a volte esigendo una risposta tempestiva e immediata.

Il diritto alla disconnessione è arrivato all’attenzione del Parlamento Europeo, alla luce dei numeri che raccontano che il 37% dei lavoratori europei ha operato in smartworking e il 27% lo ha fatto durante il proprio tempo libero. Chi lavora regolarmente in smartworking ha il doppio delle probabilità di lavorare più dell’orario massimo lavorativo stabilito dalla direttiva sull’orario di lavoro rispetto a coloro che non lo fanno. I termini della durata dell’orario lavorativo e di riposo prevedono un massimo di 48 ore lavorative settimanali, un minimo di 11 ore consecutive di riposo giornaliere e un minimo di 4 settimane di ferie annuali retribuite. Più di 300 milioni di persone al mondo soffrono di depressione e di disturbi mentali legati al lavoro.

Alla luce di tutto questo il PE ha valutato che il diritto alla disconnessione al momento non è definito da una legge UE e quindi vuole cambiare la situazione. Il 21 gennaio 2021 ha chiesto alla Commissione europea di proporre una legge che permetta ai lavoratori di disconnettersi al di fuori dell’orario lavorativo senza conseguenze e che stabilisca degli standard di base da rispettare per il lavoro da remoto. Il Parlamento ha sottolineato che le interruzioni al tempo di riposo e l’estensione delle ore lavorative rischiano di provocare straordinari non pagati e un impatto negativo sulla salute, sull’equilibrio tra vita privata e professionale e sul riposo. Ha quindi chiesto che i datori di lavoro non possano chiedere ai propri dipendenti di essere disponibili al di fuori del loro orario lavorativo e che i collaboratori evitino di contattare i colleghi per motivi di lavoro quando non sono disponibili. Un’altra richiesta è che gli Stati membri assicurino che i lavoratori che invocano il diritto alla disconnessione siano protetti da ripercussioni negative, oltre a mettere in campo dei meccanismi per il reclamo e le violazioni al diritto alla disconnessione. L’apprendimento da remoto e la formazione dovrebbero essere considerati come attività lavorative e non dovrebbero essere svolti nell’orario di riposo o nei giorni liberi senza una compensazione adeguata.

©Futuro Europa® Le immagini utilizzate sono tratte da Internet e valutate di pubblico dominio: per segnalarne l’eventuale uso improprio scrivere alla Redazione

Print Friendly, PDF & Email
Condividi

Sii il primo a commentare su "Diritto alla disconnessione, il Parlamento UE prende posizione"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non sarà pubblicato


*