Superficialità imperante

Ho sempre sentito dire che le crisi come le guerre o le grandi tragedie hanno un risvolto positivo; servono ai cambiamenti perché mettono in evidenza quelle che sono le vere priorità. Una volta lo credevo anche io, ora non più. C’è una tendenza importante alla superficialità, al pensiero accorciato in pochi caratteri sicuramente dovuto all’uso compulsivo dei social. Pensare a un ex presidente degli USA che ha governato con Twitter e a un ex primo ministro italiano che lo ha fatto con Facebook, dà la misura del problema.

Una crisi come questa pandemia ha tirato fuori molti lati negativi. Primo su tutto l’incompetenza di molti politici. Ci voleva la pandemia, direte voi, lo sapevamo. In effetti forse lo sospettavamo ma ora abbiamo la prova provata. Ma questo non riguarda solo noi, se date uno sguardo in giro sono pochi i governi che hanno reagito con competenza. Certo noi abbiamo avuto i dilettanti allo sbaraglio anche se va dato atto che una roba così era impensabile. Ma ha regnato sovrana la grande superficialità. Zygmunt Bauman dichiarò tempo fa (ed è attualissimo il suo pensiero) che basta focalizzare il cambiamento di valore della parola “amico” tra ieri e oggi in internet per capire come i rapporti siano diventati facili e superficiali. I nuovi rapporti vivono di monologo e non di dialogo, si creano e si cancellano con un clic del mouse, accolti come un momento di libertà rispetto a tutte le occasioni che offre la vita e il mondo.

La superficialità. Anche quella di dare incarichi a persone non adatte, solo per amicizia o spesso perché vicini di ombrellone. Non è una battuta, è vita vera. Perché nel politico e anche nel resto del cocuzzaro c’è il desiderio di fedelissimi; quindi amici o fedeli sudditi a ricoprire cariche che negli anni passati hanno visto personaggi che hanno cambiato in meglio la nostra vita; ora gente che al massimo avrebbe potuto gestire un chiosco di gelati chiamato a fare il ministro.

La superficialità ci ha quasi abituato a tutto questo squilibrio. Lo viviamo anche nelle cose più piccole; la superficialità di dire “è una figura di spessore” solo perché ha scritto bene il suo nome sul campanello di casa oppure ha deciso di fare bene la raccolta differenziata.

La superficialità di agire per i propri scopi non tenendo conto delle vere competenze e così minare situazioni già fragili.

Non credo che questa pandemia, quando finalmente sarà solo un brutto incubo da dimenticare, ci troverà migliori. Saremo tutti indistintamente più superficiali ed egoisti, meno capaci e più critici. Sempre più dominati da piccole dinamiche senza respiro corale.

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