Presidente Mattarella, ci è rimasto solo lei!

[NdR – Riceviamo e pubblichiamo questo Appello al Capo dello Stato del Presidente CISE-Confederazione italiana per lo sviluppo economico e Presidente ASI-Area di Sviluppo Industriale di Napoli, Giuseppe Romano]

“Lanciamo un appello al Presidente della Repubblica perché faccia nascere un nuovo Governo che abbia , dopo l’uscita dalla pandemia, l’emergenza Sud in cima all’agenda di un programma di salvezza nazionale”. Lo chiede il Presidente del Cise e dell’Asi Napoli, Giuseppe Romano al Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

“Secondo l’ultimo Rapporto Svimez la crisi ingenerata dal contagio da COVID 19 fa perdere alle Regioni del Sud 10 miliardi al mese. L’emergenza che si protrae da circa un anno ci fa registrare ,da parte delle nostre Associazioni territoriali ,dati ancor più pesanti. I posti di lavoro persi sono circa 300 mila; le donne sono il genere più penalizzato. Il tasso di disoccupazione giovanile supera I’11-12%, più alto della media nazionale. La chiusura e la riapertura a singhiozzo delle scuole, sta interrompendo un percorso formativo, i cui guasti si vedranno tra pochi anni. Anche i corsi di avviamento al lavoro e quelli di riqualificazione dei disoccupati, sono al palo.

Avevamo intravisto una luce con il grande piano europeo di ripresa, il famoso Recovery Fund. All’Italia andrà una ingente quota di risorse e il Governo uscente aveva annunciato che sarebbero stata destinate, in buona parte, al Mezzogiorno. Poi sono seguiti i ritardi nella stesura del Recovery Plan (siamo rimasti alla terza bozza) e poi la crisi del Governo Conte 2. Per questo la nostra unica ancora di salvezza resta l’operato del Presidente della Repubblica”.

“Più volte – prosegue il Presidente Giuseppe Romano – abbiamo sentito dire dalla politica che se non riparte il Sud, non riparte l’Italia. Qualcosa era sembrato che si muovesse con la fiscalità di vantaggio. Ma presto ci siamo accorti che non sarebbe stata una misura strutturale e quindi , di per se stessa, quasi inutile. L’Italia resta un paese a due, tre, più velocità. Un motore che al Sud rischia di andare fuori giri, per i ritardi del passato, mai colmati. Il contributo alla ripartenza del Paese, che molti individuano nella rinascita delle Regioni meridionali, resta una enunciazione di principio solidaristico. Ho timore che siano le in pochi a crederci veramente mentre aumentano coloro che considerano il Sud, la pesante zavorra che impedisce la crescita dell’Italia.

Sulla copertina del Recovery plan scritto dal Governo, campeggia l’ambiziosa denominazione “Next Generation EU”. Bruxelles ci invita a riempire le pagine di contenuti e tabelle precise. L’emergenza pandemica sviluppatasi al Nord si è velocemente trasmessa al Sud, impattando su un tessuto economico già molto fragile. In attesa degli aiuti dell’Europa dobbiamo fare i conti con i fondi stanziati dalla Legge di Bilancio 2021.

Secondo le previsioni sarebbe il Sud ad avere i maggiori benefici da un possibile incremento del Pil, le cui stime ogni giorno vengono però aggiornate al ribasso. Ma delle politiche che dovrebbero essere alla base della rinascita del Sud, nemmeno l’ombra. Nessun piano concreto per attuare i diritti fondamentali del cittadino ad avere standard accettabili per la cura della salute, per l’istruzione e per la mobilità. Se poi si volesse davvero guardare al futuro sarebbe necessario mettere in attuazione il piano industriale per le infrastrutture nell’ottica di una collocazione euro-mediterranea e indirizzata verso la transizione verde e digitale”.

“Il nuovo Governo troverà sul tavolo i problemi irrisolti che affliggono il Sud – conclude Giuseppe Romano – ma in attesa dei 209 miliardi del Recovery Fund e di altri raccattati qua e là, è pronto e disponibile un piano di sviluppo che è a ‘costo zero’. Si potrebbero mettere subito a disposizione delle Regioni gli strumenti tecnici e il personale qualificato per spendere i miliardi dei Fondi europei per lo sviluppo, dei quali sembra che qualcuno si sia dimenticato. I dati pubblicati dalla UE, relativi a fondi strutturali e investimenti, dicono che l’Italia ha ricevuto 75 miliardi per il periodo 2014/2020. Solo 25 miliardi (35%) sono stati spesi. Gli altri, oltre 50, inutilizzati.

Un immobilismo inaccettabile con relativo rimpallo di responsabilità da parte di chi sostiene che non abbiamo le capacità di presentare proposte credibili, o che peggio, non siamo in grado di scriverle. Le strutture per ”mettere a terra“, come si usa dire oggi, i progetti ci sono e possono entrare in campo professionalità indiscusse, in grado di garantire trasparenza. Basta volerlo. Questo è un esame di laurea che il prossimo Governo potrebbe facilmente superare con la certezza di essere promosso con 110 e lode”.

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