Il Re Lear di Mar-a-Lago

La definizione di Trump come un moderno Re Lear scespiriano chiuso nella sua fortezza di Mar-a-Lago in Florida, inveendo contro un mondo nemico e corrotto, non è mia e neppure della grande stampa “liberal” genere New York Times, ma è contenuta in un durissimo editoriale del New York Post del 28 dicembre. E questo è terribilmente significativo perché il Post appartiene a Rupert Murdoch e ha sempre strenuamente appoggiato Trump fino alle elezioni del 3 novembre. Dopo, il giornale ha cambiato linea, come altri media murdochiani, come il Wall Street Journal e la stessa catena TV della Fox, via via sempre più critici dei disperati tentativi del Presidente di sovvertire il risultato elettorale.

Nell’edizione del 28, il Post sbatte in prima pagina una foto a tutto campo di un Trump depresso e scuro in volto. Nell’editoriale, egli viene invitato a smetterla, nell’interesse suo e della Nazione, con la sinistra sciarada, avvertendolo che continuando nelle sue assurde accuse di frodi mai provate e di fatto smentite da decine di sentenze della Giustizia e dai responsabili repubblicani dei principali Stati coinvolti, e insistendo nel tentativo futile di ottenere che il Congresso smentisca le decisioni del Collegio Elettorale, sta rovinando il suo legato e gioca a favore della tendenza dei democratici a considerarlo come un’aberrazione passeggera nella vita politica nazionale. Gli chiede di disfarsi dei suoi cattivi consiglieri e in particolare di respingere la proposta del suo ex-Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il gen. Flynn, di proclamare la legge marziale in certi Stati per obbligarli a cambiare i risultati, proposta che il Post definisce “alto tradimento”. Trump passa per essere un lettore assiduo del Post e un ascoltatore fanatico di Fox News.

Basterà la defezione dei media di Murdoch a convincerlo che è ora di mettere fine a un aberrante e degradante spettacolo? Non credo, ma la sua disillusione deve essere grande, se anche il gruppo di comunicazione a lui più fedele lo abbandona e, di fatto, lo invita a farsi da parte. Tanto più che anche tra i parlamentari repubblicani appaiono segni di chiaro scontento. È stata una rivolta interna del Partito che lo ha costretto a firmare la legge sul pacchetto di aiuti, che aveva definito “disgraziata”. E la stessa rivolta è apparsa contro il suo veto a una legge di spesa per il personale militare per il 2021, votata dal Congresso quasi all’unanimità e sempre fortemente voluta dai Repubblicani.

Insomma, una crescente solitudine, che però non fa che accrescere la paranoia di un uomo egomaniaco, sempre più distante dalla realtà e afferrato al potere, di cui è lecito chiedersi se non sia un caso più psichiatrico o una semplice manifestazione, anche se abnorme e antidemocratica, della politica.

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