Cronache dai Palazzi

Green, digitale e inclusione sociale sono queste le priorità individuate da Bruxelles per l’economia post Coronavirus. Un Recovery Plan da 750 miliardi, temporaneo, che durerà fino al 2022 e verrà agganciato al bilancio Ue 2021-2027 da 1.100 miliardi che dovrebbe rendere l’Europa più digitale, più verde e più resiliente.  Il piano prevede 500 miliardi in trasferimenti a fondo perduto e 250 in prestiti. Il Recovery and Resilience Facility, il cuore del piano, rappresenta un sostegno finanziario agli Stati per favorire la ripresa incoraggiando gli investimenti e favorendo le riforme, rendendo i sistemi economici dei Paesi Ue più resilienti e preparati ad affrontare il futuro.

Come ha spiegato il commissario europeo agli Affari Economici Paolo Gentiloni, il Recovery and Resilience Facility “non ha a che fare con condizionalità e intrusione di Bruxelles, è volontaria: gli Stati si assumono la responsabilità della propria crescita”.

I fondi “arriveranno in tranche legate agli obiettivi di riforma” – ha puntualizzato il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis – in base al Piano nazionale dei singoli Paesi, che dovrà specificare la destinazione dei fondi fino al 2024 e i vari obiettivi da realizzare. Se gli Stati membri non rispettano “le priorità stabilite dall’Ue” e “non implementano gli obiettivi, perdono i soldi di una rata”. Il commissario Paolo Gentiloni ha puntualizzato che i Paesi membri che richiederanno il Recovery Fund “dovranno presentare il Piano nazionale di investimenti ad aprile ma possono anche presentarlo ad ottobre con la bozza del programma di stabilità per poter valutare il tutto rapidamente, noi incoraggiamo i governi a procedere così”, ha affermato Gentiloni.

Un comitato formato dai vari esponenti degli Stati Ue valuterà i singoli Piani dei diversi Paesi ma la valutazione finale spetta alla Commissione. Ogni Paese dovrà “stabilire le priorità” e alla Commissione europea spetterà “verificare che siano coerenti”. All’Italia sarebbero destinati circa 80 miliardi a fondo perduto e circa 90 in prestiti. Il nostro Paese sarà il maggiore beneficiario, seguito dalla Spagna con oltre 140 miliardi, mentre Francia e Germania avranno sovvenzioni minori rispettivamente di 38 e 28.8 miliardi.

La Commissione europea ha tenuto conto anche delle richieste dei cosiddetti Paesi “frugali”: Olanda, Austria, Danimarca e Svezia. Come ha spiegato la presidente von der Leyen, “i frugali chiedono un bilancio moderno e il 60% di questa proposta va verso politiche nuove, anticipi” – come è stato preventivato – e auspicano “di legare le sovvenzioni alle riforme del Semestre Ue”, come previsto. Infine i “frugali” vorrebbero assicurarsi che la maxi operazione finanziaria in corso “non porti a una mutualizzazione del debito”. La presidente della Commissione  Ue ha assicurato che “così sarà, perché il meccanismo, che usa garanzie degli Stati, è legato al bilancio Ue e alla sua ripartizione”. Nonostante le buone intenzioni i dubbi non mancano: “È difficile che questo sarà il risultato finale”, sembra aver affermato il governo olandese.

Il cosiddetto Family act, nello specifico, sarebbe il nuovo assegno unico per i figli, che dovrebbe comprendere il bonus per le donne che tornano a lavoro in seguito alla maternità e il rafforzamento del congedo parentale per i padri. La coesione sociale è di certo uno degli obiettivi fondamentali del Recovery plan e le necessità legate alle famiglie sono in primo piano, tantoché la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribattezzato il piano Next Generation Ue. Non sarà semplice, invece, utilizzare i fondi per tagliare le imposte come auspicato dal governo di Roma, in particolare per il tagli dell’Irpef. Nel suo complesso il piano europeo mira ad incentivare gli investimenti in primo luogo nel settore del digitale, dell’ambiente e della sostenibilità, per poter quindi realizzare infrastrutture telematiche, idriche ed energetiche, senza dimenticare il settore scolastico che, alla luce della crisi provocata dal Coronavirus, andrebbe anch’esso fortemente ripensato e riprogettato sia dal punto di vista dell’edilizia scolastica sia per quanto riguarda le infrastrutture digitali.

“Ottimo segnale da Bruxelles, che va esattamente nella direzione indicata dall’Italia”, ha affermato il premier Giuseppe Conte  consapevole del lungo negoziato che Palazzo Chigi si appresta ad affrontare. “Siamo stati descritti come visionari perché ci abbiamo puntato dall’inizio, ha affermato il presidente del Consiglio ripercorrendo il percorso che ha portato al Recovery Plan: “500 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti sono una cifra adeguata. Ora acceleriamo sul negoziato per liberare le risorse al più presto”, ha detto Conte.

Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, riferendosi all’operazione strutturata dalla Commissione Ue la definisce “una proposta all’altezza della sfida e della necessità di sostenere il rilancio dell’economia con strumenti e risorse comuni. Un passo avanti storico, ora lavoriamo per adottarla rapidamente”, auspica Gualtieri. Nella pratica, Palazzo Chigi mira a realizzare un Recovery plan nazionale collegato alle misure suggerite dall’Unione europea, rendendo concreto “un grande piano di trasformazione e riforma del Paese”.

La trattativa tra gli Stati membri dovrebbe raggiungere un punto di svolta il prossimo 19 giugno durante il Consiglio europeo. Le garanzie per emettere i bond per finanziare il Recovery Fund saranno comunque disponibili solo con il nuovo bilancio Ue e dopo l’approvazione di tutti i 27 Parlamenti nazionali, e quindi dopo aver ricevuto il via libera da parte del Parlamento europeo. Infine, in attesa del bilancio Ue 2021-2027, per l’anno in corso le risorse disponibili ammonterebbero a 11.5 miliardi da impiegare per rifinanziare politiche tradizionali e per ricapitalizzare le imprese in difficoltà (Solvency support instrument).

Come ripagare il debito non è comunque una preoccupazione esclusiva dei Paesi “frugali”. Anche la Commissione europea ha avanzato delle ipotesi tra cui quella di ripagare il debito del Recovery Fund con “risorse proprie” nuove – senza quindi dover ricorrere a contributi nazionali aggiuntivi da parte dei diversi Stati Ue – come la tassa sullo scambio di emissioni (Ets), sulla plastica, la digital tax, una tassa sulle grandi imprese e la cosiddetta border carbon tax.

In definitiva il piano della Commissione europea mira a tre obiettivi fondamentali: incoraggiare la ripresa degli Stati Ue; favorire gli investimenti privati ed infine capitalizzare la crisi imparando dall’esperienza, investendo in primo luogo nella sanità e nella ricerca per non rischiare di farsi trovare impreparati in un prossimo futuro.

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