Un Manifesto per l’Europa

Ventun Capi di Stato dell’Unione Europea hanno firmato un appello agli elettori in vista delle Elezioni della prossima settimana. Nel numero ci sono anche Paesi considerati euro-scettici come Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria. I sei Capi di Stato mancanti sono monarchi costituzionali per i quali non è usuale – o consentito – esprimersi su temi politici. Poiché rappresentano Paesi  vincolati all’integrazione europea, l’appello può dunque considerarsi praticamente unanime. Esso contiene un invito ai cittadini europei perché vadano a votare, ma è soprattutto importante per l’impegno chiaro  e deciso a un’Europa forte e integrata, capace di riformarsi e di essere vicina ai cittadini, e per il richiamo alle ragioni di quest’Europa, primariamente per aver consentito agli europei un lungo periodo di pace e di progresso, lasciando per sempre dietro le spalle i conflitti che avevano insanguinato il Continente e il Mondo.

Certo, i Capi di Stato nelle democrazie parlamentari non esprimono la politica dei governi, ma sono rappresentanti e garanti dei superiori interessi nazionali, al di sopra dei partiti e dei loro conflitti e delle contingenze del momento. Il loro richiamo alla necessità di non disarmare quanto si è fatto in questi ultimi 60 anni in Europa ha dunque un grande peso. Che una stampa superficiale e provinciale, tutta presa dalle nostre beghe interne, non vi abbia dedicato lo spazio e l’attenzione che esso merita, non stupisce troppo: stupisce invece, e fa male, il fatto che la grande stampa tradizionalmente illuminata non stia rispondendo in questa difficile fase al suo compito, che è di spiegare al pubblico, senza mezzi termini, quello che è in gioco ora in Europa.

Ho letto articoli di Mario Monti e di Sergio Romano (come sempre lucidissimo) sugli aspetti politici del voto europeo. Hanno scritto cose esatte, ora bisogna dire l’essenziale: un’Europa solidale e forte è vitale per l’avvenire di tutti noi, come Paesi e come persone. In un mondo di giganti, non vi è speranza di sopravvivenza come soggetti in grado di guidare il proprio destino se non per mezzo dell’Unione Europea. Al di fuori di essa, saremmo tutti fragili ed esposti a tutti i venti, economici, politici e forse militari. Chi coltiva, come una parte degli inglesi, sogni di sovranità, coltiva patetiche illusioni (o la non confessata speranza di mettersi sotto l’ombrello americano). Chi da noi insegue un sovranismo infantile, non sa – o finge di non sapere – che voltare le spalle all’Europa significa prima o poi doversi prosternare a uno dei “boss” attuali, Putin o Trump, o magari la Cina. Chi coltiva orgoglio nazionalista non sa, o finge di non sapere, che la nostra Patria, al di là e nell’interesse stesso della Nazione che amiamo è, e può essere solo, l’Europa.

Contro quest’Europa, diciamolo chiaramente e ad alta voce, è in atto una cospirazione di forze dirette a distruggerla o, quanto meno, a farle fare enormi passi indietro. Non è neppure una cospirazione segreta: Trump e i suoi accoliti (specialmente Steve Bannon) lo dicono apertamente. Putin lo fa con più sottigliezza, ma in modo inequivocabile. Ma davvero crediamo che il Movimento dei Gilets Jaunes sia indipendente e spontaneo? La forza di questa gente sta nel fatto che ha cavalli di Troia in seno all’Europa stessa. Quinte colonne consapevoli o semplici “utili idioti”? Difficile saperlo, ma in ambedue i casi pericolosi, come lo sono le quinte colonne.

Quando andremo a votare teniamolo ben presente: non sono elezioni marginale e secondarie, che non ci riguardano da vicino, e non sono neppure un mezzo per regolare conti interni; per la prima volta in un’elezione europea abbiamo in mano la possibilità di incidere sul nostro destino, su quello dei nostri figli e nipoti. Per la prima volta siamo chiamati a dare o negare il nostro voto a chi vuol costruire, non distruggere, a chi vuole tenere in mano le chiavi del nostro futuro, non consegnarle ciecamente a Mosca (o a Washington, o a Pechino).

Questo i  ventun Capi di Stato non potevano dirlo, ma si legge in filigrana nelle loro parole. Questo la stampa illuminata dovrebbe dirlo in questa settimana decisiva, e non farlo costituirebbe un peccato forse irreparabile di omissione. E dovrebbero dirlo i partiti europeisti, come PD e FI, e quelli ambigui o peggio, come Lega e 5Stelle dovrebbero dire chiaramente dove stanno: stanno dalla parte di Trump, di Putin, dell’asservimento ad altri, o dalla parte di un’Europa forte e autorevole, in grado di proteggere al meglio i nostri interessi nazionali; un’Europa riformata, come forse è necessario, in grado di difendere i confini e la sicurezza comuni, ma pur sempre l’Europa voluta dai nostri Padri. L’Europa della solidarietà, della libera circolazione, della scienza, della pace e della sicurezza comuni. L’Europa orgogliosa delle proprie radici, madre e garante della Civiltà. Perché è questo che è in gioco domenica 26 maggio.

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