Grecia, fine degli aiuti UE

La Grecia è stato il primo Paese dell’Eurozona a ricevere, nel maggio 2010, assistenza finanziaria internazionale da parte delle BCE, della Commissione Europea e dal Fondo monetario internazionale (FMI), che, come sappiamo, è subordinata a tutta una serie di misure e condizioni da rispettare per il Paese ricevente l’aiuto, viste, soprattutto, in veste di riforme dirette a risolvere i problemi strutturali che hanno provocato le condizioni di fragilità economica-finanziaria: i cosiddetti “performance criteria” che lo Stato destinatario deve conseguire per poter ottenere i prestiti del Fondo, di solito erogati in tranches trimestrali.

Si tratta di interventi riformistici, abitualmente, d’impronta neoliberale, tendenti a raggiungere tre obiettivi principalmente: la riduzione dell’intervento statale nell’economia, la privatizzazione/deregolamentazione e la revisione della politica commerciale.

Dopo otto anni per la Grecia il programma di aiuti dell’Unione è terminato. “I ministri delle Finanze dell’Eurozona – come si legge nella nota diffusa dalla Agenzie di Stampa – riuniti in Lussemburgo hanno deciso la fine del commissariamento per la Grecia che, finalmente, esce dal programma di aiuti UE e dà l’addio all’era della Troika, ritornando alla sovranità finanziaria dopo l’ultima tranche di finanziamenti per 15 miliardi di euro. I ministri europei hanno verificato che il governo Tsipras ha approvato tutte le riforme necessarie per concludere il piano di aiuti dei creditori”.

Crisi greca che è espressione non solo di una crisi economico-finanziaria collegata alla sostenibilità del debito pubblico, ma anche alla profonda crisi politica che attraversa l’Europa che mostra i limiti e le difficoltà del complicato processo d’integrazione europeo.

Come mette in evidenza Pierre Moscovici, Commissario agli affari economici dell’Unione Europea, in una sua dichiarazione, si tratta di un “…momento storico, la crisi greca finisce qui, in questo momento, in Lussemburgo. Siamo arrivati alla fine di questa strada così lunga, difficile, ma, penso, ben preparata”.

Soprattutto rivolta, come le analisi di più parti rilevano, a far sì che il criterio del rigore, applicato alla Grecia, scoraggi ulteriori instabilità, a livello globale, macroeconomico, europeo, derivanti da politiche da parte di partiti popoulisti, in altri Paesi d’Europa, contrarie ai principi di austerity necessari per risollevare le specifiche situazioni di crisi politica economico-finanziaria dei diversi Paesi e del rispettivo debito pubblico.

Tuttavia, la Grecia non ha risolto ad oggi tutti i suoi problemi: tassi elevati di disoccupazione, riduzione dei salari e delle pensioni, problemi nella sanità pubblica, fuga all’estero questi i principali. Per risanare l’economia di tutto il Paese rileva Yannis Stournaras, il governatore della Banca Centrale di Grecia, “ancora la strada da fare resta molto lunga”. Anche se, come dichiara il presidente della BCE, Mario Draghi, il debito a medio termine è diventato più sostenibile.

In ogni caso la Grecia continuerà ad essere vigilata da lontano dall’Unione, mentre i “creditori hanno allungato le scadenze di almeno dieci anni e adottato misure per la riduzione del debito, anche se sottoporranno la situazione economico-finanziaria greca a controlli periodici per verificare il rispetto delle riforme” concludono le note delle Agenzie.

Già dallo scorso anno (26 luglio 2017) la Grecia, comunque, era tornata sui mercati finanziari, con “3 miliardi di euro di nuovi bond a scadenza quinquennale” con un tasso d’interesse leggermente più basso rispetto a quelli venduti nel 2014, mentre nel settembre dello stesso anno i ministri delle Finanze dell’Unione Europea, osservando che la Grecia ha ripristinato il rapporto deficit/PIL, confermano che il Paese era “fuori dalla procedura per decifit eccessivo”.

Tuttavia nel gennaio di quest’anno i dati Eurostat dimostrano che il quadro della situazione greca, con un debito che continua a essere elevato (320 miliardi di euro, pari al 180% del PIL) è molto precario e instabile. Il dato positivo che si rilevò, secondo gli indicatori del Fondo Monetario Internazionale, fu che le stime del Pil indicavano una crescita del 2.02% nel 2018 e del 1,83% nel 2019, ma è nello scorso giugno che, contemporaneamente alla decisione dell’Europa della fine per la Grecia degli aiuti dell’Unione, l’Eurogruppo raggiunge un accordo sulla possibilità per la Grecia di posticipare di dieci anni (dal 2022 al 2032) il pagamento dei 110 miliardi di euro di prestiti ricevuti dal Fondo salva Stati EFSF.

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