Brexit, Gran Bretagna in stallo?

Lo scorso 29 marzo il Regno Unito ha notificato al Consiglio Europeo la sua volontà di uscire dall’Unione Europea. In seguito a ciò a far tempo dal 30 marzo 2019 non sarà più applicata al Regno Unito tutta la normativa e la legislazione prevista dall’Unione per gli Stati membri, a meno che un accordo di revoca ratificato non stabilisca diversamente o il Consiglio Europeo, conformemente all’art 50, paragrafo 3 del tratto sull’Unione Europea e d’intesa con il Regno Unito non decida all’unanimità che i Trattati cessino di essere applicati in una data successiva.

Le conseguenze saranno di portata non indifferente per tutti i settori produttivi e politici. Le Agenzie dell’Unione decentrate hanno pubblicato tutta una serie di informazioni in merito al ritiro del Regno Unito dalla UE come: l’Agenzia Europea delle sostanze Chimiche, l’Agenzia Europea dei Medicinali, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà intellettuale; le Autorità Europee di vigilanza (Autorità bancaria europea, Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali professionali) e il “Meccanismo di vigilanza unico” hanno emesso pareri e orientamenti.

A febbraio con la pubblicazione della bozza di Trattato sulla Brexit, presentato da Michel Barnier, capo-negoziatore della UE per la Brexit, si pensò che si fosse giunti a un momento decisivo sul processo di fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ma andando a leggere attentamente le “carte” vediamo che le due parti si trovano in disaccordo su questioni d’importanza fondamentale.

E’ soprattutto la “questione irlandese” il motivo dell’inconciliabilità delle posizioni tra i due: ovvero il problema dei confini in Irlanda del Nord e a questo si va a sommare i problemi collegati alla gestione della cosiddetta “fase di transizione”. Per la questione irlandese Bruxelles propose di mantenere quella che è stata definita una “coerenza regolamentare” tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, proposta che implica la permanenza dell’Irlanda del Nord nell’unione doganale comunitaria.

Mentre la data stabilita, per la conclusione del periodo di transizione, richiesto dal Regno Unito per consentire alle imprese di “ammortizzare” l’uscita dall’Unione Europea, è fissata per 31 dicembre 2020. Termine, quest’ultimo, che a detta di Bruxelles andrebbe incontro alle richieste della Gran Bretagna di avere un periodo di transizione di due anni a far tempo dalla sua entrata in vigore legale del marzo 2019 e coinciderebbe, anche, con la conclusione dell’attuale Piano finanziario dell’Unione Europea previsto per il 2020 (2014-2020).

Risultati positivi si sono raggiunti sui “diritti dei cittadini”: i cittadini della UE nel Regno Unito e i cittadini britannici nella UE che sono arrivati prima del 31 dicembre 2020 possono continuare a vivere come fanno attualmente e sarà garantita l’uniformità dei diritti su entrambi i lati della Manica, non solo nelle fasi iniziali ma nel lungo periodo.

Michel Barnier al 28 Congresso della Federazione Internazionale di diritto europeo (FIDE) dello scorso 28 maggio a Lisbona sottolinea come sia imprescindibile per gestire adeguatamente la questione della Brexit modulare nel modo più opportuno la governance dell’Accordo per la fuoriuscita principalmente su tre punti: un sistema di gestione idoneo per le controversie legali; il ruolo della Corte di giustizia; il ruolo dei giudici britannici.

Intanto la Camera dei lord nel Regno Unito ha adottato un provvedimento del partito laburista. E’ un emendamento al progetto di legge sulla Brexit che dà al Parlamento il potere di impedire l’addio alla UE senza un accordo con l’Unione e si è in attesa che i deputati, dopo i 335 voti a favore e i 244 contro, si pronuncino. L’emendamento permette ai parlamentari di obbligare il Governo a tornare alla negoziazione in caso di bocciatura dell’accordo e di decidere se restare o meno nell’Unione. Si tratta dell’ennesimo ostacolo nel cammino per la realizzazione della Brexit oltre a testimoniare volontà e convinzioni non più unitarie e coese in Gran Bretagna.

Bruxelles procede, unilateralmente, pur tenendo in considerazione le proposte e le richieste di Londra a delineare “modalità di separazione”, a dettare piani d’azione.  La May procede con “discorsi d’indirizzo”.  Il Consiglio approva unilateralmente le linee guida sul dopo Brexit immaginando “scenari di libero scambio” e di leale ed effettiva cooperazione tra le due parti.

E’ vero che lo scorso 19 marzo gran parte dei contenuti della bozza di Accordo sono stati approvati dalle due delegazioni, diventando, così, parte di un progetto di Trattato approvato dai 27 Capi di Stato e di Governo, ma le trattive sembrano essere ancora lunghe e laboriose e l’invito del Consiglio europeo (art 50) alla Commissione, all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza e agli Stati membri a velocizzare i lavori, a tutti i livelli, per la gestione delle conseguenze del ritiro appaiono quanto mai opportuni.

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