Democrazia e internet

In un’intervista ad un giornale americano, Davide Casaleggio, figlio del cofondatore del Movimento 5 Stelle e suo dirigente, ha detto una cosa che da un lato mette paura, ma dall’altro deve far pensare: che in futuro, la democrazia rappresentativa sarà superata, cedendo il posto ad una sedicente “democrazia diretta” manifestantesi attraverso le rete sociali.

Non vi è dubbio che viviamo un’epoca di vertiginosi cambi in materia di comunicazioni elettroniche, e le campagne di Grillo e Casaleggio senior, basate almeno all’inizio sulla comunicazioni via rete, dimostrano col loro successo che questa nuova realtà si dimostra iperefficace. Una comunicazione via Facebook, o Twitter, si sa, può raggiungere centinaia di migliaia o milioni di persone, relegando i comizi di antica memoria a ferrivecchi. Può anche arguirsi che la comunicazione elettronica lascia molto indietro quella su carta stampata e persino in radio o TV. Sarei però molto cauto nel considerare sepolta la democrazia rappresentativa – quella, per intenderci, che si manifesta col deposito del voto nell’urna elettorale – a favore di una sorta di amorfa e non controllabile pratica di sondaggi diretti via internet. Per essere credibile, l’espressione della volontà dei cittadini-elettori deve essere controllabile, come avviene, nonostante carenze e occasionali disguidi, con il sistema attuale. Quella che avviene attraverso le reti sociali è, per definizione, molto poco verificabile e spesso arbitraria. Tra l’altro, così come funziona, riguarda un numero non veramente significativo di persone, in genere gli iscritti o simpatizzanti di un determinato  partito. E lo scandalo attuale che coinvolge Facebook dimostra come il sistema sia manipolabile e comunque vulnerabile.

Altra cosa, peraltro, è chiedersi se il sistema sin qui in uso, di schede elettorali spesso difficili da interpretare e compilare, e che richiedono all’elettore di recarsi di persona al seggio, magari affrontando code e ritardi, sia a lungo sostenibile, e non sia tra le cause che consigliano una percentuale non indifferente di elettori a non andare a votare.

In alcuni paesi vige già il voto elettronico, che semplifica molto le cose, riduce drasticamente i costi e tra l’altro permette di conoscere i risultati in tempi molto rapidi. L’obiezione, finora, sta soprattutto nella difficoltà di evitare brogli o manipolazioni. Penso tuttavia che, in un paese tecnologicamente avanzato come l’Italia, i mezzi per un reale controllo possano essere individuati. Una seconda obiezione, ovvia, è che non tutti possiedono un computer o una email, ma anche questo problema può essere superato, per esempio mettendo a disposizione dei  computer nelle sedi pubbliche.

Insomma, credo che riconoscere la realtà cibernetica in cui siamo sempre più immersi sarebbe un segno di progresso e rafforzerebbe alla fine la partecipazione democratica. Ma questa deve restare universale e verificabile nelle sue manifestazioni di base. Non può essere ammesso che un numero ridotto di persone, navigando per la rete, possano usurpare la volontà generale. Voto elettronico, sì. Falsa democrazia per internet, no.

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