Verso l’avventura

All’indomani delle elezioni, è obbligatoria una constatazione poco allegra. Gli elettori hanno voltato le spalle ai partiti garanti della continuità del sistema e scelto due forze politiche diverse tra di loro ma accomunate dalla stessa insofferenza verso i personaggi e le politiche del passato. Non è certo il risultato che auspicavo, e l’ho scritto a sufficienza, ma è giusto prenderne atto.

La contesa ha avuto due vincitori e due vinti maggiori. Hanno vinto Di Maio e Salvini, leader del primo e del terzo partito. Hanno perso, nettamente, Renzi e Berlusconi. Nella sua conferenza stampa, Matteo Renzi ha richiamato con orgoglio il lavoro svolto dal PD in questi cinque anni. Aveva ragione, ma in politica conta l’immagine, e quella del PD ha sofferto tremendamente, non solo per le risse interne, ma per vari errori dello stesso Renzi (penso che la Boschi sia stata un suo tallone d’Achille).  Berlusconi non ha scusanti. Aveva cercato una volta ancora di imbonire la gente, assicurando il 40% per il Centrodestra e la prevalenza di FI sulla Lega. Gli è andata male su ambedue i punti. Non me ne rallegro affatto, avrei  preferito, oggi, aspettarci un preincarico a quella brava persona  che è Antonio Tajani, ma così non sarà. È questa la fine del percorso, quella vera, per l’ex Cavaliere di Arcore? A questo punto, c’è da presumerlo. Ma aspettarsi da lui un passo indietro, è davvero sperare troppo.

Ci sono stati altri “caduti” minori: LeU ha avuto un risultato meschino (e più che meritato) e sarà molto probabilmente irrilevante in Parlamento. D’Alema e Civati non sono stati eletti. Una buona notizia! Grasso, Bersani, Speranza, la Boldrini, sono stati ripescati solo col proporzionale, nessuno di loro avendo vinto il confronto diretto nei rispettivi collegi uninominali. Evidentemente, rancore e tradimento non pagano. Ma non pagano ormai più le ossessioni di una sinistra velleitaria, che continua a negare la realtà e a proporre temi e ricette stantie. In tutta Europa, in tutto l’Occidente in realtà, quella sinistra lì è per ora morta e sepolta. Qualche, isolata, buona notizia. Gentiloni e Padoan eletti bene nei rispettivi collegi. Segno che, qua e là, la competenza e la buona politica pagano.

Quella che si apre ora è, però, una fase di pura avventura. Non sappiamo cosa farà il Capo dello Stato. Chi sceglierà tra i due vincitori? Ambedue vantano titolo almeno per provare a formare un governo. Ma nessuno dei due ha la maggioranza. Sulla carta, varie combinazioni sono possibili, ma politicamente paiono ardue. È esclusa a priori una maggioranza Centrodestra/Centrosinistra. È chiaro, mi pare, che i 5 Stelle saranno parte praticamente obbligata di ogni formula. Ma con chi? Renzi ha escluso il sostegno del PD; può Salvini spendere il capitale politico accumulato il 4 marzo per fare da ruota di scorta a Di Maio, seppure su punti programmatici condivisi? Vedremo. La fantasia in politica non è poca e Mattarella ha esperienza, pazienza e lucidità sufficienti a condurre le cose nel modo giusto.

C’è solo da sperare, senza crederci  troppo, che quelli che si definiscono responsabili e a cui gli elettori hanno dato il 4 marzo una forma di mandato, si rendano conto che, prima di ogni interesse personale e di partito, viene quello del Paese. Cioè di tutti noi e dei nostri figli. Nuove elezioni, in queste condizioni, non risolverebbero probabilmente un bel nulla.

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