Il candidato di Berlusconi

Berlusconi non finirà davvero mai di stupirci. Ricordate quanto ha predicato fino alla nausea, al tempo dei governi Monti, Letta, Renzi, e anche Gentiloni? Che nessuno di quei Primi Ministri era stato “eletto del popolo”. In Italia non vige l’elezione diretta del capo dell’esecutivo e quindi quella di Berlusconi era una delle sue classiche bufale, ma un minimo di coerenza l’aveva. Una delle innovazioni volute da lui, era che il Partito o la coalizione partecipante alle elezioni indicasse chiaramente il nome del suo candidato a Capo del Governo. E così è stato, fino alla frana dell’ultimo governo Berlusconi e a quella successiva di Bersani nel 2013. La palla è tornata in mano al Capo dello Stato, che agisce secondo le indicazioni della possibile maggioranza in Parlamento, come vuole la Costituzione. In queste elezioni, tuttavia, l’idea del leader (direi, un po’ scherzando, Führerprinzip) è tornata ad affacciarsi, anche se irregolarmente: quasi tutti i partiti o partitelli hanno messo in ditta il nome del padre-padrone.

Non essendo candidabile (almeno fino a diversa decisione della Corte Europea) lo stesso Berlusconi, il suo nome è stato indicato nel logo di FI, un po’ ambiguamente, in quanto Presidente del Partito. E l’ex Cavaliere ha cambiato completamente filosofia, con uno dei tanti sgambetti a cui ci ha abituati. Adesso lui e i suoi alleati proclamano che il candidato a Premier sarà scelto dopo le elezioni, in base ai risultati interni al Centrodestra. Salvini, però, le idee ce le ha chiare: con anche un voto in più di FI, il Premier sarà lui. Ma Berlusconi sa che su quel nome non si compatta il mondo moderato. E allora fa capire, ammiccando sornionamente, che il candidato lui l’ha già scelto,  ce l’ha “in pectore”, ed è un nome di prim’ordine, col quale avremmo “splendidi rapporti coll’Europa” (l’Europa? E che gliene importa agli alleati Salvini e Meloni?).  Con questo tipo  di ammiccamento, di dire e non dire, il vecchio imbonitore tenta ancora di imbrogliarci e forse ci riuscirà. Ed è comunque riuscito a concentrare l’attenzione dei politologi sul nome misterioso. Chi può essere? L’identikit si apre a pochissimi nomi: Mario Draghi, forse, o Antonio Tajani. O altro “soggetto misterioso” (ricordate quando l’ex Cavaliere lanciò il Generale Gallitelli?). Ma perché Berlusconi non lo dice chiaramente? Perché chi intende, o si inclina, a votare FI deve ignorare chi andrebbe in caso di vittoria, grazie al suo voto, a Palazzo Chigi?

Perché ex-Cavaliere vuole evitare di bruciare troppo presto un buon nome (mi stupirebbe; bruciare i possibili leader è stato sempre il suo sport preferito) o per non suscitare risse all’interno della coalizione? (Queste risse, tra parentesi, sono già iniziate, al solo preannuncio berlusconiano, con Salvini che ha dichiarato di non saperne niente e di gradire le sorprese “solo a Pasqua”). Ma insomma, come possiamo prendere questa gente sul serio? Ma sì, finiremo col votarli, ma altro che turarsi il naso!

Intanto, a sinistra un candidato faticosamente appare. Lo rilancia Prodi, è Gentiloni, la cui immagine nel Paese è ottima. Ma che chance può avere, a due settimane dal voto? D’Alema (vergogna, vergogna!) ha già sentenziato, godendone molto, che prevedere una vittoria del PD è “lunare”. E che dire dell’ignobile Grasso, che flirta con l’idea di un’assurda alleanza coi grillini? Certo, con aiuti come questi, non solo il PD ma l’intera sinistra va a farsi benedire, come penso avverrà (e mi immagino già la sera del 5 marzo, le facce contente dei capetti di LeU, felici della sconfitta di Renzi, anche al costo di una vittoria della destra). La sola speranza è che l’elettorato li cancelli, li renda irrilevanti.

Però peccato. Se Matteo Renzi avesse capito a tempo che Gentiloni era il candidato migliore e avesse cercato di riunire attorno a lui una coalizione forte e aperta a tutta la sinistra, avrebbe avuto qualche possibilità di vincere. Ora è tardi, troppo tardi! Calcoli di ambizione personale hanno fatto fare al Segretario del PD l’ennesimo errore. E lo pagheremo tutti, privandoci della possibilità di essere governati per i prossimo cinque anni da una persona seria, tra tanti saltimbanchi che imperversano da ogni lato.

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