Italia, in crescita investimenti per la Difesa

E’ dello scorso novembre un primo approccio organizzativo-strutturale per la nascita di quella che può essere definita una “difesa europea”. Difesa europea che rappresenta un momento fondamentale nel processo d’integrazione dell’Unione e diventa sempre più urgente negli scenari geopolitici attuali che quotidianamente osserviamo: sia che ci si voglia soffermare sugli effetti del post Brexit sia che lo sguardo sia rivolto alle situazioni d’instabilità dei vicini di confine sia se ci si voglia soffermare sugli squilibri e la crisi economico-finanziaria di cui ancora viviamo e subiamo le conseguenze oltre al protezionismo americano che si va sempre più irrigidendo.

Quella che si è istituita è una cooperazione rafforzata in un campo che di solito e di esclusiva discrezionalità dei Governi nazionali, una cooperazione militare che diventa sempre più indispensabile. La cooperazione militare UE per la difesa europea (PeSCo), istituita con l’applicazione degli articoli 42 e 46 dei Trattati, che prevedevano l’istituzione di una cooperazione strutturata permanente si è reso non più rimandabile dalle crescenti difficoltà a raggiungere il consenso su questioni strategiche di estrema delicatezza, come quelle della difesa: per organizzare e gestire, cioè, operazioni di difesa al di fuori dei confini dell’Unione che avessero il carattere di tempestività ed efficacia, in special modo per le operazioni militari “ad alta intensità”.

E’ evidente che le conseguenze di questa situazione macro-politica non potevano non avvertirsi in modo forte in Italia. L’effetto più eclatante è l’aumento delle spese militari per la difesa nel nostro Paese, che sono salite a 25 miliardi di euro, circa l’1,4% del Pil.

Questo emerge dal Rapporto MIL€X 2018, presentato qualche giorno fa alla Camera dei Deputati, alla presenza, tra gli altri, di Daniel Hogsta, coordinatore della Campagna ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) che, come ricorderemo, nel 2017 fu insignita del Premio Nobel per la Pace e su cui abbiamo riferito sulle pagine di questo giornale.

E’ vero che alti livelli di spese militari sono, spesso, identificati dagli analisti in questo momento storico così delicato e in rapida evoluzione come una delle principali fonti di risorse sprecate che potremmo essere utilizzate verso diversi tipi di esigenze come provare a dare un contributo alla sconfitta della pace e della povertà. Ma è ugualmente vero che garantire e tutelare condizioni di vita sicure per i cittadini di uno Stato rientra tra i diritti garantiti dalla Costituzione e a cui lo stato è tenuto ad assolvere.

Rispetto al 2017 il Rapporto ha constatato che si avrà un aumento del 4% nel corso del 2018. Dato che rafforza la tendenza di crescita avviata dal Governo Renzi con un +8.6% rispetto al 2015 e che segue l’andamento al rialzo, nella “dinamica incrementale” che stiamo constatando e che è iniziato a partire dal 2006 (+25,8%).

Sul Pil quello che si registra è un +1,41%, (mentre nel 2017 era l’1,40%) che potrebbe avvicinarsi al 1,5%, anche se ricordiamo che l’obiettivo è quello del 2%, impegno assunto in ambito Nato, sebbene sia più in armonia a quello registrato da alleati come Canada (1%), Germania e Spagna (1,2%) e sopra la media dei Paesi Nato, Stati Uniti esclusi, del 1,4%.

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