La strage egiziana

Non ci sono parole per definire tutto l’orrore della strage che ha fatto centinaia di morti e di feriti in una moschea egiziana del Sinai. E si fa fatica a comprendere: la mano assassina è senza alcun dubbio islamica, ma le vittime erano anch’esse islamiche, della setta Sufi, e sono state massacrate mentre pregavano. In altre parole, la criminale bestialità dei fanatici terroristi sunniti non si limita a colpire l’Occidente, i Cristiani, quelli che parossisticamente possono essere considerati nemici, e neppure musulmani di obbedienza sciita, ma correligionari completamente devoti all’Islam. Non c’è giustificazione alcuna, neppure lontana, per questa allucinazione.

I politologi ci spiegano che l’attentato fa parte di una strategia dell’ISIS che, sconfitto sul terreno, cerca di reagire colpendo i regimi laici, e quei musulmani che, come i Sufi del Sinai, cercavano la pace e per questo collaboravano col governo di Al Sisi. Certo è così, ma nessuna spiegazione, neppure la più demente e irrazionale, può giustificare un crimine così enorme, così disumano, che in fin dei conti, messe da parte tutte le speculazioni geopolitiche, è frutto solo di un odio bestiale e criminale.

Contro questa folle criminalità non ci sono ragionamenti, non ci sono sottili metodi politici, non può esserci comprensione. La sola risposta è la lotta con tutti i mezzi, per schiacciare non più solo la testa dell’idra ma tutti i suoi orridi tentacoli.

Il Presidente egiziano Al Sisi ha promesso al suo popolo una vendetta durissima. Ha ragione. Non è tempo di pacifismo. C’è una guerra contro l’umanità e l’umanità deve reagire con tutti i mezzi, senza riserve, senza falsi calcoli. Senza pietismi.

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