Avanza di nuovo la fame nel Mondo

La recrudescenza dei conflitti e il riscaldamento climatico sono le cause principali della forte crescita della fame nel Mondo dopo 10 anni di costante regressione.

Secondo il Rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite venerdì 15 Settembre, l’11% della popolazione mondiale soffre per la malnutrizione. Nel 2016 l’aumento delle persone colpite dalla carestia è stato di 38 milioni di unità. E non è poco. Per sostenere la produzione alimentare nelle zone più povere del Mondo, le Nazioni Unite chiedono più investimenti destinati ai contadini e che questi vadano di pari passo con i grandi investimenti industriali in corso. Il rapporto è stato preparato dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), il IFAD (Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo), il PAM (Programma Alimentare Mondiale), ai quali si sono uniti per la prima volta l’Unicef (Fondo delle NU per l’Infanzia) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Secondo le agenzie delle Nazioni Unite, 520 milioni di persone che soffrono la fame si trovano in Asia, 243 in Africa, 42 in America Latina e Caraibi.

Questo repentino aumento della fame ne Mondo è dovuto “in gran parte alla proliferazione dei conflitti violenti e agli shock climatici”, si legge nel Rapporto. Su 815 milioni di persone che soffrono la fame, 489 milioni vivono nei paesi colpiti da conflitti. “Nei primi mesi del 2017, la carestia ha colpito alcuni territori del Sud Sudan e il rischio che la regione ripiombi nella fame è grande, così come lo è in altre zone in conflitto come il Nordest della Nigeria, la Somalia e lo Yemen”, denunciano le Nazioni Unite. Quasi 155 milioni di bambini di meno di cinque anni soffrono di ritardi nella crescita per via della fame. Le concentrazioni più alte di bambini affamati o malnutriti si trovano anche’esse nelle zone di conflitto. Non solo fame. Nel rapporto ci si preoccupa anche del fatto che nel Mondo  41 milioni di bambini di meno di cinque anni sono sovrappeso. Ciò accresce il rischio obesità, e malattie ad essa collegate, in età adulta. “L’anemia nelle donne e l’obesità negli adulti sono tanto preoccupanti quanto la fame”, si sottolinea nel Rapporto. “Queste tendenze sono una conseguenza non solo dei conflitti e dei cambiamenti climatici, ma sono dovuti ai profondi cambiamenti delle abitudini alimentari e della povertà frutto dei rallentamenti economici”, afferma il comunicato di sintesi del Rapporto.

Dal 2005, le statistiche riscontravano una decrescita costante (926 milioni di persone nel Mondo in sofferenza per fame quell’anno). Le cifre avevano cominciato ad aumentare nuovamente nel 2014 (776 milioni contro 1 775 nel 2013). Nel 2015, il bilancio era aumentato di un altro milione. Per il Presidente dell’IFAD, Gilbert Houngbo, era difficile interpretare la progressione del biennio 2013-2015. “Ma nel 2016 la crescita è diventata importante ed è ora la nostra più grande preoccupazione (…)”, afferma il Presidente in un intervista telefonica rilasciata all’Agence France Presse. Gilbert Houngbo si preoccupa soprattutto per il cambiamento climatico, che sembra avere un impatto sempre maggiore  in Somalia,  Etiopia e Africa Orientale, dove la siccità non sembra aver fine. Per Houngbo, gli investimenti a lungo termine non sono sufficienti a far si che le popolazioni delle zone rurali più arretrate possano vivere delle proprie produzioni. “Bisogna riconoscere che c’è una presa di coscienza da parte della comunità internazionale, e che il rilancio dell’investimento agricolo sul lungo periodo  sia auspicabile per sviluppare la produzione alimentare”, ma ciò non basta. “E’ fondamentale investire sui piccoli agricoltori”, sottolinea il Presidente dell’IFAD, ricordando che la media delle proprietà agricole in Africa non supera i due ettari e che l’80% della produzione agricola totale è fornita da 40 milioni piccoli produttori.

Mentre le grandi imprese multinazionali di semi o di prodotti agroalimentari sono in competizione tra loro per investire massicciamente in Africa, le agenzie delle Nazioni Unite sono convinte sempre più che i due tipi di agricoltura debbano coesistere. Ancora Gilbert Houngbo  afferma: “non è questione di scelta tra l’uno e l’altro, ci deve esserci funzionalità reciproca tra i piccoli agricoltori e le multinazionali”. Il problema non sta nel far pressione sui grandi gruppi, perché il settore privato agricolo è sempre più interessato ad investire sui piccoli produttori, il problema è capire come mettere in piedi un tipo di collaborazione che condivida anche i rischi. All’inizio del prossimo anno, il Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo lancerà un fondo di investimento per i piccoli proprietari, che pare già riscontrare un forte interesse. Sicuramente una programmazione capillare e razionale può essere un passo importante, ma le variabili che affamano il Mondo sono ancora troppe. Si potesse applicare la razionalità economica a quella politica, potrebbero essere fatti non solo un passo, ma molti passi in avanti.

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