Italia delle Regioni

I comuni italiani hanno recentemente preso posizione  sulla questione dei vaccini: “A pagare le inefficienze e i ritardi di certe amministrazioni non possono essere i cittadini. Ma il Paese non può essere ostaggio di coloro che non hanno potuto o voluto mettersi al passo con i tempi”. Lo dichiara Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco di Bari, intervistato dal quotidiano l’Avvenire sull’applicazione delle nuove norme sui vaccini.

“Per facilitare la vita delle famiglie e del personale scolastico – spiega Decaro – l’Associazione (che aveva sollevato il problema tra i primi fin da Ferragosto chiedendo un sistema che uniformasse le procedure)  ha messo a punto un protocollo che impegna i ministeri della Salute e dell’ Istruzione, la Conferenza delle Regioni e l’Anci ad una collaborazione efficace per produrre i certificati necessari all’ iscrizione dei bambini a scuola, senza nessun onere per i genitori”.    Il protocollo prevede che le scuole trasmettano i nomi degli iscritti alle Asl, che queste ultime effettuino le necessarie verifiche e che inviino i certificati alle scuole. Ma “se alcune Asl non sono ancora in grado di garantire lo scambio per via digitale, vorrà dire che utilizzeranno un supporto cartaceo”, spiega Decaro.

Quanto poi all’avvio effettivo dello scambio dei dati, il presidente Anci ribadisce la tesi dei Comuni: “Tutti saranno obbligati a usare questo sistema a partire dall’anno scolastico 2019/2020 ma la legge non vieta che chi è in grado di farlo, già adesso lo faccia”.

Infine, sulla decisione del governo di consentire l’autocertificazione delle vaccinazioni e di fissare al 10 marzo 2018 la data ultima per la sua sostituzione con i documenti ufficiali, Decaro afferma: “Resta il fatto che in mancanza di questa documentazione i piccoli che frequentano gli asili nido e le scuole dell’infanzia saranno allontanati dalla scuola a metà anno. Cosa impensabile ed evitabilissima. Sarebbe bastato escludere la possibilità dell’autodichiarazione e pretendere i certificati vaccinali fin da subito. E non pretenderli dai genitori, ma dalle Asl”.

L’Anci ha preso posizione anche sul problema  dell’emergenza abitativa.  Utilizzare i beni confiscati alla criminalità organizzata per affrontare l’emergenza abitativa è “una possibilità che molti Comuni, compreso il mio, hanno già adottato in deroga alla previsione di assegnarli ad associazioni che operano a fini sociali”. Ma il problema è che spesso questo edifici “hanno bisogno di lavori di ristrutturazione per essere abitabili”. Lo ha detto il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ai microfoni di Radio Anch’io su Radio1 parlando di sgomberi, di emergenza abitativa e delle possibili soluzioni al centro del dibattito di questi giorni. “Se devo affidare in immobile confiscato a un’associazione posso mettere nel verbale di consegna che l’associazione sosterrà alcune spese i per ottenere l’agibilità. Non potrei chiedere lo stesso sforzo a un nucleo familiare in difficoltà”.

Il presidente dell’Anci ha elencato tre tipologie di cittadini in emergenza abitativa: ex migranti, cioè cittadini che hanno ottenuto il permesso di soggiorno o lo status di rifugiato ed escono dal sistema di accoglienza pubblico, residenti che per morosità incolpevole non possono più pagare l’affitto o il mutuo e i senza fissa dimora.  Per dare risposte a queste esigenze occorre collaborazione tra istituzioni. “Un Comune non può fare da solo un piano casa; i piani casa sono nelle mani delle Regioni che, con risorse statali, finanziano le agenzie regionali o comunali per la casa affinché costruiscano alloggi sociali”.

Decaro si definisce assolutamente contrario all’occupazione di immobili. “Non si può occupare un immobile pubblico o privato e sottrarlo al legittimo proprietario. Poi però è anche vero che un sindaco deve fare i conti con quello che accade nella sua città, con le difficoltà di chi perdendo il lavoro non riesce più a pagare l’affitto o il mutuo, con i senza fissa dimora che dormono nei vagoni dei treni o nei sottoscala degli ospedali.

Tornando poi sull’incontro di ieri sul tema, al Viminale, Decaro si è detto soddisfatto dell’interlocuzione avviata: “Questa emergenza non è nata dieci giorni fa. Di emergenza abitativa da anni i sindaci si occupano in solitudine”. La vicenda di Roma, “uno sgombero con idranti che dimostra che qualcosa nelle relazioni tra istituzioni non ha funzionato” ha richiamato l’attenzione sul fenomeno. “Per fortuna ogni giorno – ha concluso Decaro – ci sono sgomberi più o meno gravi, che vengono fatti con gli attori istituzionali tutti seduti allo stesso tavolo: la prefettura, la magistratura, le forze dell’ ordine e il Comune attraverso gli uffici del patrimonio e gli assistenti sociali”.

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